“Passioni divine. Storie d’amore di Zeus e altri dèi” di Anna Santoni

Prof.ssa Anna Santoni, Lei è autrice del libro Passioni divine. Storie d’amore di Zeus e altri dèi pubblicato da ETS: come raccontavano i Greci gli amori dei loro dèi?
Passioni divine. Storie d’amore di Zeus e altri dèi, Anna SantoniIl libro è rivolto anche a chi non ha confidenza col mondo antico e per questo vorrei cominciare col dire che presso gli antichi Greci, che non hanno un testo sacro, sono i poeti che raccontano le vicende degli dèi, compresi gli amori, e lo fanno mettendo insieme la loro ispirazione, le circostanze del canto, il particolare tipo di composizione poetica che stanno creando: in una commedia o una tragedia o un inno religioso o un canto conviviale certi accenti saranno ovviamente diversi. Anche le arti figurative rappresentano dovunque le vicende degli dèi, sia nei monumenti pubblici, come i templi, sia in oggetti di uso privato, come i vasi. Inoltre il mito greco è legato fortemente ai luoghi e alla storia delle diverse comunità: ci parla di un tempo – per i Greci il loro passato remoto – in cui dèi e uomini interagivano e che ha talvolta lasciato tracce nel presente: per esempio dall’amore di un dio con una mortale può nascere il capostipite di un popolo (Arcas, figlio di Zeus e Callisto, è capostipite degli Arcadi), può avere origine una città o un santuario (Nauplio, figlio di Posidone e Amimòne, dà il nome al porto della città di Argo; Anfisso, figlio di Driope e Apollo, fonda un tempio in onore del padre) o può avere la sua motivazione un rito o una consuetudine (Arianna indossò una corona per le nozze con Dioniso e così dette inizio a quest’uso per tutte le donne). Tutto questo per dire che ci possono essere tante varianti di uno stesso mito per molti motivi. Ma anche così i racconti antichi presentano elementi ricorrenti; il carattere più comune che i Greci attribuiscono ai loro dèi in questo ambito è sicuramente una stretta coniugazione fra amore e esercizio del potere: questi dèi, quando si innamorano, si prendono quello che vogliono. La felicità dell’amore reciprocamente condiviso non è in genere al centro di queste storie. Un altro aspetto frequente sono le traversie che spesso l’oggetto del desiderio divino deve affrontare in conseguenza all’unione con il dio. In molte storie si sottolinea il divario profondo fra dèi e uomini: Sèmele non potrà vedere Zeus, suo amante, come lo vede la moglie Era, che è una dea, e, per aver voluto questo, morirà; Afrodite dice chiaramente a Anchise che, pur amandolo molto, non sopporterebbe di vederlo invecchiare e morire, come la sua condizione umana prevede, e per questo lo lascia subito dopo essersi unita a lui.

Quali erano le modalità di conquista divine?
I racconti non si soffermano tanto sul corteggiamento, mostrano invece un certo compiacimento nel descrivere i mezzi con cui il dio riesce a soddisfare il suo desiderio quando l’oggetto d’amore si rifiuta e cerca di sottrarsi all’unione con lui. Uno strumento di conquista molto comune è la trasformazione, che serve all’inganno: il dio assume un aspetto, per lo più innocuo, che gli permette di avvicinare la persona che desidera; sono molte le trasformazioni di Zeus a questo scopo; il re degli dèi si trasforma in molti animali: in cuculo, in cigno, in toro, ma è anche capace di assumere l’aspetto di un uomo, come Anfitrione, per entrare nel letto di quest’ultimo ed unirsi alla moglie di lui Alcmèna, prendendosi l’amore che ella avrebbe riservato al marito; o di una dea, come Artemide, per avvicinare Callisto senza insospettirla e perfino di una pioggia per penetrare nella stanza in cui è rinchiusa Danae. A volte invece si passa direttamente alla forza: come aquila, Zeus afferra e rapisce Ganimede. In genere quindi direi: inganno e forza.
Ermes è un dio di molta inventiva anche in amore: Apollodoro ci racconta un caso in cui si unì a una donna bellissima, dopo averla resa disponibile per mezzo di un incantesimo e un altro in cui impedì alla donna desiderata di sfuggirli (era più brava di lui nella corsa), rendendo scivolosa la strada.

Tra gli dèi, Zeus era certamente il più libertino.
È il re degli dèi e di lui si raccontano moltissimi amori, a decine; Zeus è forte e brutale, anche con le dèe; riesce a unirsi a Metis dopo che questa ha cercato di sfuggirgli assumendo molte forme diverse; poi, quando Metis dice in giro che dopo la figlia di cui è incinta (Atena), partorirà con lui anche un figlio che spodesterà Zeus stesso e prenderà il suo posto, non esita a ingoiarla.

Anche Posidone, non fu inferiore al fratello, Zeus, quanto ad avventure amorose.
In effetti anche di Posidone si raccontano moltissimi amori; a volte è di modi più gentili: aiuta Amimòne mostrandole le sorgenti di Lerna che daranno acqua ad Argo; dopo aver violato Cenis, le offre qualunque cosa lei voglia e acconsente alla sua richiesta di diventare uomo invincibile; a volte è brutale, perfino con una dèa: insegue Demetra che, per sfuggirgli, aveva assunto l’aspetto di una cavalla e si era mescolata ad altri in una mandria, la riconosce e la costringe all’accoppiamento trasformandosi a sua volta in uno stallone.

Quali amori sono attribuiti ad Apollo?
Sono molti. In alcuni Apollo si presenta come molto vendicativo: Cassandra e Coronide hanno pagato carissimo l’aver cercato di interrompere la relazione col dio. Forse però il suo più celebre amore è quello per Giacinto, che sarebbe stato perfettamente felice, se non fosse entrata di mezzo la gelosia di Zefiro o, secondo altre versioni, il fato e il ragazzo non fosse morto per mano, involontaria, del dio stesso.

Anche le dèe coltivavano la passione e l’amore.
In realtà fra le divinità femminili più importanti ce ne sono diverse che non vogliono relazioni amorose: Atena, Artemide e Estia, la dea del focolare. Era, moglie di Zeus, non si segnala per altri amori, se non per il marito, di cui è estremamente gelosa. Beninteso ci tiene a essere rispettata e spedisce direttamente all’Ade la moglie di Orione, Side, che aveva osato rivaleggiare con lei in bellezza. Ci sono storie d’amore di Demetra, ma è soprattuto ad Afrodite, come dea dell’amore, che si attribuiscono molte passioni.

Quali tra le storie divine da Lei raccontate ritiene le più alte?
Secondo Senofonte, nel Simposio, Zeus amò Ganimede non per la bellezza del suo corpo, ma della sua anima e per questo lo rese immortale e lo volle con sé per sempre, mentre abbandonò le donne che aveva amato fisicamente. Ma Senofonte dice questo con l’intento di dimostrare che anche gli dèi preferiscono l’amore per l’anima a quello per il corpo, cosa di cui non sarei tanto convinta, anche se capisco che ognuno di noi, quando parla dei miti, tende a metterci qualcosa di suo. A me pare che ci sia poco di alto o nobile nei racconti tradizionali di questi dèi: le divinità procedono per lo più fra inganno e violenza e non tengono molto in considerazione la volontà e i desideri dell’oggetto della loro passione. La storia che preferisco, per l’eleganza della seduzione, è quella dell’amore di Afrodite per Anchise, come la racconta l’Inno omerico ad Afrodite. Il poeta ci ha messo, in più, un senso struggente del tempo e del divario incolmabile fra dèi e mortali, anche se i due avranno un figlio in comune, Enea, amatissimo da entrambi i genitori. In generale poi la mia attenzione è più spesso al comportamento degli oggetti dell’amore divino, soprattutto quando sono mortali: le parole che Simonide ha messo in bocca a Danae, sedotta da Zeus, rinchiusa dal padre in una cassa e gettata in mare assieme al suo bambino, sono di grandissima umanità e religiosità. Ho una profonda simpatia per Marpessa, che, caso rarissimo in queste storie, ha la possibilità di scegliere fra un dio, Apollo e un uomo, Ida, e sceglie come compagno quest’ultimo, perché sa di essere umana anche lei e pensa che quando sarà diventata vecchia, il dio non l’amerà più e la lascerà.

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