
La storia dell’italiano è legata più alla cultura e all’arte che alla politica e all’espansione territoriale della nazione. Quest’ultima è nata nel 1861, e dunque non esisteva ancora quando l’italiano era già una lingua grande, anzi grandissima, ricca di poeti, da Dante in poi. Questa situazione è bellissima, e le altre lingue non l’hanno. La loro crescita è maturata sulla punta delle spade, non su quella delle penne.
Quali caratteristiche fanno dell’italiano una lingua fuori dal comune?
Appunto quello che ho detto: la sua storia è pacifica e straricca di arte e cultura.
Quando e come è nato l’italiano?
La data di nascita convenzionale è il 960 d.C., perché a quell’epoca risale il documento più antico conosciuto, e con data certa e certificata, in una lingua volgare di area italiana: il celebre Placito capuano. Ma ovviamente le lingue non nascono in un giorno; derivano da un lungo processo. L’italiano si è formato lentamente tra il IV e il IX secolo d.C., a partire dal latino volgare, il latino parlato. Il vero volgare italiano si è sviluppato nella Toscana medievale.
Quali vicende hanno segnato la storia della nostra lingua?
Non credo che queste vicende si possano raccontare in breve. Però i momenti fondamentali della storia della nostra lingua sono senz’altro il Trecento di Dante, Petrarca e Boccaccio, il Cinquecento di Bembo, e l’Ottocento di Manzoni, segnato dall’unità politica del Paese.
Come è mutato nel corso dei secoli l’italiano?
Per molto tempo è mutato poco, perché, non esistendo la nazione, non esisteva un popolo intero che parlasse italiano. Poi, dal 1861, le cose sono cambiate. Il mutamento si è fatto più veloce.
Quali rischi corre la nostra lingua?
Il rischio maggiore, come ho cercato di raccontare nel mio libro, è la disaffezione da parte della classe dirigente, unita a una certa ignoranza della gran massa della popolazione.
Qual è la dimensione internazionale dell’italiano?
Questa dimensione non ha il suo punto di forza nel numero dei parlanti, circa 60.000.000, con propaggini straniere, sia in Svizzera (dove l’italiano è lingua nazionale e ufficiale), sia tra i nostri emigrati di tutto il mondo. Questo non basterebbe. Direi che la forza internazionale dell’italiano ancora oggi sta nella nostra antica cultura (si pensi al successo del teatro lirico in tutto il mondo), e anche nel fatto che la Chiesa cattolica romana adopera l’italiano, che ormai è anche la lingua che i Papi usano nei loro discorsi, in Italia e all’estero.
L’italiano, coi suoi circa 60 milioni di parlanti, appare come un’isola nell’oceano delle lingue di uso internazionale: quale futuro per la nostra lingua?
Il futuro non dipende dal numero. Dipende dall’affezione alle proprie tradizioni. Altrimenti popoli come quello basco non esisterebbero più. Il futuro, dunque, dipende da noi, da quella classe dirigente verso la quale nutro qualche dubbio, perché ritengo che non abbia capito quanto l’italiano è importante.
Lei è Presidente dell’Accademia della Crusca: quale fondamentale ruolo svolge l’istituzione da Lei presieduta nella difesa e nella preservazione della nostra lingua?
Credo sia davvero un ruolo fondamentale, di promozione, di controllo, di analisi e studio. Del resto anche in Francia e in Spagna ci sono accademie consorelle, nate proprio a imitazione della nostra, con compiti analoghi. In definitiva, quando qualcuno aggredisce la nostra lingua (e purtroppo accade), noi siamo pronti a fare la nostra parte.
Claudio Marazzini, linguista, dal maggio 2014 è Presidente dell’Accademia della Crusca. Professore ordinario di Storia della lingua italiana presso il Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università degli Studi del Piemonte Orientale Amedeo Avogadro (Vercelli), è anche autore di molti saggi, libri e articoli su riviste specializzate.