“Usi e piaceri del turismo. Percorsi semiotici” a cura di Isabella Pezzini e Luigi Virgolin

Prof.ssa Isabella Pezzini e dott. Luigi Virgolin, Voi avete curato l’edizione del libro Usi e piaceri del turismo. Percorsi semiotici edito da Aracne: quali profili etnosemiotici del turismo contemporaneo è possibile tracciare?
Usi e piaceri del turismo. Percorsi semiotici, Isabella Pezzini, Luigi VirgolinInnanzitutto ci fa piacere ricordare come all’origine di questo lavoro ci sia un’idea seminale di Paolo Fabbri, semiologo di fama mondiale scomparso di recente, il quale un paio d’anni fa aveva abbordato il tema con una conferenza parigina dal titolo “Inventare la tradizione: etnosemiotica del turismo”. Da tale spunto poi il Centro Internazionale di Scienze Semiotiche “Umberto Eco” di Urbino ne ha ricavato un intero convegno di cui il volume ora presenta le risultanze.

Il turismo in quanto oggetto di studi è un campo estremamente vasto, che può essere indagato da diverse prospettive teoriche con un approccio antropologico, storico, comunicativo, economico e così via. Sono tante dunque le piste di senso che la scienza della significazione può esplorare, in dialogo con le altre scienze sociali. Un primo ambito di riflessione riguarda senz’altro lo statuto della soggettività in regime turistico, per cui la domanda di fondo è: cosa succede al soggetto in viaggio, quali trasformazioni modificano il suo apparato percettivo e il suo sistema di valori? È il caso ad esempio dell’esperienza della vertigine del turista trattata da Denis Bertrand, oppure del musement, quella particolare predisposizione alla deviazione e ai piaceri del cammino di cui parla Jacques Fontanille.

Un altro aspetto di sicuro interesse è il cosiddetto turismo esperienziale, in qualche modo l’ultima frontiera dell’industria turistica e che valorizza sopra ogni cosa la dimensione sensibile dell’esperienza. A fronte di una vita quotidiana spesso rappresentata in termini di anestesia del vissuto, il mercato del turismo al contrario si preoccupa di offrire un pieno ed appagante dispiegamento sensoriale, e lo fa attraverso numerose strategie di engagement del turista che Andrea Pollarini raccoglie in una tassonomia generale.

Un tema poi particolarmente congeniale all’epistemologia semiotica è quello dell’autenticità cui tende la comunicazione turistica. Già gli studi fondatori della semiotica del turismo, a cominciare dal saggio seminale di Roland Barthes del 1957 sulla Guide Bleu, hanno messo in luce come la presunta autenticità turistica si risolva in una strategia di mosse simboliche ed effetti di senso, e che l’attrattività di un sito turistico sia soprattutto il risultato di una costruzione dell’esperienza turistica, frutto di scelte storicamente e culturalmente determinate. Ciò significa, per le esplorazioni semiotiche di territori e di immaginari geografici della contemporaneità, rintracciare nella testualità scritta e visiva le strategie discorsive che rendono quei territori quello che sono.

Infine, osservare un monumento in situazione ossia tenere conto della reale esperienza di visita con tutto ciò che essa comporta, ad esempio in termini di aspettative disattese e difficoltà nella gestione dello spazio, può aiutare a riconoscere i punti di forza e le zone di fragilità del sito, e immaginare delle forme di riconciliazione tra il progetto e i suoi usi.

Quale evoluzione ha subito il fenomeno turistico nella nostra società?
La nostra è l’età in cui il tempo libero a disposizione è superiore al tempo lavorativo. Non solo: il costante abbattimento dei costi di viaggio (si pensi alle compagnie aeree low cost) e il moltiplicarsi dell’offerta di strutture ricettive alternative agli alberghi (il fenomeno della sharing economy) hanno contribuito a far crescere in maniera esponenziale l’accessibilità ad ogni angolo del pianeta, al punto tale che qualsivoglia località sia pressoché a portata di mano. Come evidenzia Riccardo Finocchi, in un quadro del genere ad essere pertinente è la distinzione tra meta turistica vs luogo turistico, cioè il frutto di una motivazione e di un desiderio personali da una parte e la semplice possibilità in quanto tale di raggiungere una determinata destinazione. In altri termini, a fare la differenza e caricarsi di senso è il valore emozionale ed esperienziale associato al viaggio, ormai a portata di tutti.

Quali forme assume il turismo contemporaneo?
Le offerte ormai sono innumerevoli, se pensiamo anche all’apporto delle nuove tecnologie che affiancano le proposte più tradizionali, come accade ad esempio nel turismo delle mostre d’arte e dei musei e in generale nelle nuove modalità di fruizione e rappresentazione del cultural heritage. Se volessimo però tracciare una tendenza dominante nel panorama contemporaneo dovremmo probabilmente concentrarci sul turismo esperienziale, che presuppone da parte del soggetto un investimento di tipo identitario e che sollecita in lui un apparato sensoriale estremamente ricco e articolato. Nicolas Couégnas ci parla ad esempio dell’enoturismo, fenomeno di mercato in forte crescita soprattutto in paesi dalla spiccata tradizione vitivinicola come Francia e Italia. Oppure è il caso della scuola di cucina siciliana studiato da Davide Puca, che si inserisce nell’ambito più generale e variegato del turismo gastronomico. Sono esperienze turistiche lontane tra loro, accomunate tuttavia dal desiderio del soggetto di congiungersi con l’ambiente e le persone del luogo, sottendono una ricerca di adesione a uno stile di vita o, per usare un’espressione cara alla ricerca semiotica, a una forma di vita altra da sé.

In che modo l’immaginario turistico si salda a luoghi e territori?
Partiamo dal presupposto che il discorso turistico giochi un ruolo di primo piano nei processi di costruzione, rielaborazione e stabilizzazione dell’identità culturale. La comunicazione del turismo cioè non si limita a rappresentare le proprietà di un sito turistico ma contribuisce in maniera decisiva a selezionare ed organizzare quelle proprietà. L’immaginario turistico si proietta e prende forma nella dimensione testuale, che è da intendersi meglio come intertestualità perché un testo, poniamo una guida turistica, non opera mai da solo ma dialoga con le brochure, i video promozionali, i blog di viaggio cioè con le numerose espressioni prodotte dall’istanza turistica, ma anche con altre tipologie discorsive dalla spiccata circolazione di massa, pensiamo al cinema, alle arti, ai media in generale.

Nello specifico, la comunicazione del turismo trova la sua efficacia e il suo linguaggio preminente soprattutto sul piano visivo, per la sua capacità di suggerire con apparente immediatezza l’immagine iconica di una città, un tipo umano o addirittura un’intera cultura. Ciò apre la strada naturalmente a una riflessione sulle dinamiche di stereotipizzazione del discorso turistico, che se vogliamo è l’altra faccia dell’identità.

Nel libro vengono anche analizzate la pratica del souvenir o delle fotografie delle vacanze: quali ritualità accompagnano l’esperienza turistica?
Se un tempo, peraltro non molto lontano, era la fotografia tradizionale il supporto atto a ricordare il viaggio o catturare una visione estetica, oggi la pratica più diffusa nell’esperienza turistica è probabilmente il selfie, che converte gli spazi visitati in un luogo strategico di enunciazione della persona. Il monumento immortalato nello scatto fa posto al primo e primissimo piano di sé, diventa una superficie di iscrizione sulla quale il soggetto imprime la propria soggettività, un testo su cui iscrivere la presenza irrefutabile del “qui e ora”. Il viaggio poi trova una seconda vita sui social network, un po’ come accadeva nel rito d’antan della diapositiva, con la differenza però che ora la circolazione dell’esperienza online avviene spesso in tempo reale rispetto all’offline e si rivolge potenzialmente a tutta la mediasfera. In fondo, condividiamo foto di città e monumenti altrui per parlare un po’ di noi.

Isabella Pezzini è ordinaria di Filosofia e teoria dei linguaggi alla Sapienza Università di Roma, Dipartimento CORIS, dove insegna Semiotica ed è responsabile scientifica dell’unità di ricerca Studi urbani, creatività, media. È docente nel Dottorato in Comunicazione, Ricerca sociale, Marketing. Ha fondato LARS, Laboratorio romano di semiotica. Fa parte del consiglio direttivo del Centro Internazionale di Studi Umanistici “Umberto Eco” dell’Università di Bologna. Presiede FedRoS, Federazione Romanza di Semiotica. Le sue ricerche vertono sullo sviluppo teorico della semiotica, sulla narratività, sul linguaggio dei media, sullo spazio urbano, sulle forme museali. Fra le sue pubblicazioni: Introduzione a Barthes (Bari-Roma 2014); Semiotica dei nuovi musei (Bari-Roma 2011); con U. Eco El museo (Madrid 2014). Ha curato: Dalla parte del Lettore. Lector in fabula quarant’anni dopo, «Versus» 2/1019; con R. Bertolotti, Viale Togliatti a Roma: una strada in cerca d’autore (Bologna 2019). Maggiori informazioni sul sito www.isabellapezzini.it.
Luigi Virgolin è dottorando in Comunicazione, Ricerca sociale, Marketing (XXXIII ciclo) alla Sapienza Università di Roma. La sua ricerca in ambito semiotico verte sui processi di costruzione dell’identità culturale e sulle dinamiche di stereotipizzazione del discorso turistico, in particolare sul piano visivo. Lavora al Comune di Bologna dove si occupa di promozione della città, sviluppo economico e industrie culturali e creative. Ha pubblicato
Il ruolo della tavola nella costruzione stereotipica dell’italianità all’estero, «E/C» 27/2019.

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