
Com’è cambiata l’Italia negli ultimi anni?
Negli ultimi anni l’Italia è invecchiata: è invecchiata la popolazione, sono invecchiate le istituzioni, sono invecchiate le infrastrutture. Una popolazione vecchia non ha slanci, non pensa al futuro, non è generosa con i giovani. Servirebbe una grande esplosione demografica che rigeneri le forze del Paese e che crei una prospettiva per il futuro che gli italiani di oggi non hanno e non vogliono avere. Con l’invecchiamento scattano obiettivi di conservazione e senso di paura e quindi ristagna l’economia, ristagnano le idee, ristagna il tessuto sociale.
Nel libro scorrono i retroscena e i ritratti dei protagonisti della storia del nostro Paese e mondiale, imprenditori, uomini di governo, capi di Stato, banchieri, politici, dirigenti d’azienda fino ai fondatori delle web companies americane: quali, tra questi incontri, l’ha più colpita e segnata?
La persona che più mi ha colpito è stato l’ex presidente israeliano Shimon Perez per la sua umanità e per la profondità delle sue riflessioni sulla politica, sull’economia e sulla società. Parlando di leadership, Shimon Perez raccontava che il suo mentore David Ben Gurion, padre fondatore dello Stato d’Israele, gli aveva detto: “Ti accorgerai di essere diventato un leader quando, girandoti, non vedrai più nessuno al quale chiedere consiglio”. La leadership impone coraggio, la capacità di prendere decisioni in solitudine, la voglia di rischiare e di guardare al lungo periodo.
Lei ha conosciuto da vicino il Potere e le sue degenerazioni: chi comanda oggi in Italia?
In Italia oggi non comanda nessuno. Comandare significa prendere decisioni, anche impopolari, guardando agli effetti di lungo periodo che queste decisioni comportano. Prendere decisioni è difficile, occorre competenza, coraggio, determinazione; qualità che difettano nella classe politica di oggi. In Italia si cerca di seguire il percorso di minore resistenza e ci si fa trascinare dalla corrente senza l’ambizione di dominare gli eventi.
Di quali riforme che rilancino la vitalità del capitalismo c’è bisogno?
Il capitalismo esprime la sua vitalità quando è lasciato libero di muoversi, quando le regole ci sono ma sono semplici, essenziali ed orientano l’azione senza costringerla su binari troppo rigidi. La grande rivoluzione di internet è il risultato di un processo di semplificazione normativa varato negli anni ‘90 da Clinton e Gore. In Italia, di questa semplificazione c’è particolarmente bisogno. Nel tempo si sono accumulate norme, leggi, regolamenti che bloccano ogni iniziativa e ostacolano anche le cose più semplici. Semplificare questo tessuto è un compito epocale che solo una classe dirigente che ha di fronte un lungo periodo di stabilità può realizzare.
L’Italia si trova oggi ai margini del riassetto geopolitico ed economico internazionale, con nuovi attori globali e la rivoluzione digitale che sta radicalmente cambiando la nostra società: può ancora, secondo Lei, l’Italia riconquistare un ruolo internazionale e su quali presupposti?
Per riconquistare un ruolo internazionale l’Italia deve essere un partner credibile del sistema di alleanze che ha costruito la nostra prosperità. Questo è rappresentato dalla appartenenza all’Unione Europea e dal rapporto privilegiato con gli Stati Uniti. Per contare, un paese deve essere credibile e coerente e soprattutto deve essere presente con personalità autorevoli nei luoghi dove si formano le decisioni a livello internazionale. Negli ultimi anni, la nostra credibilità è crollata drammaticamente per i troppi sbandamenti che i governi hanno avuto rispetto al sistema delle alleanze. Occorre ricostruire la credibilità prima che il nostro paese possa tornare ad avere un ruolo importante a livello internazionale
Quali interventi sarebbero a Suo avviso necessari per far ripartire il nostro Paese?
Far ripartire l’Italia non è un compito semplice perché richiede che vengano riconsolidate le fondamenta: queste sono una scuola di qualità ed una pubblica amministrazione efficiente. Entrambe le riforme richiedono un progetto di grande respiro e tempi di attuazione molto lunghi. I risultati si vedranno tra anni ed è per questo che la classe politica resiste ad impegnarsi su questi temi. Effetti più a breve termine possono venire da un impegnativo programma di rilancio delle infrastrutture. Le nostre infrastrutture sono state ricostruite dopo la guerra e quindi hanno settant’anni. Mostrano tutti i segni dell’età. C’è bisogno di rinnovarle, integrarle e rilanciarle. Un programma ambizioso che veda al centro gli investimenti in infrastrutture avrebbe un importante impatto per il rilancio della nostra economia.
Quale ruolo può avere la cultura per il rilancio della nostra economia?
Troppo spesso la cultura viene confusa con i vantaggi che il patrimonio storico artistico italiano può dare al rilancio del turismo. Usare il nostro patrimonio storico a fini commerciali equivale a comportarsi come i nipoti dissoluti che consumano l’eredità lasciata dai nonni. L’Italia ha bisogno di creare nuova cultura, di partecipare a definire la contemporaneità nelle sue varie espressioni artistiche e culturali. Per questo serve un contesto dove la scuola e l’università hanno un ruolo privilegiato, dove i giovani sono incentivati.