Può darsi che fosse la seconda opera di una trilogia, seguita dal Prometeo liberato, di cui ci rimangono pochi frammenti, e preceduta dal Prometeo portatore del fuoco, di cui ci resta solo un verso: ma l’ordine delle tragedie, e perfino l’esistenza di una simile trilogia, sono molto dubbi.
Il Titano Prometeo, che nel passato ha aiutato Zeus a imporre il suo dominio su Crono e gli altri Titani, ha suscitato la collera di Zeus diventando il campione del genere umano e dando agli uomini il fuoco e le arti. Nella scena di apertura della tragedia il dio Efesto, per ordine di Zeus, insieme a Crato (il Potere) e Bia (la Violenza), inchioda a malincuore Prometeo (forse rappresentato da una enorme figura silenziosa dietro la quale parla l’attore) a un’alta rupe nel Caucaso, perché sopporti tormenti per tutto il tempo che piacerà a Zeus.
Il coro delle Oceanidi, le figlie del Titano Oceano, viene a dolersi con lui e a confortarlo. Interviene anche lo stesso Oceano, dichiarandosi disposto a intercedere presso Zeus se Prometeo sarà più moderato nel suo atteggiamento. Questi respinge sdegnosamente le sue offerte e rammenta allora al coro tutti i benefici da lui apportati all’umanità. Giunge un’altra vittima della tirannia di Zeus, Io, una mortale che Zeus ha amato e che Era, fuori di sé per la gelosia, ha in parte resa simile a una vacca. Essa è condannata a lunghi vagabondaggi, perseguitata da un tafano e ossessionata da Argo dagli innumerevoli occhi.
Prometeo le parla delle sue sofferenze, del suo discendente Eracle che alla fine lo libererà e del fatale matrimonio che un giorno Zeus farà, a meno che Prometeo non lo metta in guardia. Dopo l’uscita di Io entra Ermes, inviato da Zeus per chiedere a Prometeo che riveli il suo segreto; benché Ermes preannunci a Prometeo tormenti sempre più grandi, Prometeo rifiuta orgogliosamente e viene precipitato nell’abisso con le Oceanidi, che decidono di condividere la sua sorte.
Se in una tragedia successiva aveva luogo una riconciliazione tra Zeus e Prometeo, è impossibile dire come l’autore la ideasse. Dai frammenti del Prometeo liberato sembra che la tragedia si aprisse con Prometeo restituito alla luce dopo 30.000 anni e che il coro fosse composto da Titani.
Come dio che soffre, come creatore dell’umanità e anche come campione degli oppressi e libero pensatore, Prometeo ha esercitato forte attrazione su popoli di religioni e opinioni politiche diverse.
tratto da Dizionario delle letterature classiche, diretto da Margaret C. Howatson, edizione italiana a cura di Maurizio Bettini, traduzione di Lucia Beltrami, Einaudi editore