
La traduzione di un vincitore dello Strega è raramente un garante della fortuna in Svezia. Effettivamente, gli agenti letterari internazionali che lavorano con il mercato svedese lo trovano meno prevedibile di altri mercati europei e scandinavi. Un esempio è la scarsa attenzione prestata al romanzo criminale italiano, che invece ha riscontrato un discreto successo in un paese vicino come la Danimarca.
Un fenomeno interessante che oggigiorno caratterizza la letteratura italiana in Svezia riguarda il rilancio dei classici del Novecento. Come è noto, la letteratura italiana mantiene la sua posizione privilegiata su scala mondiale in parte grazie al suo “capitale simbolico del passato”, ottenuto dai grandi classici come Dante, Petrarca, Boccaccio, Tasso, Goldoni e Leopardi. In Svezia, i classici rappresentavano un quinto delle edizioni tradotte dall’italiano e pubblicate nel periodo 1870-2020, ma nell’ultimo decennio si può notare un calo. Al tempo stesso, sembra essere in corso una riscoperta dei classici del Novecento: a partire dal 2012 sono state riproposte delle opere di Elsa Morante, Italo Calvino, Fleur Jaeggy, Dacia Maraini, Pier Paolo Pasolini, Anna Maria Ortese e così via. Di questi scrittori, Pasolini e soprattutto Calvino hanno ormai raggiunto uno status iconico in Svezia.
Quali fasi ha attraverso la diffusione della letteratura italiana nel Paese scandinavo?
Il primo periodo, 1870-99, segna l’arrivo in Svezia del primo flusso, scarso ma costante, di testi italiani contemporanei. In questo periodo le scrittrici rappresentavano il 25% delle edizioni, il che potrebbe essere paragonato al bassissimo tasso di scrittrici negli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento (2,5%). Nel secondo periodo, 1900–39, i rapporti letterari italo-svedesi si consolidano progressivamente, ma non senza manifestare delle discontinuità significative, come un aumento notevole negli anni Venti causato dall’effetto Nobel di Grazia Deledda, seguito da un calo drammatico negli anni Trenta. Il terzo periodo, 1940–79, indica la prima “epoca d’oro” della letteratura italiana contemporanea in Svezia iniziata durante la guerra e conclusa negli anni Settanta. In quel periodo gli scrittori italiani venivano seguiti attentamente dall’editoria e dalla critica, e non solo i romanzieri, ma anche i poeti e i drammaturghi. Il quarto periodo, 1980–2020, converge nella contemporaneità ed è segnato dalla ripresa e dall’ininterrotta crescita della presenza letteraria italiana in Svezia.
Paradossalmente, la critica si lamenta spesso che la letteratura italiana sia troppo poco tradotta in Svezia, il che non trova conferma nei numeri delle edizioni pubblicate. In effetti, il numero di edizioni tradotte dall’italiano è aumentato in modo notevole nel corso del periodo studiato: da 10 edizioni nel decennio 1870-79 a 266 edizioni negli anni 2010-2020. Penso che il ricorso al topos dell’assenza da parte dei critici svedesi rispecchi qualcos’altro e cioè la poca visibilità che la letteratura italiana ormai riceve nel dibattito culturale svedese.
Quale ricezione hanno avuto autori e autrici italiani in Svezia?
Una prima osservazione riguarda il fatto che gli scrittori italiani sono stati più o meno valutati in relazione alla loro appartenenza alla cultura italiana. Così nel libro ho indicato quattro tipi di ricezione: 1) la ricezione esotizzante, che affronta la letteratura italiana avvalendosi di stereotipi e preconcetti nazionali; 2) la ricezione vernacolarizzante, che privilegia gli aspetti locali e regionali della letteratura italiana senza ricorrere a luoghi comuni; 3) la ricezione globalizzante, che si sofferma sulla circolazione commerciale della letteratura italiana all’estero, riferendosi per esempio a vendite e numeri di edizioni; 4) la ricezione cosmopolita, che considera le opere italiane come parti della “grande” letteratura mondiale e del canone internazionale. Semplificando un po’ si potrebbe dire che la ricezione cosmopolita prevale in periodi in cui i contatti culturali tra Svezia e Italia sono più stretti mentre la tendenza esotizzante predomina in periodi di maggiore distanza.
Nel libro prendo anche in considerazione la ricezione di nove autori italiani che hanno riscontrato un maggiore interesse nel pubblico svedese: Edmondo De Amicis, Grazia Deledda, Eugenio Montale, Alberto Moravia, Elsa Morante, Natalia Ginzburg, Pier Paolo Pasolini, Italo Calvino ed Elena Ferrante. È interessante notare che molti di essi abbiano attraversato una fase iniziale poco facile, come Deledda, Montale, Morante e Ginzburg.
Quale spazio occupa la letteratura italiana nelle università svedesi?
Lo studio della letteratura italiana in ambito accademico è integrato nei corsi di lingua italiana. In passato, i testi letterari furono dunque sottoposti a finalità linguistiche, proposti agli studenti per migliorare il loro vocabolario e la loro comprensione della lettura. Oggi la letteratura viene sempre più studiata di per sé con metodologie proposte dalla critica e teoria letteraria. Gli scrittori più studiati e trattati nelle tesi di laurea nel periodo 2000-2015 erano Italo Calvino, Niccolò Ammaniti, Dacia Maraini, Natalia Ginzburg, Primo Levi e Luigi Pirandello. Grazie alla loro combinazione di leggibilità e qualità, questi scrittori sono entrati a far parte del canone pedagogico svedese.
Quali case editrici sono state maggiormente coinvolte nella diffusione delle opere letterarie italiane?
Il quadro editoriale esaminato nel libro indica due fenomeni di rilievo: da una parte l’enorme impatto che ebbe la grande casa editrice Bonniers (la Mondadori svedese) nella promozione degli scrittori italiani in Svezia nel Novecento e, dall’altra, il fenomeno dei piccoli editori specializzati nella letteratura italiana. Si può notare come la perduta centralità della letteratura italiana in Svezia si sia concretizzata nella minore attenzione prestatale da parte dei grandi editori. Bonniers, che nei decenni 1920-1970 propose numerose e svariate opere italiane in traduzione svedese, fu l’editore maggiormente colpito dalla crisi editoriale avvenuta all’inizio degli anni Settanta, con conseguenze gravi per la visibilità e diffusione della letteratura italiana. Costretto a ridimensionare il tasso di traduzioni, Bonniers lasciò dietro di sé un vuoto che, nel caso della letteratura italiana, fu colmato solo in parte dagli editori medi e minori. In quanto a questi ultimi, merita di essere menzionato il fenomeno delle case editrici di nicchia, specializzati nella letteratura italiana. Essi hanno contribuito all’aumento delle edizioni tradotte dall’italiano, anche se non sono riusciti a dare la stessa visibilità e lo stesso prestigio agli scrittori italiani che hanno scelto di pubblicare.
Cosa rivela l’analisi delle traduzioni svedesi delle opere italofone?
Rivela soprattutto una serie di sfasature, di asimmetrie. Innanzitutto, notiamo una cronologia asimmetrica, secondo la quale le opere tradotte non seguono quasi mai l’ordine temporale in cui sono state pubblicate nella cultura di partenza. La cronologia asimmetrica si rivela per esempio nel caso di Calvino, il cui romanzo di esordio, Il sentiero dei nidi di ragno (1947), è stato tradotto in svedese per la prima volta nel 2016. Ma la cronologia asimmetrica si rivela anche a livello del repertorio integrale, come quando Anna Maria Ortese fu tradotta sulla scia del successo di Ferrante, oppure quando i primi volumi dedicati ai testi di Leopardi negli anni Dieci del Novecento coincisero con l’attenzione prestata al movimento futurista.
Anche la selezione delle opere da tradurre manifesta delle asimmetrie. La selezione asimmetrica indica il fatto che alcune delle opere di un autore non verranno mai tradotte, mentre altre sono riedite e perfino ritradotte. Di nuovo l’opera di Calvino serve da esempio: Il barone rampante e Le città invisibili sono stati pubblicati più volte, mentre altre delle sue opere non sono mai state tradotte per intero in svedese (Marcovaldo, Ti con zero, Fiabe italiane ecc.). A livello nazionale, la selezione asimmetrica si manifesta invece nella presenza (o assenza) di scrittori italiani nella letteratura di arrivo, come le numerose versioni svedesi dei libri di De Amicis e l’assenza totale dei testi di De Roberto.
Una delle conseguenze più cospicue di queste asimmetrie si rileva nella sfasatura tra il canone interno di una letteratura e il suo canone esterno. Come spiega Mads Rosendahl Thomsen, la canonizzazione nazionale segue una logica ben diversa da quella internazionale e, viceversa, l’insieme delle opere di una letteratura che sono rappresentate nella world literature non è mai un mero riflesso della situazione nazionale.
Cecilia Schwartz è professore associato di Letteratura italiana all’Università di Stoccolma. Si è occupata degli aspetti transnazionali della letteratura italiana, dalla figura del mediatore letterario alle immagini dell’italianità. Ha pubblicato numerosi saggi sulla traduzione, circolazione e ricezione di opere italiane in Svezia tra cui il volume Libri in viaggio. Classici italiani in Svezia (Stoccolma 2013), curato insieme a Laura Di Nicola.