
La caduta di Costantinopoli in mano turca significò il venir meno della ‘verità’ dell’Impero e della verità della Fede in un momento solo. Significò la definitiva scomparsa – anche simbolica – del più autentico impero romano antico, impero universale ‘mondiale’ in quanto impero cristiano. Un inquietante contraccolpo anche sul piano teologico era determinato dai reiterati e inquietanti successi militari musulmani a danno dei fedeli in Cristo. Nella mentalità comune della fine del medioevo la caduta di Costantinopoli in mani ‘infedeli’ era un segno divino che non poteva che significare o che il mondo stava per essere dominato dall’Anticristo o che il cristianesimo e l’Impero cristiano erano null’altro che errori. Ed allora fu necessario ricorrere alla rilettura ad hoc di vecchie profezie ovvero alla creazione di nuove profezie. Ne derivò l’affannosa elaborazione di spiegazioni, alla ricerca di un plausibile ‘disegno divino’. Occorreva cancellare in radice ciò che nemmeno si poteva pensare senza orrore, cioè che la storia non avesse direzione e che il cristianesimo potesse affogare nelle contingenze del tempo così come tante altre religioni prima di esso. Un disegno del vero Dio, quello cristiano, doveva esserci e, se c’era, doveva essere stato annunciato, anche se non compreso dalla limitatezza e dall’imperfezione della ragione umana.
Quali diverse teorie religiose e politiche furono avanzate con riferimento all’espansione musulmana in Europa?
Anzitutto è da tener presente che i Turchi negli anni della caduta di Costantinopoli erano considerati assolutamente invincibili. Le loro conquiste procedevano inarrestabili e senza sconfitte in Asia, in Africa e in Europa. L’Europa occidentale aveva potenzialità enormi, ma in quegli anni fu colta in un periodo estremamente delicato, un periodo di laborioso trapasso verso una progressiva concentrazione del potere negli Stati assoluti, un periodo di forte divisione, tanto più evidente in Italia. Le teorie che vennero sviluppate per comprendere l’espansione musulmana furono diverse e cercarono – spesso confusamente – di delineare scenari futuri che garantissero ancora una qualche forma di universalismo dinanzi al temuto dilagare turco nell’intera Europa.
Le ipotesi – alcune assolutamente fantasiose, altre meno – si possono raggruppare in generale nelle seguenti:
- I Turchi sarebbero stati – sulla base di complesse e fantasiose genealogie – i discendenti dei Troiani che si sarebbero vendicati sui Greci e che avrebbero rivendicato l’intero impero romano, che traeva la sua linfa originaria dal troiano Enea, fuggito in Italia. Avrebbero islamizzato e unificato il mondo sotto la mezza luna.
- I Turchi si sarebbero convertiti al cristianesimo e avrebbero portato a termine quell’unione del mondo intero nel segno di Cristo, che non era riuscita alla Chiesa e all’Impero Romano.
- Si sarebbe sarebbero presto ricostituiti l’Impero Romano d’Oriente cristiano ortodosso con il centro a Mosca ‘terza Roma’ a fianco dell’Impero Romano d’Occidente cattolico con il centro nella ‘prima Roma’.
- Si doveva ricercare una soluzione ragionevole con i musulmani. Questo avvenne – ma è solo uno fra i vari possibili esempi – con scarso successo a livello popolare nell’Anatolia conquistata da Turchi, dove si svilupparono pratiche religiose estremamente tolleranti fra musulmani e cristiani.
Come si articolò la vicenda dell’Epistola di papa Pio II al sultano Maometto II?
Si tratta di una delle soluzioni più note nei dibattiti politici, giuridici e religiosi innescati dalla caduta di Costantinopoli: la lettera che nel 1461 papa Pio II, l’umanista Enea Silvio Piccolomini, scrisse – ma non spedì – a Maometto II per esortarlo a convertirsi come un novello Costantino, divenendo legittimamente e giuridicamente imperatore d’oriente, facendosi battezzare e incoronare dal Papa di Roma. Il sultano col suo esempio e con la sua azione avrebbe poi cattolicizzato tutti i suoi sudditi. L’epistola non venne mai inviata, ma fu ripetutamente divulgata a stampa a decorrere dal 1475. Non dimentichiamo che sotto il profilo teologico un potente filone di pensiero vedeva nell’islam una eresia cristiana, prossima al nestorianesimo e magma di eresie, false, demoniache, ma riconducibili al linguaggio religioso cristiano.
Il papa vi sostiene la necessità di procedere con la ragione per convincere il nemico, piuttosto che imporre la verità cristiana con le armi, ed anzi, sostenendo che la pace possa essere conseguita dal sultano soltanto col battesimo e con la conversione, mette da parte la concezione di monarchia universale sostenuta comunemente in Europa. La via dell’incontro tramite la conversione al cattolicesimo indicata da Pio II poteva contare su di una tradizione culturale di notevole autorevolezza, incentrata sulla ricerca di una conversione pacifica dell’islam ovvero su di una convivenza pacifica fra i due monoteismi, talvolta addirittura tracimando nel sogno di una religione comune, sintesi del cristianesimo e dell’islam.
Il tono della lettera è tutt’altro che conciliante nei confronti dell’islam. Il giudizio sui musulmani rimane fortemente negativo, quali infedeli da convertire. La novità è nella proposta di un rovesciamento di alleanze. Il papa offre a Maometto II di integrarsi nell’Europa occidentale cattolica. Il punto è proprio questo: nel 1461 la risposta di Maometto II a quella lettera – convintissimo di avere l’Europa in pugno e di islamizzarla – non avrebbe potuto che essere negativa. Il sultano era già convinto del suo buon diritto imperiale e della sua vittoria in armi. Il sultano non solo voleva tutto, ma lo voleva secondo le sue regole.
Quali leggende presero a circolare nel mondo cristiano su Maometto II?
Circolarono le leggende più varie e fra loro contrastanti, con un impatto forte anche nella letteratura del tempo. In alcune si fantasticava che Maometto II fosse segretamente cristiano, figlio di una schiava cristiana. In altre, tutt’al contrario, lo si dipingeva con aneddoti che ne esprimevano la sfrenata ferocia. Queste leggende si ricollegano alla gran massa di leggende – di cui pure si tratta nel libro – che avevano circolato e continuavano a circolare su Maometto il Profeta, sul quale vi era persino una leggenda secondo cui sarebbe stato un cardinale che avrebbe desiderato con tutte le sue forze di diventare Papa, ma, non essendovi riuscito, decise di fondare per vendetta una ‘religione rivale’, cioè l’Islam.
Cosa significò il fallimento di quella grande occasione per una conciliazione religiosa e politica fra cristiani e musulmani?
Una parte considerevole ed essenziale del mio libro è concentrata sul tentativo di creare una religione che riunisse insieme i due monoteismi – quello islamico e quello cristiano – in una nuova religione, che prendesse le mosse da una ‘semplificazione’ del cristianesimo, ad opera di personaggi come Giorgio da Trebisonda. Un cristianesimo ridotto allo ‘stretto necessario’ e un islam ridotto allo ‘stretto necessario’ avrebbero potuto fondersi in una sola religione, che avrebbe potuto ambire ad essere mondiale? Il tentativo della conciliazione o della sintesi fu fatto. E operarono per quello scopo numerosi umanisti greci e italiani. La sicurezza della vittoria da parte di Maometto II e l’intransigenza della Chiesa decretarono il fallimento di iniziative davvero ‘nobili’ e di forte modernità. Tutto si ‘giocò’ fra il 1450 e il 1480 circa. Dopo di allora iniziava l’età della secolarizzazione, della Riforma protestante, della Controriforma cattolica. Rimase una incomprensione e una contrapposizione fra cristianesimo e islam, e poi fra Occidente e mondo arabo, che arriva sino ad oggi. Il sogno di diversi intellettuali italiani e greci era nato e svanito in meno di trent’anni.
Marco Cavina è Professore Ordinario di Storia del diritto medievale e moderno presso il Dipartimento di scienze giuridiche dell’Alma Mater – Università di Bologna