
di Zainab Bahrani
traduzione di Daniele A. Gewurz e Isabella Zani
Einaudi
«Questo libro è una storia dell’arte mesopotamica, che si colloca tra le prime e più affascinanti tappe dell’evoluzione artistica e architettonica, nonché a fondamento di molte tradizioni posteriori. «Mesopotamia» è una parola moderna, e deriva dal termine greco di epoca tardo-ellenistica che si riferisce alla «terra tra due fiumi», il Tigri e l’Eufrate. Quella regione si estendeva tuttavia ben oltre i due fiumi, giacché comprendeva tutto il territorio dell’odierno Iraq insieme alla Siria nordorientale, all’Anatolia sudorientale (oggi in Turchia) e, in certe fasi, la parte più occidentale dell’Iran. Il «Vicino Oriente antico» copriva un’area anche più vasta, e l’archeologia lo utilizza per descrivere la regione che si estende dal Mediterraneo orientale all’attuale Iran.
Il libro parte dalla premessa che l’arte dell’antica Mesopotamia sia un argomento tanto importante da meritare un’attenzione specifica, per quanto l’attività artistica vada sempre inquadrata in un contesto più ampio; tuttavia, dalla metà del XX secolo i trattati sull’arte mesopotamica godono di scarsa fortuna. Taluni studiosi ritengono anzi che il Vicino Oriente antico non abbia prodotto «arte» in senso proprio; che le rappresentazioni visive e l’architettura dell’antichità non siano opere d’arte perché avevano una funzione religiosa o politica, e non sono mai state viste come fini a sé stesse. […] Sia come sia, la storia dell’arte europea e statunitense, dai primordi della sua costituzione a disciplina accademica, aveva già assunto da tempo la Mesopotamia a luogo originario; e benché il dibattito sulla narrazione del principio e del progresso dell’arte sia ancora aperto, l’arte mesopotamica continua a essere descritta come il punto d’inizio del retaggio culturale del mondo intero, sia nella letteratura scientifica sia in quella divulgativa, e la sua influenza persiste nelle opere di grandi artisti contemporanei. […]
Quanto ai resti tangibili delle arti mesopotamiche, la diffusione del museo pubblico nel Settecento e nell’Ottocento coincise esattamente con la riscoperta del passato assiro e babilonese, quando si iniziò a dissotterrare oggetti antichi e a inserirli nelle collezioni museali dell’Occidente. La comparsa di queste opere ebbe un impatto enorme sui frequentatori dei musei europei e statunitensi, specie a metà dell’Ottocento, ma anche sugli artisti dell’epoca. […]
È invece meno nota, nella storia della ricezione dell’arte dell’antica Mesopotamia, la fase agli inizi del Novecento. In quell’epoca gli artisti delle avanguardie europee presero a occuparsi di arti primitive non occidentali, con una particolare attenzione al Vicino Oriente e uno specifico interesse per le opere sumere della Mesopotamia meridionale risalenti al III millennio a.e.v. […]
Da moltissimo tempo l’antica Mesopotamia accende la fantasia di storici e artisti; è un fatto che molti generi e tecniche oggi legati alla realizzazione e allo studio dell’arte si svilupparono nell’antichità mesopotamica. […] Tra queste, la fusione a cera persa con metodo diretto per rame e bronzo, la creazione di stampi aperti che consentivano di produrre in serie immagini destinate ai comuni cittadini, e forme complesse di scultura architettonica. Quanto ai generi, invece, tra i più importanti contributi possiamo citare la prima comparsa di monumenti pubblici storici e commemorativi; la rappresentazione dell’atto stesso della creazione artistica, compreso l’uso di iper-icone, cioè di immagini auto-riferite; la realizzazione di immagini epifaniche, che permettevano all’individuo di incontrare la divinità, e di immagini oniriche. Le opere prodotte rivelano fantasia e creatività davvero rigogliose, abbinate a una notevole capacità tecnologica. Spesso gli artisti erano anche degli intellettuali capaci di scrivere, e anzi svilupparono forme di calligrafia per scritture destinate all’esposizione al pubblico; inoltre si occupavano di concetti astratti (per esempio, se le immagini siano dotate di una capacità propria di incidere sul mondo circostante), della natura degli dèi e di come rappresentarli sotto forma di aspetti di una teologia visiva. […]
Dall’antica Mesopotamia ci viene anche la prima codificazione tramandata di definizioni e vocaboli estetici, e il primo utilizzo dell’ecfrasi (spiegazione e commento a carattere letterario di un’opera di arte visiva) nella descrizione di opere d’arte, accompagnata dai primi testi ammirativi di scultura e architettura. Tecniche di collezionismo, preservazione e conservazione che di norma si associano a epoche molto più tarde al contrario esistevano già, e sono ampiamente elucidate nei testi antichi. Per tutti questi motivi, questo libro abbraccia il punto di vista che l’antica arte della Mesopotamia possa effettivamente venire studiata come primitiva espressione artistica, e non solo in termini di manufatti archeologici che documentano, o illuminano, epoche storico-politiche del passato. […]
Io prenderò in considerazione l’arte e l’architettura della Mesopotamia dal IV millennio a.e.v. fino al III secolo e.v., un periodo di tempo più lungo di quello intercorso fra Omero e i giorni nostri. Dopo aver discusso la storiografia della disciplina e varie idee di origini, presenterò l’epoca della fondazione delle prime città nel IV millennio a.e.v., evento che condusse a vasti sviluppi nell’arte e architettura monumentali. Osservando un criterio cronologico, proseguirò quindi oltre la conquista greca del Vicino Oriente nel IV secolo a.e.v., quando sorsero i nuovi stili e le nuove tecniche greco-babilonesi, per concludere infine con le eccezionali opere artistiche e architettoniche realizzate nell’era della dinastia partico-arsacide, come per esempio i magnifici templi e sculture in pietra di Hatra.
Entro quest’ampia cornice temporale (dal 3500 a.e.v. circa fino al 300 e.v.), ciascun capitolo si concentra sulle forme e concezioni mesopotamiche dell’opera d’arte, nonché sull’estetica, la ricezione delle immagini e la reazione alle stesse nel mondo coevo. In ognuno si affrontano argomenti come lo sviluppo delle prime rappresentazioni narrative; i più antichi monumenti pubblici di natura storica a noi noti; l’uso della scultura architettonica; e quello dei manufatti artistici di piccole dimensioni a carattere personale, compresi quelli dei comuni cittadini e di altre categorie spesso ignorate nella storia dell’arte antica. Inoltre, tra gli importanti temi che affiorano dallo studio delle pratiche artistiche della Mesopotamia in un contesto più ampio ci sono gli affascinanti rituali della creazione e animazione di immagini, successivamente denigrate come idoli dalle tradizioni bibliche; le forme e le liturgie architettoniche; l’iconoclastia e la rimozione di immagini nel corso delle guerre; l’importazione e lo scambio di lussuosi oggetti d’arte di provenienza esotica. […]
Per quanto la Mesopotamia sia ampiamente riconosciuta come il luogo che ha dato al mondo le prime città e comunità urbane, l’invenzione della scrittura e del diritto, del governo, della religione istituzionalizzata e di moltissimi altri elementi delle prime società complesse, finora il suo contributo all’architettura e alle arti visive ha goduto di un’attenzione molto minore. Questo libro intende dimostrare che alcuni dei più importanti temi e questioni concettuali, decisivi per la storia dell’arte, emergono proprio dalle testimonianze mesopotamiche; tra questi la pratica del collezionismo, lo spazio come concetto astratto, la consapevolezza storica e la cura antiquaria, le scelte e le decisioni estetiche, e infine il potere delle immagini e delle ideologie visive.»