“L’impero greco romano. Le radici del mondo globale” di Paul Veyne

L'impero greco romano. Le radici del mondo globale, Paul VeyneL’impero greco romano. Le radici del mondo globale
di Paul Veyne
Rizzoli
traduzione di Sara Arena, Laura Cecilia Dapelli, Silvia Stucchi

«Perché questo titolo, L’impero greco-romano? Innanzitutto, perché il cosiddetto impero romano fu un impero bilingue. La lingua vernacolare, o veicolare, in uso nella metà occidentale era il latino, mentre nell’area del Mediterraneo e nel Vicino Oriente si parlava greco. E la stessa cultura materiale e morale di Roma è nata da un processo di assimilazione di quella civiltà ellenica che, dall’Afghanistan al Marocco, era la cultura «globale» dell’epoca in quell’angolo di mondo; «la Grecia conquistata conquistò il suo feroce vincitore portando nel Lazio contadino le sue arti» dice un famoso verso di Orazio: il popolo di Roma ha avuto per cultura la cultura di un altro popolo, il popolo dell’Ellade. Tanto che, a loro volta, i romani ellenizzati hanno poi ellenizzato, per mezzo del latino, l’Occidente conquistato nel corso degli ultimi due secoli prima di Cristo. La Gallia romana per esempio venne ricoperta di monumenti in stile corinzio e nelle scuole delle città si insegnavano la retorica e la filosofia, greche nel nome e nei contenuti. I dettagli però non devono impedire la visione d’insieme; l’Occidente latino era greco tanto quanto il moderno Giappone è occidentale.

L’elemento culturale comune a tutte le regioni dell’impero, tra cui Italia, Gallia, Africa, Egitto, fu appunto la compartecipazione alla cultura greca, alla lingua e ad alcuni aspetti particolari della religione.

Ma l’impero si poteva definire greco-romano anche per un altro motivo: se la cultura era ellenica, le forme di potere (così come il diritto) erano romane. Tuttavia è bene ricordare che acculturazione e identità sono cose ben distinte: i giapponesi occidentalizzati continuano a ritenersi giapponesi, proprio come i romani ellenizzati erano orgogliosi della propria romanità.

Eppure l’impero non si limitava a Roma e ai territori circostanti; nei primi cinque secoli della nostra era il suo dominio si estendeva su una superficie pari a cinque milioni di chilometri quadrati, oggi occupata da trenta nazioni diverse, le cui regioni più ricche erano quei territori dove ora si trovano la Tunisia, la Siria e la parte asiatica della Turchia. Ci è concesso ipotizzare che quanto accadeva in uno di questi territori, si trattasse della Scozia o delle terre dove scorreva l’Eufrate, rivestisse altrettanta importanza e interesse di quanto accadeva presso i romani di Roma.

Non è per nulla detto che la ricerca condotta sulle origini, sulle strutture fondanti di una civiltà abbia un significato rigoroso dal punto di vista storico: le supposte fondamenta non smettono di cambiare fintanto che l’edificio dei secoli è in costruzione. Ma se decidiamo che la loro ricerca ha tuttavia un senso, allora le radici dell’Europa attuale, o piuttosto della civiltà occidentale, saranno costituite, oltre che dal cristianesimo, dalla cultura diffusa dall’impero greco-romano, intrisa di elementi greci e potere romano.

Per dare al lettore un’idea del contenuto di questo libro, ecco alcune delle domande che ci porremo: perché gli imperatori morivano così di rado nel loro letto? Perché tanti «Cesari pazzi»? L’imperatore era considerato un dio? Si osava maledirlo? Si metteva davvero del cibo sulle tombe per nutrire i morti? La plebe ricca è da considerarsi una classe media? Il popolo romano era tanto disinteressato alla politica quanto si dice? Se una persona resta vittima di una frana, la sua anima immortale potrà dipartire dal corpo per salire in cielo? Quando si parla di religiosità non si parla di una credenza imposta né di qualcosa di universale, bensì di un sentimento diffuso che è sempre maggioritario. Che posto occupa la «qualità» attribuita al divino nel calderone della religione? Erano amati gli dèi? In che modo e per quali vie si può considerare l’arte come lo specchio di un’epoca? La carità cristiana ha messo fine ai combattimenti dei gladiatori? E poi, che cos’era esattamente la carità? Lo stoicismo era saggezza o utopia di autotrasfigurazione? Perché gli imperatori hanno lasciato che i germani invadessero l’Occidente? Civilizzazione mondiale e identità nazionale sono incompatibili o ausiliarie? La regina orientale Zenobia voleva separarsi dall’impero o diventarne imperatrice? E assolutamente necessario che un ritratto assomigli al suo modello? I ritratti di Palmira offrono uno sguardo sull’assoluto? Il fasto monarchico era propaganda? L’arte è comunicazione o espressione? Perché in caso di sfortuna politica i contestatori se la prendevano con gli dèi?

Il presente volume aspira a suggerire, in un comporsi graduale di quadri parziali, una visione d’insieme dell’impero greco-romano che non sia troppo incompleta.»

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