“Il mondo nuovo” di Aldous Huxley: riassunto trama

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di Aldous Huxley

«Ci vuole l’immaginazione di un genio per concepire un mondo in cui la religione dominante (e obbligatoria) divinizza Henry Ford, e tutto viene storicizzato a partire dalla commercializzazione del suo «Modello T», la prima automobile di massa. Dove l’esclamazione più diffusa è «Per Ford», ai governanti ci si rivolge con il titolo di «Sua Fordità» e ovunque alle croci, che pure hanno segnato duemila anni di storia, è stato tolto il braccio superiore per formare una T che ricorda la prima Ford. E dove per segnarsi tutti si tracciano compunti una T sul petto.

È Il mondo nuovo che, oltre a essere un esemplare romanzo distopico, cioè un romanzo che descrive un’utopia negativa, è uno dei prototipi del romanzo di fantascienza, dal quale discendono molti dei più interessanti esempi di fantascienza «sociologica», come è stato definito il filone che porta da Huxley a 1984 di Orwell fino a Philip K. Dick. Scritto nel 1932, è certamente una rappresentazione esasperata della degenerazione dello stato sovietico (basti dire che uno dei protagonisti si chiama Marx, e un’altra Lenina), ma è insieme anche l’immagine di quello che potrebbe diventare una società che ha come unico obiettivo la stabilità, ottenuta con la rigida divisione in classi, con la produttività esasperata e con un artificioso raggiungimento della felicità collettiva.

Nel mondo nuovo la società è divisa rigorosamente in classi (alfa, beta, gamma, delta) e la divisione è garantita da un processo di selezione genetica e fecondazione in vitro che ha abolito la partenogenesi, per cui non esistono genitori come non esiste il parto. Tutti hanno l’obbligo di essere felici, sono vietati rapporti di coppia, il sesso è libero e quasi obbligatorio, come anche una droga di stato, il soma, che tutti devono assumere; ci si muove con aerei velocissimi, tutti hanno sistemazioni confortevoli, ci si diverte con il «cinema odoroso», non si leggono libri; e non esistono conflitti di classe, perché le classi inferiori sono condizionate a servire con dedizione quelle superiori senza protestare.

In alcune zone del pianeta, però, sono rimaste delle riserve abitate dai «selvaggi», gruppi di persone che vivono allo stato primitivo, e cioè in povertà e senza tecnologie avanzate, riproducendosi in modo naturale, formando famiglie con tradizionali rapporti affettivi.

Il protagonista, Bernardo, è un «alfa», ma ha una mentalità critica. Non ama le restrizioni, vorrebbe essere libero di formare una coppia con la donna che gli piace, trova banali e noiosi gli intrattenimenti, stupido ottundersi di droga e pesante la gerarchia statale. Durante una vacanza in una riserva di «selvaggi» si imbatte in una donna, già cittadina del nuovo mondo, abbandonata nella riserva durante un’escursione perché rimasta inopinatamente incinta. Bernardo riporta lei e il figlio, ormai un ragazzo, nel nuovo mondo. Incapaci di riadattarsi, lei si uccide con un’overdose di droga, mentre il figlio resta un disadattato in un mondo per lui incomprensibile. Bernardo utilizza il «selvaggio» per fare carriera, lo esibisce come un’attrazione e sfrutta la curiosità che suscita nell’ordinatissimo nuovo mondo.

Il racconto adotta una scrittura modernissima, che passa dal taglio di tipo documentaristico a dialoghi intrecciati, descrizioni della società del futuro e drammatici confronti filosofici sul senso del totalitarismo che la caratterizza. Qui Huxley riesce a descrivere il mondo da lui immaginato con un rigore geometrico: la tecnica, diventata da mezzo il fine della vita dell’uomo, determina ogni attività umana, mentre tutto ciò che riguarda il passato non deve essere nemmeno citato, anche perché può far riflettere sulla transitorietà del tempo e suggerire di pensare al futuro (cosa considerata assai pericolosa). Il nuovo mondo è concentrato solo sul presente e non può permettersi di perdere tempo in ricordi o in progetti. La soggettività è esaltata come strumento di valorizzazione dell’individualismo, e insieme negata perché potrebbe produrre anticonformismo e conflitto.

Trovo impressionante quanto la descrizione si avvicini a quello che potrebbe essere il nostro futuro prossimo. In uno dei momenti più pregnanti del romanzo, il colloquio tra il Governatore Mondiale e il «selvaggio», abbiamo un’esemplare descrizione di cosa guida il pensiero della classe dirigente di quel nostro ipotetico futuro. L’uso delle vecchie cose e dei libri deve essere vietato proprio perché sono belle e perché produrrebbero nostalgie e instabilità sociale; i «film odorosi», anche se sono insensati, danno sensazioni gradevoli al pubblico e quindi sono meglio dei libri; la società non può tollerare un eccesso di intelligenze, che porterebbe all’instabilità e a una diffusa insoddisfazione, e per questo i temperamenti devianti (cioè più consapevoli) vengono allontanati in comunità isolate, dove possono infastidire solo i loro simili.

Quello che è significativo è che, mentre a tutti è vietata la lettura dei classici, il Governatore li conosce bene, e proprio perché sa quanto possano stimolare la sensibilità e il pensiero critico, li proibisce.

Il protagonista finisce confinato in un’isola abitata da soli intellettuali, mentre il «selvaggio», in una conclusione che è un crescendo vorticoso di contraddizioni, cerca di allontanarsi da una vita per lui insensata rifugiandosi in un faro, ma senza riuscirci, perché intorno gli si crea un fantasmagorico circo mediatico, che ne farà la vittima dei turisti venuti ad ammirarlo e delle troupe televisive che gli girano attorno in elicottero.»

tratto da I cento libri che rendono più ricca la nostra vita di Piero Dorfles, Garzanti

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