
L’obiettivo degli Stati Uniti è di rendere l’Italia un paese stabile politicamente e socialmente: dopo il biennio rosso italiano e la Rivoluzione russa si trattava di salvaguardare gli interessi commerciali tra i due Paesi e gli investimenti da realizzare in Italia. Mussolini e il fascismo erano una garanzia in tal senso, una trincea contro il bolscevismo, sorvolando sui metodi illegali e sulla violenza squadrista.
Dall’altra parte, Mussolini è ben consapevole di aver bisogno dell’“amico” americano. Egli sa benissimo quali sono gli ostacoli che si frappongono a un intervento diretto del governo italiano sul caso Sacco-Vanzetti, perché sono troppi gli interessi in ballo tra l’Italia e gli Stati Uniti: le leggi sulle restrizioni dell’emigrazione verso l’America che colpiscono anche l’Italia, il pagamento dei debiti di guerra, l’attesa di nuovi prestiti e investimenti americani, indispensabili per risollevare la situazione economica italiana, l’appoggio dell’establishment americano per riportare l’Italia nel novero delle relazioni internazionali dopo che vi era stata esclusa a Versailles nel 1919.
Che forme assunse l’intervento di Mussolini?
Quando il fascismo inizia a occuparsi del caso Sacco-Vanzetti, trova quasi due anni di attività diplomatica in tal senso. Nel novembre 1921 la Regia Ambasciata aveva già inviato al ministro degli Affari Esteri italiano una relazione sul caso dei due anarchici.
Intanto, nel corso della riunione del Comitato centrale dei Fasci italiani di combattimento, che ha luogo a Milano il 31 ottobre 1921, Benito Mussolini presenta un ordine del giorno concernente proprio sul caso dei due italiani. In esso si sostiene che l’esame delle testimonianze presentate durante il dibattimento esclude che i delitti commessi possano essere attribuiti a Sacco e Vanzetti, e che gran parte dell’opinione pubblica americana è insorta contro il verdetto pronunciato dalla Corte di Dedham.
Mussolini chiede al ministro degli Esteri di procedere a «vigilare e ad agire perché non avvenga – come già altre volte – che si condannino degli indiziati o degli arrestati per il solo delitto di appartenere alla razza e alla nazione italiana». Formalmente, Mussolini è investito della questione nel dicembre del 1922 da parte della sorella maggiore di Vanzetti che a nome di tutta la famiglia chiede un intervento a favore del fratello Bartolomeo e di Nicola Sacco. La posizione di Mussolini e del fascismo verso il caso Sacco-Vanzetti è complessa: tra le sue varie sfaccettature vi è anche quella di contenere entro termini accettabili la stessa solidarietà espressa da istituzioni fasciste italiane.
Per quali ragioni Mussolini intervenne a favore di Sacco e Vanzetti?
Un documento interessante in proposito è una nota del marzo del 1927, redatta dall’incaricato agli affari di Francia a Roma da parte dei suoi informatori. In essa, si afferma che il regime non tollera manifestazioni a favore dei due anarchici e che sono state prese tutte le misure necessarie per reprimere ogni mobilitazione. Per quanto riguarda la condotta del partito fascista, il rapporto parla di due tendenze che si erano manifestate: una pienamente concorde con la riservata linea di condotta adottata dal governo e dalle superiori gerarchie del partito; un’altra che avrebbe voluto invece un’esplicita protesta della direzione del partito e delle corporazioni.
Non dimentichiamo che per molti fascisti Sacco e Vanzetti prima di essere anarchici erano italiani, quindi scatta il senso identitario della difesa dell’italianità. Così come non si deve dimenticare che gli stessi italiani che in America si schierarono al fianco di Sacco e Vanzetti saranno poi i medesimi che esalteranno le imprese coloniali del fascismo ed esporranno in bella mostra nei luoghi di lavoro l’effige del Duce. Questo appoggio a Mussolini non è tanto dovuto a una convinta adesione ideologica al fascismo, quanto a una reazione identitaria contro le condizioni di vita subite negli Stati Uniti, anche in seguito alle leggi approvate nel 1924 contro l’immigrazione. Leggi che hanno fermato migliaia di italiani appena giunti nei porti americani e che hanno imposto restrizioni ai flussi migratori. In più, alcuni sindacati attuano discriminazioni a danno dei lavoratori italiani immigrati, nel timore che la presenza di questi ultimi sul mercato del lavoro provochi una diminuzione dei salari. La legge Johnson del 1924 è ben accolta dal sindacalismo storico americano, proprio perché i suoi membri reputano gli immigrati causa della contrazione delle retribuzioni. Inoltre, gli italiani erano sottoposti a tutti i pregiudizi e alle intolleranze razziste che colpivano gli immigrati, al primo posto troviamo proprio chi proveniva dall’Italia.
Questo fatto dell’italianità è un elemento trasversale che supera le ideologie: «Le nostre idee e concezioni politiche – si legge in un articolo di fondo del quotidiano “Il Lavoro” – sono molto lontane da quelle dei due agitatori che attendono nella cella della morte nelle carceri di Charlestown la fine di una terribile attesa che è dovuta da ben otto anni. Il nostro giornale fu il primo a elevare una voce di difesa in favore dei due sventurati, perché – al di sopra delle competizioni e dei conflitti politici – noi ci siamo preoccupati di difendere due nostri connazionali, due italiani colpiti da una sentenza sulla cui equità è lecito il dubbio non soltanto per l’ambiente in cui il processo si è svolto e per gli elementi che da otto anni si sono venuti mettendo in luce infirmando il responso del giudice Thayer».
Le stesse associazioni degli italiani emigrati nei vari paesi del mondo chiedono, in più occasioni, a Mussolini di intervenire per salvare i due anarchici: Sacco e Vanzetti sono due nemici del regime, ma rimangono due italiani e soprattutto, secondo una convinzione sempre più diffusa, due innocenti, e Mussolini, interviene in loro favore, invitando il consolato di Boston e l’ambasciata di Washington a offrire tutta l’assistenza legale necessaria, assistenza che però sarà rifiutata dal Comitato di difesa bostoniano.
Che interpretazione si può dunque dare di tale intervento: pura convenienza o sincero interesse?
Il fascismo, e in modo particolare la persona del Duce, avrebbe beneficiato di tutti i vantaggi da un atto di clemenza, con la commutazione della pena di morte al carcere a vita. In primo luogo, avrebbe tolto linfa all’opposizione politica italiana (per quel che poteva ancora esistere in Italia) e a quella fuori dai confini nazionali, presentando tutta l’operazione come un successo di Mussolini che salva la vita a due suoi oppositori politici.
Il comportamento di Mussolini ha diverse motivazioni: la ragion di Stato che porta, con gli evidenti interessi in gioco tra Italia e America, a non urtarsi con gli Stati Uniti; la necessità di non incrinare l’orgoglio nazionale; l’italianità dei due anarchici, simbolo della condizione dell’italiano emigrato e denigrato, che costringe il duce a spendersi in loro favore; la pressione dell’opinione pubblica mondiale impegnata nel tentativo di salvare i due anarchici; la convinzione della loro innocenza. Inoltre, forse nella sua psiche era ancora radicata una nostalgia del ricordo della sua gioventù ribelle e intemperante, di socialista rivoluzionario, una reminiscenza che gli avrebbe fatto esprimere simpatia e vicinanza ai due anarchici italiani.
D’altra parte, nel 1920, quando ormai la deriva autoritaria era iniziata e le camicie nere spandono violenza e sangue in Italia, Mussolini scrive ancora che «Nei libri di Kropotkin l’anarchia è una costruzione armoniosa che si elabora nel profondo, senza costrizioni di Governi, senza dittature di partiti o di persone».
Lo scalpore che sta agitando l’opinione pubblica mondiale e molti fascisti italiani porterà Mussolini, in prossimità della data di esecuzione di Sacco e Vanzetti, a prendere carta e penna e scrivere il 24 luglio 1927 una lettera all’ambasciatore americano a Roma Fletcher, non come capo del governo italiano ma come «uomo sinceramente amico». È una lettera personale: il Duce e tutta la diplomazia fascista hanno finora agito sempre informalmente, e anche in queste settimane così drammatiche mai Mussolini decide di compiere un forte passo ufficiale e formale verso gli Stati Uniti per chiedere la grazia o la revisione del processo
Benito Mussolini, il 17 ottobre 1927, durante una riunione del Consiglio dei Ministri, informa che da agosto a oggi «la vita all’interno della nazione si è svolta nella calma più assoluta. L’esecuzione di Sacco e Vanzetti, avvenuta il 20 [23 nda] agosto, non ebbe ripercussioni di sorta in Italia. La vita del paese non fu menomamente turbata». Il Duce ormai guarda avanti, nessun rammarico.
In tutti questi anni, nonostante i diversi interventi a favore di Sacco e Vanzetti, Mussolini ha chiare quali sono le sue priorità; tra esse sicuramente non c’era quella di porsi a capo di una campagna ufficiale in loro favore, creando contrasti con il governo americano.
Il 23 agosto 1927 a Boston con la morte di Sacco e Vanzetti, per Mussolini è la soluzione di un fastidioso problema in cui era stato coinvolto suo malgrado.