“Marcovaldo ovvero Le stagioni in città” di Italo Calvino: riassunto trama

Marcovaldo ovvero Le stagioni in città, Italo Calvino, riassunto, tramaPubblicato nel 1963 dalla casa editrice Einaudi in una collana di testi per ragazzi, Marcovaldo, ovvero le stagioni in città è tra i libri più amati di Italo Calvino.

Protagonista è appunto Marcovaldo, manovale in un magazzino in cui “il bene – materiale e spirituale – passava per le mani di Marcovaldo in quanto merce da caricare e scaricare”. Attorno a lui ruotano personaggi altrettanto semplici – spazzini, guardie notturne, disoccupati, casalinghe e bambini – e la fredda metropoli industriale in cui vive. Ma “aveva questo Marcovaldo un occhio poco adatto alla vita di città: cartelli, semafori, vetrine, insegne luminose, manifesti, per studiati che fossero a colpire l’attenzione, mai fermavano il suo sguardo che pareva scorrere sulle sabbie del deserto. Invece, una foglia che ingiallisse su un ramo, una piuma che si impigliasse ad una tegola, non gli sfuggivano mai: non c’era tafano sul dorso d’un cavallo, pertugio di tarlo in una tavola, buccia di fico spiaccicata sul marciapiede che Marcovaldo non notasse, e non facesse oggetto di ragionamento, scoprendo i mutamenti della stagione, i desideri del suo animo, e le miserie della sua esistenza”.

Il romanzo è suddiviso in quelle che l’autore definisce “novelle”, ciascuna dei quali dedicata a una stagione, in un ciclo che si ripete per cinque volte. Nella prima novella, Funghi (primavera), Marcovaldo ha notato che in un’aiuola vicino alla fermata dell’autobus stanno nascendo dei funghi ed è quindi in attesa che crescano adeguatamente per poterli raccogliere. Ma intanto lo spazzino, Amadigi, sembra aver trovato dei funghi molto più numerosi e grandi dei suoi. Marcovaldo allora sprona tutte le persone in attesa dell’autobus a recarsi nell’aiuola scovata da Amadigi: tutti raccolgono i funghi scovati dallo spazzino, e tutti si ritrovano all’ospedale per una lavanda gastrica.

Nell’ultimo I figli di Babbo Natale (inverno), Marcovaldo si traveste da Babbo Natale e, con suo figlio Michelino, fa il giro degli abitanti della città distribuendo regali. Tra gli altri, deve consegnare un regalo a un bambino povero. Quando padre e figlio si recano dal proprietario della Sbav, l’azienda per cui Marcovaldo lavora, trovano un ragazzino così solo e annoiato, che Michelino si convince di aver di fronte il bambino povero a cui dover dare il regalo speciale. Gli dona così un martello, una fionda e dei fiammiferi, che il bambino usa per spaccare ogni cosa e infine per dar fuoco alla villa. Ma Marcovaldo non viene, come teme, licenziato. Anzi, il proprietario della Sbav è ben felice perché non solo il figliolo si è molto divertito, ma in più la distruzione vivacizza i consumi e quindi il “regalo distruttivo” può trovare posto nella produzione: “Il Regalo Distruttivo serve a distruggere articoli d’ogni genere: quel che ci vuole per accelerare il ritmo dei consumi e ridare vivacità al mercato… Tutto in un tempo brevissimo e alla portata d’un bambino… Il presidente dell’Unione ha visto aprirsi un nuovo orizzonte, è ai sette cieli dell’entusiasmo.”

Tutte le brevi novelle sono insieme amare e divertenti. Marcovaldo vive con la moglie Domitilla e suoi sei figli e il magro stipendio che riceve non gli basta a mantenere la famiglia. Ma anche quando si ingegna a rimpinguarlo, le cose gli vanno sempre male, come ne Il piccione comunale (autunno), in cui riempie il balcone di casa di chicchi di granturco per cercare di catturare delle beccacce da arrostirle. Finisce per acchiappare solo un piccione striminzito, che pure mangia, ma il misero pasto gli va di traverso quando scopre che i vigili sono alla ricerca del “cacciatore di piccioni comunali”.

La città in cui vive (mai nominata ma forse ispirata a Torino, in cui Calvino visse) è fredda e ostile e il suo desiderio di natura è costantemente frustrato. “In mezzo alla città di cemento e asfalto”, dice l’autore nella Presentazione, “Marcovaldo va in cerca della Natura. Ma esiste ancora, la Natura? Quella che egli trova è una Natura dispettosa, contraffatta, compromessa con la vita artificiale”. E infatti quando, ne La villeggiatura in panchina (estate), insegue il sogno di dormire sotto le stelle, l’uomo si ritrova insonne su una panchina del parco, circondato dai rumori del traffico e dei lavori in corso e dai lampi fastidiosi dei semafori.

Anche quando ha La città tutta per lui (estate), le sue esplorazioni bucoliche finiscono presto. In un primo momento, nella città svuotata per le vacanze, sembra poter camminare dove preferisce incurante di semafori e regole stradali. Sembra anche che la città si trasformi – le vie in letti di fiumi in secca, le case in scogliere – mentre gli animali paiono riprenderne possesso, una fila di formiche, il volo di uno scarabeo, le tarme negli assi di una staccionata. Ma proprio mentre è immerso in queste fantasticherie, ecco spuntare una spider che per poco non lo travolge. E in un attimo la città si ripopola di furgoni, carri attrezzi, e persino macchine da presa, dato che è in corso una ripresa giornalistica.

Del resto Marcovaldo ha un animo semplice ed è molto più attratto da un singolo insetto che dalle vistose insegne pubblicitarie che tappezzano le vie della città e che incitano ai consumi. L’Italia sta infatti cambiando, e da un paese povero si sta trasformando nella società opulenta del miracolo economico. Così in Marcovaldo al supermarket (inverno), la famiglia si reca in uno dei nuovi e rutilanti supermercati della città e ciascuno dei membri prende un carrello che in teoria dovrebbe restare praticamente vuoto, visti i prezzi dei prodotti, dato che “senza soldi, il loro spasso era guardare gli altri fare spese”. Invece si ritrovano tutti alla cassa con i carrelli stracolmi, riempiti senza poter resistere al richiamo della merce. “Consumate!” è infatti l’imperativo del negozio, e così, “e toccavano le merci e le rimettevano giù e le riprendevano e se le strappavano di mano; consumate! e obbligavano le pallide commesse a sciorinare sul bancone biancheria e biancheria; consumate!”. Con l’imminente chiusura del negozio, Marcovaldo e famigliari cercano precipitosamente di rimettere a posto la mercanzia.

Benché pubblicato in origine in una collana per ragazzi, forse sono invece solo gli adulti a potersi immedesimare nel Marcovaldo che si prende cura della pianta del magazzino: “e in questi semplici gesti metteva un’attenzione come in nessun altro suo lavoro, quasi una compassione per le disgrazie d’una persona di famiglia. E sospirava, non si sa se per la pianta o per sé: perché in quell’arbusto che ingialliva allampanato tra le pareti aziendali riconosceva un fratello di sventura.”

Silvia Maina

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