“Anticristo. L’inizio della fine del mondo” di Marco Rizzi

Prof. Marco Rizzi, Lei è autore del libro Anticristo. L’inizio della fine del mondo, edito dal Mulino: quando e come si diffonde la figura dell’Anticristo?
Anticristo. L'inizio della fine del mondo Marco RizziPotrebbe sembrare una ovvietà, ma la figura dell’Anticristo nasce e si diffonde solo dopo la venuta di Cristo. In realtà, se anche solo si scorrono gli studi più rilevanti su questo tema, tra gli ultimi quelli di McGinn o Badilita, si trova sempre un capitolo dedicato agli “antecedenti”, di cui l’Anticristo così come lo conosciamo a partire dal secondo secolo rappresenterebbe solo l’ultima e più duratura metamorfosi. In questa prospettiva, alla base di tutto ci sarebbe l’idea, già diffusa nelle civiltà mesopotamiche, di un conflitto cosmico tra una figura positiva – un salvatore o un creatore – e una negativa – il drago o il serpente. Il pensiero corre immediatamente all’Apocalisse, al drago dalle sette teste e dalle dieci corna: e tuttavia la parola anticristo non vi compare mai. Anzi, nell’Antico e nel Nuovo Testamento essa appare solo nelle lettere di Giovanni, ma se si leggono con attenzione questi passi, si nota subito che lì il termine non ha nessuna connessione con la violenza o l’escatologia; addirittura, l’autore delle lettere afferma che se un “anticristo” si presenta alla porta, non bisogna accoglierlo e neppure salutarlo…
In realtà, l’Antico Testamento e la vasta produzione letteraria dell’ebraismo nei secoli a cavallo dell’epoca di Gesù presentano molte figure che riprendono il tema del conflitto escatologico: in questi scritti, il messia atteso dagli ebrei deve combattere e sconfiggere un terribile nemico che perseguita i giusti, prima di poter instaurare il suo regno in cui finalmente i pochi rimasti fedeli a Dio godranno di pace e prosperità. Tale nemico viene presentato con molti e diversi nomi: l’iniquo, l’empio, il figlio della perdizione, ciascuno con proprie caratteristiche e modi di agire malvagio. Insomma, non uno, ma tanti nemici finali. Su questo sfondo, si colloca la nascita del cristianesimo e si sviluppano le prime riflessioni sulla figura e le azioni di Gesù Cristo. Identificandolo con il messia annunciato nell’Antico Testamento, i primi cristiani dovevano però rispondere a una forte obiezione: come mai, se davvero era il Salvatore, era morto in croce e non aveva instaurato il regno promesso? La risposta si articolava attorno all’idea della “doppia venuta” del Signore: utilizzando altri passi dell’Antico Testamento, i primi teologi cristiani mostravano come la Bibbia annunciasse una prima discesa sulla terra del Salvatore, in forma di uomo sofferente, per prendere su di sé i peccati del mondo e redimerli, e un secondo ritorno nella gloria, alla fine dei tempi, per giudicare il mondo e inaugurare il suo regno celeste.

Ireneo, vescovo di Lione intorno al 170 d.C., ebbe la geniale intuizione di raccogliere in una sola le tante figure di nemici escatologici della tradizione ebraica e di chiamarla con quel nome che leggeva nelle lettere di Giovanni, sia pure con un altro significato: se il messia era già venuto, ma sarebbe tornato a breve per instaurare il suo regno, il suo avversario non poteva avere un nome qualsiasi – così come il messia aveva ormai un nome ben preciso – ma doveva essere colui che si opponeva specificamente a Gesù Cristo – l’Anti-Cristo, appunto. In questo modo, Ireneo otteneva due risultati in una sola mossa: da un lato, toglieva forza alla critica proveniente dagli ebrei, anzi poteva accusarli che non avendo creduto al vero messia sarebbero stati vittime dell’inganno di un falso messia, l’Anticristo; dall’altro, giustificava di fonte ai cristiani stessi il fatto che il regno promesso, per cui pregavano ogni giorno con le parole insegnate da Gesù, tardasse a venire: se deve essere preceduto dalla terribile persecuzione del malvagio Anticristo, forse è opportuna questa dilazione di tempo, perché la fede non venga messa troppo duramente alla prova.
A partire dalla fine del secondo secolo, dunque, l’Anticristo prende vita e la sua biografia viene arricchita di sempre nuovi dettagli, senza troppe preoccupazioni di coerenza. Infatti, proprio perché nasce come somma di tante figure e tradizioni escatologiche differenti, L’Anticristo può assumere di volta in volta l’aspetto del re tirannico e violento, del seduttore abile con le parole e con i gesti, del corruttore avido e lussurioso e così via, in un caleidoscopio di identità, che culminano tutte comunque in un solo avvenimento: la sua sconfitta ad opera di Cristo o di un suo inviato nel momento in cui il suo successo appare al culmine. La produzione anticristologica conosce una fioritura rigogliosa, specie nel medioevo occidentale; ma essa continua ancora ai nostri giorni, e con enorme successo, se si considera ad esempio come la serie dei romanzi di Tim LaHaye che vertono su un Anticristo dei nostri giorni abbia venduto svariati milioni di copie, e continua a venderne.

La figura dell’Anticristo è stata utilizzata nella storia per demonizzare il proprio avversario: chi lo ha incarnato di volta in volta e perché?
Proprio per questo suo carattere composito e derivato sin dalle origini, l’idea dell’Anticristo si è trasformata ben presto in una poderosa risorsa polemica e retorica a disposizione di quanti volessero attaccare i propri avversari e, al tempo stesso, rinsaldare il legame di solidarietà all’interno della propria chiesa, del proprio gruppo, di una società. Così, per i primi cristiani, una possibile identificazione dell’Anticristo è stata rappresentata da Nerone, ovvero il primo e più feroce persecutore, o in seguito da Maometto, specie in quelle regioni oggetto della conquista araba. Ma il dato più importante, per significato e ampiezza, è invece che l’accusa di essere l’Anticristo, o il suo profeta o comunque i suoi seguaci, è stata infinitamente più spesso rivolta da cristiani ad altri cristiani all’interno di polemiche di natura teologica, ecclesiastico-politica o semplicemente frutto di rivalità personali. Non soltanto in direzione di quei credenti che per le loro opinioni dissonanti venivano considerati “eretici” dalle autorità, bensì tra sostenitori del pontefice e sostenitori dell’imperatore, tra un ordine religioso e l’altro, tra le diverse denominazioni cristiane… basta cercare su Google le parole “antichrist” e “pope” per averne un campionario, senza dimenticare che anche Obama e Trump godono del discutibile privilegio di essere associati al nemico dei tempi finali. E in ognuna delle pagine linkate si possono trovare decine di citazioni bibliche addotte a conferma della tesi, proprio perché decine sono le citazioni che nel corso dei secoli sono state interpretate come riferite all’Anticristo, senza però che il suo nome sia fatto esplicitamente, come detto.
Visto che quest’anno ricorre l’anniversario dell’affissione delle tesi di Lutero, vale la pena di ricordare il suo scritto sull’Anticristo, redatto nel 1521 proprio per rintuzzare la scomunica fulminatagli dal papa e più specificamente uno scritto di un teologo domenicano, Ambrogio Catarino, che si scagliava contro di lui bollandolo come eretico e anticristo. Sviluppando una tesi che avevano sostenuto in precedenza John Wyclliff e Jan Hus, entrambi condannati come eretici dalla Chiesa di Roma, Lutero afferma che l’Anticristo non è un individuo, bensì un’istituzione collettiva, ovvero il papato con la sua curia romana. L’Anticristo sarebbe quindi all’opera da quando, con la donazione di Costantino, il vescovo di Roma ha cessato di agire solo nel campo spirituale e si è compromesso con il potere mondano.

Chi è oggi l’Anticristo?
Come detto, chi sia oggi l’Anticristo dipende solo da chi si vuole decidere che sia. Interrogato se Hitler fosse l’Anticristo, il teologo luterano Dietrich Bonhoeffer, destinato a morire impiccato per la sua partecipazione al complotto del 20 luglio 1944, rispose con decisione che l’Anticristo era una cosa troppo seria per poter essere identificato con il Führer. Ovviamente, gli avvenimenti successivi all’11 settembre 2001 hanno rilanciato l’accostamento tra Anticristo e islam, sia in termini collettivi, sia in riferimento a figure come quella di Osama Bin Laden. Tuttavia, il generale processo di secolarizzazione ha parecchio depotenziato l’immaginario legato alla tradizione dell’Anticristo almeno in Europa o più in generale in occidente. Se ancora negli anni settanta i Sex Pistols potevano lanciare nel loro singolo di esordio Anarchy in the UK il grido «I am an anti-Christ, I am an anarchist» senza paura di non essere capiti, oggi probabilmente il messaggio non sarebbe più così immediato ed efficace, a meno che ad ascoltarlo non siano i membri, pur numerosi, di una delle tante chiese evangelicali, quelle che più comunemente, ma impropriamente vengono definite “sette protestanti”, composte non a caso da molti dei lettori di LaHaye. Nelle denominazioni ufficiali, la dottrina e la predicazione escatologica non occupano più un posto centrale o particolarmente rilevante, se non nella forma di un generico rimando al destino individuale dopo la morte, mentre l’idea della fine del mondo, più o meno imminente, che implica un destino collettivo appare sempre più sfumata. Non deve meravigliare quindi che l’elemento anticristologico risulti inutilizzabile, dato che è incomprensibile al di fuori di una chiara dottrina escatologica complessiva. Ciò accade anche nella tradizione ortodossa russa che pure ha prodotto negli ultimi secoli pagine importanti sull’Anticristo, basti pensare a Dostoevskij.

Qual è il valore storiografico della figura dell’Anticristo?
Per essere un personaggio che probabilmente non esiste – e in ogni caso se mai esistesse, lo sarà solo in futuro e dopo di lui non si scriverà più storia – l’Anticristo ha già prodotto una considerevole mole di libri, biografie e trattati. Il più ponderoso è in assoluto quello di Tomaso Malvenda, un domenicano vissuto a cavallo tra cinque e seicento, pubblicato a Roma nel 1604 in cui si sforza di fare il punto sin lì della scienza anticristologica, giacché Malvenda ritiene che si tratti di un argomento da affrontarsi su basi strettamente razionali, avvalendosi dell’esegesi biblica, della storia, dell’astronomia – non va infatti dimenticato che tra tre e quattrocento pensatori del calibro di Ruggero Bacone impegnarono non poche energie per trarre dallo studio dei movimenti astrali indicazioni certe per stabilire la data della comparsa dell’Anticristo. Da una prospettiva storiografica moderna, specie nel campo della storia delle idee, ciò che personalmente ho trovato più interessante e significativo è la evidente tendenza a vedere e creare continuità laddove, invece, si danno discontinuità. È il caso della comparsa dell’Anticristo sulla scena della teologia cristiana nel secondo secolo. Come si può affermare che un’idea o una figura già esista in un testo, se non viene mai chiamata con il suo nome? Certo, Ireneo e i suoi successori diranno che in quei testi si parla dell’Anticristo; ma è solo da quel momento in poi che l’identificazione è operativa, non può e non deve – storiograficamente parlando – essere proiettata all’indietro. Certo, è più facile individuare punti di svolta, innovazioni dirompenti, discontinuità intellettuali quando li si può associare a figure di assoluto rilievo, come Plotino, Machiavelli, Marx giusto per fare qualche nome a caso. Ma non va mai dimenticato, a mio parere, che sia pure nella costrizione del contesto dato, la storia è sempre fatta dagli uomini, da ogni singolo uomo. E più spesso di quanto si creda, grandi cambiamenti sono avviati da uomini, se non piccoli, almeno anonimi o poco più che tali agli occhi del grande pubblico dei loro successori o di quello più piccolo degli storici. Ireneo è stato uno di questi.

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