
di Aldo Cazzullo
Mondadori
«Cent’anni fa, in questi stessi giorni, la nostra patria cadeva nelle mani di una banda di delinquenti, guidata da un uomo spietato e cattivo. Un uomo capace di tutto; persino di far chiudere e morire in manicomio il proprio figlio, e la donna che l’aveva messo al mondo.» Con questa affermazione perentoria, che non dà adito a dubbi, si apre il nuovo libro di Aldo Cazzullo, noto giornalista e apprezzato autore, naturalmente dedicato alla memoria di don Giovanni Minzoni, Giacomo Matteotti, Piero Gobetti, Giovanni Amendola, Antonio Gramsci, Carlo e Nello Rosselli e di tutte le vittime del fascismo.
Le colpe del fascismo e del suo capo sono innegabili: «Mussolini prende il potere con la violenza, a prezzo di centinaia di vittime, e lo mantiene con la forza. Commette crimini contro altri popoli: reprime la rivolta della Libia chiudendo donne e bambini nei campi di concentramento (40 mila morti); fa sterminare gli etiopi con il gas; fa bombardare paesi e città inermi in Spagna; poi ordina le sciagurate aggressioni alla Francia, alla Grecia, alla Russia, regolarmente terminate con disastrose sconfitte; non per colpa dei nostri soldati, ma dell’impreparazione, dell’insipienza, della miseria morale del regime che a parole aveva preparato la guerra per vent’anni, e poi aveva mandato centinaia di migliaia di italiani a congelare e a morire senza indumenti adatti, armi, viveri, financo scarpe.»
Come ammise Mussolini stesso, in Parlamento: «Se il fascismo non è stato altro che un’associazione a delinquere, io sono il capo di questa associazione a delinquere».
E per il futuro? Quanto è reale il pericolo che il fascismo, coi suoi strascichi di violenza, ritorni? Certo, «oggi in Italia ci sono gli estimatori di Mussolini: pochi, ma non pochissimi. Troppi. Poi ci sono gli antifascisti convinti: molti, ma non moltissimi. E poi c’è la maggioranza. Che crede, o a cui piace credere, in una storia immaginaria, consolatoria, autoassolutoria.»
L’analisi di Cazzullo è però lucida e impietosa: «Io non so se esista un «fascismo eterno», come scriveva Umberto Eco. Tendo a credere che il fascismo sia un fenomeno legato alla parabola di un uomo, Benito Mussolini, su cui la maggioranza degli italiani si è fatta un’idea sbagliata, edulcorata, consolatoria.»
Nonostante si possa storicizzare quel fenomeno, consegnandolo al passato, il monito per ciascuno di noi è tuttavia ancora cogente: «Mussolini sostenne e impose con la forza idee che esistevano già, e che esistono ancora. Il fascismo non credeva che gli uomini nascessero liberi e uguali. Non credeva alla libertà, perché pensava che più della persona contasse lo Stato, che si identificava nel partito, che si identificava nel dittatore. Non credeva nell’uguaglianza, nella democrazia, nei diritti civili. Ogni volta che la libertà, l’uguaglianza, la democrazia, i diritti civili vengono negati o messi in discussione, non significa che stia tornando il fascismo; significa che le idee che il fascismo sostenne e impose con la forza non sono morte.»