“Storia del pensiero cinese” di Anne Cheng

Storia del pensiero cinese, Anne ChengStoria del pensiero cinese
di Anne Cheng
Vol. I. Dalle origini allo “studio del Mistero”
Vol. II. Dall’introduzione del buddhismo alla formazione del pensiero moderno

Einaudi

«Che cosa percepiamo oggi della Cina? Un confuso frastuono, in cui si mescolano informazioni mirabolanti sulla sua economia, notizie allarmanti sulla sua politica, e interpretazioni più o meno fondate sulla sua cultura. La Cina è quella grande porzione di umanità e di civiltà che resta ancora essenzialmente sconosciuta al mondo occidentale, senza aver cessato di suscitarne la curiosità, i sogni, gli appetiti – dai missionari cristiani del XVII secolo agli uomini d’affari di oggi, passando per i filosofi dei Lumi e gli zelatori del maoismo. Come ha giustamente osservato Simon Leys: «Dal punto di vista occidentale, la Cina è semplicemente l’altro polo dell’esperienza umana. Tutte le altre grandi civiltà sono morte (Egitto, Mesopotamia, America precolombiana) o assorbite troppo esclusivamente da problemi di sopravvivenza in condizioni estreme (culture primitive), o troppo prossime a noi (culture islamiche, India) per poter offrire un contrasto così totale, un’alterità cosi completa, un’originalità così radicale e illuminante quanto la Cina. Soltanto quando consideriamo la Cina possiamo davvero prendere una misura più esatta della nostra identità, e cominciamo allora a percepire quale parte della nostra umanità appartiene all’umanità universale, e quale parte invece non fa che riflettere mere idiosincrasie indoeuropee. La Cina è quest’Altro fondamentale senza il cui incontro l’Occidente non può diventare veramente consapevole dei contorni e dei limiti del suo Io culturale.»

Nel momento in cui risorgono tutte le paure e le tentazioni dell’irrazionale, che ci fanno oscillare fra il timore del pericolo giallo e l’infatuazione per le saggezze orientali, appare più che mai necessario porre le basi di una conoscenza autentica, fondata sul rispetto dell’onestà intellettuale e non su un’immagine deformante che molto spesso cela un intento d’assimilazione. In un’epoca di frantumazione delle identità e delle certezze, ci si offre un’occasione rara di fare il punto delle risorse infinitamente varie dell’intelligenza e delle aspirazioni umane. Alla fine di un secolo di clamore e di furore, la cultura cinese giunge a una svolta di un’ininterrotta vicenda di quattromila anni. Anch’essa in questo momento deve redigere un bilancio per poter delineare chiaramente il suo futuro: è ancora capace di alimentarsi della propria tradizione? Che cosa può ancora avere d’essenziale da dire a noi, che viviamo nell’Occidente moderno?

Inevitabilmente, è a partire dalle nostre abitudini mentali che ci accostiamo al pensiero cinese, ma da ciò consegue necessariamente la sua condanna all’esotismo, alla pura esteriorità? Per quanto sia grande il desiderio di comprenderlo, la cosa più importante (e più ardua) è imparare a rispettarlo nella sua specificità: interrogarlo, ma anche saper tacere per udirne la risposta – anzi, prima ancora di incalzarlo con le domande, porsi al suo ascolto. Non si cercherà quindi di ricoprire di discorsi metodologici gli autori cinesi, e ancor meno di parlare in loro vece, ma si tenterà di lasciar loro la parola il più possibile, concedendo ampio spazio ai testi. […]

È dunque un atteggiamento al contempo critico e simpatetico (nel senso etimologico del termine), un punto di vista esterno e interno insieme a ispirare questo libro. Attribuendosi principalmente una funzione di stimolo, esso non mira a fornire una somma di conoscenze intese come altrettante verità acquisite, ma a suscitare delle curiosità e degli interessi, e insieme a offrire alcuni strumenti per soddisfarli: determinate chiavi, proposte per quello che valgono, che possono esser utili al lettore finché non sia in grado di crearsi le proprie. Lungi dalla pretesa di erigere un monumento definitivo, l’autore ha avuto la sola ambizione di condividere il suo piacere di frequentare grandi spiriti e il suo sguardo che muove da una duplice cultura.»

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