
di Javier Milei
goWare / Tramedoro
Prende nome dallo slogan per antonomasia del neoeletto Presidente argentino, Javier Milei, la raccolta, la prima in lingua italiana, di alcuni tra i suoi migliori saggi economici, pubblicati su diverse testate argentine.
Nemico giurato del socialismo, il professore argentino mette il dito nella piaga di tutti quei luoghi comuni difesi strenuamente dai collettivisti, che da oltre mezzo secolo imperversano nel suo paese natale con l’etichetta di “peronisti”.
Scrive Milei: «Nonostante gli attacchi e la denigrazione che sono state mosse al sistema capitalistico, richiama l’attenzione il fatto che, anche senza aver avuto l’intenzione di farlo, qualsiasi miglioramento dell’economia dipende dall’accumulo di capitale, dal costante aumento della produzione e dal miglioramento dei suoi strumenti, dove il capitalismo ha fatto molto più di qualsiasi altro sistema per promuovere questo benessere».
Ecco un saggio del suo pensiero sulle tasse dal titolo Il furto della redistribuzione. Il nostro nemico é lo Stato: «La missione primaria del pensiero libertario è di opporsi ad ogni singola aggressione ai diritti di proprietà individuale, alla persona e agli oggetti che ha acquisito volontariamente. Naturalmente, i criminali, sia presi individualmente che in bande, si oppongono a questo, ma in questo senso parrebbe non esserci nulla di distintivo nel credo libertario, poiché tutte le persone e le scuole di pensiero rifiutano l’esercizio aleatorio della violenza contro l’individuo e la proprietà. Tuttavia, la differenza fondamentale tra i libertari e gli altri non riguarda l’ambito della criminalità privata, ma il loro punto di vista sul ruolo dello Stato, cioè del governo. Per i libertari, lo Stato è l’aggressore supremo, l’eterno, il meglio organizzato contro le persone e le proprietà degli individui; cioè, lo stato è un’organizzazione criminale. Lo stesso vale per tutti gli Stati, siano essi democratici, dittatoriali o monarchici e senza distinzione di colore.
Per il libertario c’è una differenza cruciale tra il governo e il resto delle istituzioni sociali. Su un fronte, vi sono individui o gruppi che ricevono il loro reddito attraverso pagamenti volontari: sia attraverso un contributo volontario o una donazione, sia attraverso l’acquisto volontario dei loro beni o servizi sul mercato. Il loro successo consiste nel servire gli altri fornendo il miglior prodotto/servizio al minor prezzo possibile. Franz Oppenheimer definì questo metodo il “mezzo economico”. Sull’altro fronte, c’è il metodo del furto applicato tramite l’uso della violenza. In questo senso, solo il governo è autorizzato a trovare risorse con la coercizione e la violenza, cioè con la minaccia diretta della confisca o della detenzione se il pagamento non gli viene effettuato.
Questo prelievo coercitivo è la riscossione delle tasse ed è quello che Oppenheimer ha definito il “mezzo politico”. Chiaramente è un metodo parassitario, poiché richiede una produzione precedente che lo sfruttatore può confiscare, e questo, invece di aggiungere il suo contributo alla produzione totale della società, sottrae solo le sue risorse.
La “tassazione” è, puramente e semplicemente, un furto, un furto su larga e colossale scala, che nemmeno i più grandi e noti criminali possono sognare di realizzare. E come se tutto questo non bastasse, solo il governo può usare i suoi fondi per commettere atti di violenza contro i suoi cittadini o contro altri. Per questo motivo, lo Stato può essere definito come l’organizzazione dei mezzi politici che si basa sulla sistematizzazione del processo predatorio su una data area territoriale. Una specie di mafia con “supporto legale”. […]
Insomma, nella società solo il governo ha il potere di attaccare i diritti di proprietà dei suoi cittadini, sia per ottenere delle rendite, sia per imporre il suo codice morale o per uccidere coloro con cui non è d’accordo. Inoltre, ogni governo, anche il meno dispotico, ha sempre ottenuto la parte più importante delle sue entrate attraverso la riscossione coercitiva delle tasse. Nel corso della storia è stato il principale responsabile della schiavitù e della morte di innumerevoli esseri umani. E poiché i libertari rifiutano fondamentalmente qualsiasi aggressione contro i diritti delle persone e della proprietà, essi si oppongono all’istituzione dello Stato in quanto intrinsecamente esso è il più grande nemico di quei preziosi diritti.
Non importa quanto piccolo sia il potere del governo, non importa quanto basso sia il carico fiscale o quanto egualitaria la sua distribuzione, per sua stessa natura esso crea nella società due classi disuguali e intrinsecamente conflittuali: 1) coloro che pagano le tasse (“i contribuenti”) e 2) i parassiti che vivono delle tasse. […]
Pertanto, in una società veramente libera in cui tutti i diritti individuali della persona e la proprietà dei suoi beni sono rispettati, lo Stato dovrebbe necessariamente cessare di esistere.»