“Viva il latino. Storie e bellezza di una lingua inutile” di Nicola Gardini

Prof. Nicola Gardini, Lei è autore del libro Viva il latino. Storie e bellezza di una lingua inutile edito da Garzanti. Studiare latino è davvero inutile?
Viva il latino. Storie e bellezza di una lingua inutile, Nicola GardiniNo, non lo è per nulla. L’aggettivo “inutile” del sottotitolo ha valore ironico, antifrastico. Il latino è parte, anzi, origine, di tutto un sistema culturale, e lingua di una civiltà antica fondativa. Lo si studia perché ha espresso grandi contenuti, per come li ha espressi, cioè con un’arte sopraffina della parola e del ragionamento che da sola è una scienza, e per l’influenza che ha avuto sullo sviluppo del sapere. Il latino è necessario, né utile né inutile. Studiarlo da giovani – prima di qualunque specializzazione universitaria – porta a conoscere le origini della storia culturale europea e favorisce l’immaginazione, la consapevolezza linguistica, la molteplicità dei punti di vista.

I ragazzi italiani trascorrono 5 anni a studiare latino per poi, al termine di questo intenso ciclo di studi, stentare una traduzione di poche righe con l’ausilio pure di un dizionario: cosa c’è che non va?
Non c’è nulla che non vada. La domanda così posta tradisce alcuni gravi pregiudizi. La traduzione è uno dei compiti più alti che lo studio imponga: non è questione di righe. Si potrebbe chiedere agli studenti di tradurre anche solo una frase di poche parole. Quanto acume occorre per intendere i rapporti di senso, la sintassi, le valenze metaforiche dei termini, il ritmo, lo stile! Tradurre non è cercare il significato dei termini su un dizionario. L’uso del dizionario, poi, impone da solo un lavoro attento di scelta e di interpretazione. Il latino è lingua complessa. Non forma la frase come la formiamo noi moderni, quando parliamo. È lingua scritta dalle regole e dagli usi molto complessi, lingua artistica, lingua dei rapporti architettonici, talvolta segreti.

In un mondo sempre più informatizzato e anglofono, quale ritiene potrà essere il futuro del latino?
Ancora pregiudizi, mi permetta. Ancora un modo di porre le questioni in modo scorretto. Il latino NON compete con le lingue parlate, non più della musica classica o della Venere di Botticelli. Il latino NON è minacciato dall’inglese e dall’elettronica. Tra l’altro gli studi del latino fervono in Inghilterra e in America. Lo ripeto: il latino è lingua scritta, lingua di una vasta letteratura, che tutti i campi del sapere ha saputo affrontare, miracolosamente scampata alla distruzione del tempo, grazie a un lavoro amoroso di trasmissione e di conservazione. Nell’era dell’elettronica il latino è favorito da nuovi strumenti di indagine – repertori, archivi, lessici, biblioteche digitali, che sono per la prima volta a disposizione sia degli specialisti sia dei lettori comuni. L’elettronica può solo favorire la conoscenza del latino.

Lei insegna all’Università di Oxford: qual è l’approccio alla lingua di Cicerone da parte degli studenti non italiani?
C’è grandissimo rispetto per il latino, perché lo si prende per quello che è: un necessario campo del sapere. La Facoltà di Lettere Classiche di Oxford è in continua crescita. Il mondo del lavoro stesso, in Inghilterra, ammira chi studia il latino. Se sai il latino, vuol dire che ti piace la complessità, vuol dire che hai un modo anticonvenzionale di affrontare le cose, vuol dire che non hai paura delle difficoltà e che ti diverti a districare le matasse più ingarbugliate… Se sai il latino, vuol dire che sei pronto a svolgere qualunque compito dirigenziale. Il latino è giustamente considerato “scienza”: ossia, osservazione, speculazione, analisi, sintesi. Sono le capacità richieste anche a un fisico.

Come è nata l’idea di scrivere questo libro?
L’idea è venuta all’editore, Garzanti. Io l’ho accolta subito, perché il latino lo conosco da molti anni, mi ci laureai, e lo oggi frequento sia come professore universitario sia come scrittore sia come lettore. Io leggo continuamente gli autori latini. Ho pensato a un modo per parlare del latino in modo non scolastico, raccontando il mio amore, i miei studi, e passando attraverso i momenti più belli di quella lingua. Ne è uscita una specie di “vita del latino”, dove certi autori e certi passi fanno da episodi. Alla fine sono riuscito a soddisfare varie esigenze: raccontare, informare, spiegare, offrire anche un modo diverso di leggere i testi antichi, e difendere l’importanza degli studi classici.

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