
Le brevi introduzioni che caratterizzano le quattro parti dell’opera offrono – quasi come il «la» offerto dal diapason – la guida per accostare le varie ricerche e testimonianze. I 94 Personaggi che hanno collaborato si ritrovano tutti quali artefici di un’armonia in cui la nota dominante è sempre costituita da quel «la» che è la Parola di Dio rivelata nella storia; una Parola che si è fatta Carne nel tempo; una Parola che continua a farsi Storia fino alla fine dei tempi!
Chi si accosta all’opera rimarrà sorpreso soprattutto nello scorrere l’articolazione della terza parte. Sotto il titolo «artes liberales» si può constatare le pluriformi modalità attraverso cui la Parola si fa carne nei contesti della scienza e della ricerca, nell’ambito del linguaggio musicale, nella splendida pagina della pittura e dell’architettura, nelle sfide offerte, raccolte e rilanciate dalla filosofia, dalla psicologia, dalla teologia. Lo sguardo sulla letteratura permette di cogliere numerose sorprese. E finalmente la tematica della comunicazione: è sempre la Parola che attende di essere “comunicata” perché la sua “incarnazione” sia lievito di cultura e di aiuto allo sviluppo integrale della persona.
Che intreccio esiste tra rivelazione e cultura?
Se complessa può risultare la definizione di cultura, più immediata è la comprensione del rapporto tra cultura e Rivelazione cristiana. Tutto si muove da una constatazione: Dio si è fatto storia in una peculiare cultura; nella cultura di un Popolo – il Popolo dell’Alleanza – che si è trovato a vivere a contatto, e spesso in forte dialettica, con numerosi altri popoli dai quali, talvolta, ha recepito linguaggi ed espressioni che poi sono state rielaborate e che hanno condizionato – positivamente – la redazione dei testi soprattutto di quelli dell’Antico Testamento. La stessa situazione si è presentata quando l’annuncio del Vangelo si è mosso dalla cultura semitica per incontrarsi con quella ellenistica e poi latina allora dominanti attorno al bacino del Mediterraneo. La Rivelazione, dunque, si è fatta carne – si è inculturata – nelle più diverse forme culturali. Anzi talvolta l’opera degli evangelizzatori è stata sorgente di elementi che hanno dato vita alla cultura di un popolo: si pensi, per esempio, all’opera di Cirillo e Metodio con l’invenzione dell’alfabeto cirillico!
Il rapporto tra rivelazione e cultura lo si constata anche oggi. Quante espressioni che caratterizzano l’odierno linguaggio provengono dalla Rivelazione; anche questo può essere considerato il segno di una Parola che è passata nel parlare ordinario della gente condensandosi in espressioni idiomatiche o in proverbi e modi di dire.
Come rileggere oggi il mistero dell’incarnazione del Verbo nel contesto storico-salvifico degli inizi del terzo millennio della fede cristiana?
È questa la perenne sfida affidata alla Chiesa: annunciare il Vangelo come risposta al comando che Gesù ha affidato ai Suoi apostoli. Nell’accettazione di quel messaggio si attua lungo i sentieri della storia il mistero dell’Incarnazione di una Parola che è vita, e che, sola, dà senso ad ogni esistenza umana.
Anche gli inizi del terzo millennio sono caratterizzati da questa sfida. E così sarà fino alla fine dei tempi, perché in ogni tempo l’Incarnazione del Verbo attende di essere attuata nei più diversi contesti propri della natura, della persona, dei popoli… Si pensi, per esempio, a quanto racchiuso nella Dottrina sociale della Chiesa; al ruolo positivo per una pacifica convivenza che possono avere, se attuati, i principi per una fratellanza compresa e condivisa e soprattutto attuata.
Nello stemma episcopale del card. Ravasi compare l’esortazione paolina «Prædica Verbum»: in quali forme e contesti si è indirizzata la ricerca del Festeggiato in vista di una unità della cultura universale?
Il lettore che prende in mano la Miscellanea e che ha il coraggio di scorrere le numerose pagine dove sono raccolti i titoli delle pubblicazioni del Cardinale resterà sorpreso. Dal 1972 al 2022 è impressionante la serie dei titoli. All’ambito dei volumi va poi annoverato anche quello di un’infinità di interventi in vari periodici come settimanalmente o mensilmente possiamo beneficiare.
In ogni intervento c’è sempre un’eco di quel comando che san Paolo rivolge al collaboratore e amico Timoteo quando gli scrive una seconda lettera e gli raccomanda di predicare la Parola (2 Tim 4,2). È un comando che riecheggia nel tempo e che il Cardinale ha voluto assumere come impegno prioritario della sua vita affidandolo anche al cartiglio dello stemma! Ed è raccogliendo questo impegno che si può collaborare ad un sviluppo ed una unità a servizio della cultura universale.
Nel suo pregevolissimo contributo, il Card. José Tolentino de Mendonça offre una lettura di At 17,28, l’unico luogo in cui il Nuovo Testamento impiega la parola poeti: in che modo il cardinal Gianfranco Ravasi si è reso protagonista di un cambiamento metodologico nelle scienze bibliche?
Quanto avvenuto nell’areopago di Atene è emblematico per molteplici percorsi di riflessione e di sfide. L’apostolo Paolo è stato formidabile nel saper agganciare l’annuncio ad un passaggio letterario – poetico in particolare -. Il termine «poeta» è un unicum in tutta la Bibbia. Ma questo non deve farci trascurare le numerose espressioni poetiche che infiorettano le tante pagine della Bibbia. Si pensi ai Salmi e ai Cantici presenti nell’Antico come nel Nuovo Testamento, come ad esempio il Magnificat.
Ma l’attenzione ricordata dal Cardinale – oggi prefetto del Dicastero della Cultura e dell’Educazione – sollecita una sensibilità che è doveroso acquisire nel saper accostare il mondo della Bibbia da prospettive diversificate. È la storia di un popolo quella che vi è racchiusa; ma è anche il paradigma della storia dell’umanità di sempre.
Il servizio della comunicazione ha caratterizzato il ministero del card. Ravasi: in che modo Egli si è mosso tra cultura e ruolo della grazia?
In un certo senso si può dire che si è trattato della declinazione concreta del titolo stesso della Miscellanea, «Verbum caro». Il Verbo divino ha in sé una sua potenza ed efficacia quando è offerto nella sua autenticità: si pensi solo all’impatto che genera la lettura dei Vangeli dalla quale – credenti o non credenti – non si può uscire indenni. È ciò che la teologia assegna alla “grazia” divina che, come ricordava san Paolo, precede ed eccede la risposta umana.
Quest’ultima, però, nella sua libertà rimane altrettanto decisiva: è appunto la caro, la “carne”, ossia la storia e la cultura umana, il terreno nel quale il Verbo viene seminato, opera, giudica e salva. Le due dimensioni si unificano nella persona di Gesù Cristo in cui divinità e umanità si incrociano pienamente. La linea interpretativa dell’azione del Cardinale si colloca proprio lungo questi due registri di annuncio del Verbo e di “incarnazione” nelle coordinate della storia attuale.
L’opera accoglie anche le più variegate testimonianze di amicizia al Festeggiato e le espressioni di riconoscenza, comprese quelle di giovani che hanno partecipato ai lavori della Consulta giovanile presso il Pontificio Consiglio della Cultura: come si è indirizzato l’apostolato del card. Ravasi quale Presidente del Dicastero vaticano?
La prospettiva fondamentale adottata dal Cardinale è stata quella del dialogo nel duplice senso etimologico della matrice greca di questo termine. Da un lato, l’intreccio (dià-) tra due lógoi, “discorsi” differenti che si esprimono liberamente e si ascoltano reciprocamente. D’altro lato, lo sforzo di approfondimento (dià– come “giù, in fondo”) della riflessione impedendo la deriva dell’approssimazione, della superficialità, del rifiuto pregiudiziale.
In questa luce si comprende la scelta di Ravasi di interpellare due tipologie socio-culturali fondamentali, come quelle delle culture giovanili e femminili con le loro identità specifiche, ma anche con la necessità di riconoscere le comuni componenti umane che esse hanno con le altre tipologie (degli anziani o maschili e di genere). Da questa esigenza sono nate le due Consulte, la femminile e la giovanile, con particolare attenzione al linguaggio specifico e alle relative espressioni di ciascuna di esse. Si pensi solo al tema della musica, come comunicazione fondamentale tra i giovani, secondo canoni specifici, oppure alle istanze ecclesiali e sociali avanzate dalla presenza femminile nella società.
Manlio Sodi è Professore Emerito di Letteratura latina medievale presso la Facoltà di Lettere Cristiane e Classiche dell’Università Pontifica Salesiana di Roma