
di Giovanni Garbini
Claudiana
«Questo libro contiene alcuni saggi sul mito e sulla storia nella Bibbia. Anche se l’Antico Testamento sembra offrire una distinzione tra i fatti che sono da considerarsi mitici e quelli che dovrebbero essere considerati storici, in realtà nella Bibbia di storico vi è soltanto essa stessa, superbo prodotto del pensiero ebraico. Tutto quello che la Bibbia racconta è soltanto mito, come ha ben messo in luce l’importante libro di Thomas L. Thompson The Mythic Past. Ma questo mito sul proprio passato (e qui mi permetto di dissentire un po’ da Thompson) la Bibbia l’ha costruito anche con brandelli di storia — o meglio, con tradizioni scritte divergenti, ed ovviamente più antiche, di quelle che vengono proposte nel testo attuale. Quando in 1 Re 14,25 leggiamo che il faraone Sheshonq saccheggiò Gerusalemme, e noi sappiamo da testi egiziani che questo faraone condusse una campagna in Palestina, dobbiamo ammettere che nel X sec. a.C. a Gerusalemme vi era un palazzo reale, presumibilmente non troppo grande, dove venivano registrati gli avvenimenti che riguardavano la città. Che poi a Gerusalemme vi fosse allora un re che era figlio di Salomone, è un altro discorso. È con questa mia convinzione che alcuni anni fa ho scritto un libro sulla storia e la cultura dei filistei facendo un largo uso dell’Antico Testamento, dove ho trovato notizie molto interessanti che non avrei mai immaginato di incontrare. […]
A questo proposito ritengo necessario spendere qualche parola sul mio modo di affrontare il testo biblico. Io ho applicato al testo biblico i criteri seguiti dalla filologia classica per la ricostruzione del testo, utilizzando cioè sistematicamente la documentazione esistente, vale a dire le versioni antiche; rispetto a un testo greco o latino, quello biblico richiede tuttavia un maggior uso della divinatio, con tutti i rischi che questa comporta, per la restituzione del testo originale, molto spesso «corrotto» dalla revisione rabbinica per ragioni ideologiche. Ma proprio in questo lavoro ho scoperto la grande importanza del Testo Masoretico: questo ci si presenta infatti in due aspetti. A prima vista esso offre un testo «corrotto» e talvolta incomprensibile, ma nello stesso tempo, quando lo si confronta con il greco (che leggiamo in una forma fortemente «contaminata» da quello ebraico), il testo ebraico suggerisce spesso, in un modo o nell’altro, la lettura originaria. Sono pienamente consapevole che saranno ben pochi (forse nessuno) quelli che troveranno accettabile il mio metodo filologico; I risultati ottenuti mi sembrano tuttavia non completamente disprezzabili.»