“Teogonia” di Esiodo: riassunto

La Teogonìa (Theogonìa) è un poema greco di Esiodo di circa mille esametri, unico nella letteratura greca giunta fino a noi, in quanto consiste in un elenco sistematico delle divinità della Grecia e della loro genealogia.

Il poeta inizia con una descrizione famosa del modo in cui, mentre pascolava il gregge sul monte Elicona, ebbe dalle Muse l’ispirazione a comporre questo poema. Esso prende avvio dal principio del mondo, con il nascere del Caos primordiale («baratro», che forse era concepito come lo spazio oscuro tra la Terra e il Tartaro), seguito da Gaia (Terra), Tartaro ed Eros (Amore). Gaia generò Urano (Cielo) e questi due furono i genitori dei Titani, dei Ciclopi e di altri giganti. L’ultimo nato dei Titani fu Crono che, per istigazione della madre, castrò Urano. I Titani Rea e Crono furono i genitori degli dei dell’Olimpo, che Crono divorò appena nati a eccezione di Zeus. In seguito Zeus vinse Crono e lo costrinse a richiamare in vita gli altri suoi figli. Uno dei Titani, Prometeo, ingannò Zeus riguardo alla divisione degli animali sacrificati tra gli dei e gli uomini, e inoltre rubò il fuoco agli dei a vantaggio degli uomini. Per punizione Zeus lo fece incatenare a una roccia, dove un’aquila tutti i giorni gli rodeva il fegato e, come punizione per gli uomini, creò una donna.

Scoppiò una guerra tra le vecchie divinità, i Titani, e le più giovani divinità (olimpiche), i figli di Crono, capeggiati da Zeus. Questi ultimi uscirono vittoriosi, e i Titani e Tifone, che li aveva aiutati, furono gettati nel Tartaro da Zeus. Gli dei allora scelsero Zeus come loro re. Egli prese in moglie una serie di dee, l’ultima delle quali fu Era. La loro figlia Ebe sposò il figlio mortale di Zeus Eracle, che dopo la morte divenne egli stesso una divinità.

L’ultima parte del poema tratta della progenie di dee e di uomini mortali, e si conclude con due versi aggiunti successivamente per introdurre il Catalogo delle donne.

tratto da Dizionario delle letterature classiche, diretto da Margaret C. Howatson, edizione italiana a cura di Maurizio Bettini, traduzione di Lucia Beltrami, Einaudi editore

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