“Vecchi libri e nuove storie. Introduzione agli studi sulla cultura del libro e della stampa” di Leslie Howsam

Vecchi libri e nuove storie. Introduzione agli studi sulla cultura del libro e della stampa, Leslie HowsamVecchi libri e nuove storie. Introduzione agli studi sulla cultura del libro e della stampa di Leslie Howsam, traduzione dell’originale inglese Old Books and New Histories: An Orientation to Studies in Book and Print Culture di Roberta Cesana, edito da Mimesis, rappresenta un’introduzione alle discipline del libro, in particolare allo studio della cultura del libro e della stampa: «Lo studio della cultura del libro è così vasto da essere intrinsecamente disorientante […] : il libro non è soltanto il prodotto stampato (comprende infatti anche i manoscritti e altre forme scritte), non si limita al formato del codex (comprende i periodici e i testi elettronici, i rotoli e le pergamene).»

Uno specifico metodo interdisciplinare caratterizza la materia: «Le tre discipline fondamentali che convergono nello studio della cultura del libro e della stampa sono la storia, la letteratura e la bibliografia, che si focalizzano sul libro rispettivamente come operazione culturale, testo letterario e oggetto materiale.»

Gli studi sulla cultura del libro «si avvalgono di un ampio spettro di metodi di ricerca e di approcci disciplinari» per rispondere a domande come «Chi ha ispirato la composizione di questo libro? Chi è intervenuto per cambiare, distorcere, revisionare le parole o la forma materiale […]? Che dire di quanti si sono guadagnati da vivere producendo quel manufatto, immettendolo sul mercato, gestendone la collocazione nelle biblioteche? […] Possiamo avvicinarci al modo di pensare di coloro che si sono serviti di questo libro per scopi personali – per cambiamenti politici o per vantaggi materiali, per affermare l’identità nazionale, trarne piacere personale o stimolare appetiti intellettuali, spirituali, estetici, sensuali o di altro genere?». In ciò essi «mettono in luce il tessuto connettivo tra i lettori e gli scrittori e si pongono domande circa i rapporti reciproci.»

«La storia della scrittura e quella della lettura si muovono a ritroso e si dilatano, andando ben oltre l’introduzione della stampa a caratteri mobili nell’Europa del Quattrocento, ma per coloro il cui interesse si concentra sui periodi successivi a Gutenberg in Occidente a imporsi è l’espressione cultura della stampa, che racchiude in sé sia la natura materiale della parola stampata sia il suo contesto culturale. La cultura della stampa mostra per le forme effimere, come i quotidiani e i periodici, la stessa attenzione che rivolge ai solidi volumi rilegati, e presta pari interesse ad annunci pubblicitari e testi canonici, ma ha i suoi limiti temporali, perché ignora non solo la produzione e la circolazione dei manoscritti nei tempi antichi, ma anche i problemi intellettuali insiti nel necessario patteggiamento con i testi elettronici.»

Per la scuola storica francese «il libro è di grande interesse in quanto dice molto sulla diffusione delle idee e, in maniera più astratta, sulle mentalités o sulla cultura. L’histoire du livre nacque in seno all’École des Annales, che si occupava della ricerca e della pratica storica ed esaminava il materiale letto dalla classe operaia in parallelo con le tendenze demografiche o di altro tipo nella storia sociale».

Gli studi di storia del libro sono stati fortemente influenzati dal lavoro di Marshall McLuhan. Ne La galassia Gutenberg (1962) e Gli strumenti del comunicare (1964) il sociologo canadese si occupa dell’impatto culturale dell’introduzione della stampa a caratteri mobili. «La tesi di La galassia Gutenberg è che l’invenzione della stampa a caratteri mobili ebbe un effetto profondo sugli eventi – e non un effetto singolo, ma un’intera galassia o configurazione di eventi. McLuhan introdusse il potente concetto di «cultura della stampa», che «alludeva a nessi tra la nuova invenzione e i mutamenti culturali del periodo, senza specificarne sempre la natura». Quando sosteneva che il torchio da stampa aveva segnato la fine della cultura del manoscritto […] esprimeva […] la convinzione, o la sensazione, che fosse avvenuta una profonda frattura. […] McLuhan sosteneva inoltre che la stampa promuoveva il nazionalismo e le lingue nazionali, e favoriva il senso di un’identità privata (in quanto i singoli lettori possedevano le copie dei libri a stampa).»

Secondo Elisabeth Eisenstein «il passaggio dalla scrittura alla stampa costituisce la rivoluzione inavvertita nella storia dell’Europa» A suo avviso, «fu la stampa – delle Scritture (e dei trattati) nelle lingue vernacolari europee –», “fissando” i testi delle opere del Rinascimento e della Riforma, «a fare dell’eresia luterana una riforma permanente piuttosto che uno scisma di dimensioni locali che Roma avrebbe potuto reprimere facilmente. Anche per quanto riguarda la scienza, o ‘filosofia naturale’, […] è grazie al fatto che la tecnologia della stampa servì a fissare il testo delle opere se il dibattito assunse l’autorevolezza che oggi ha.»

«L’elemento umano è fondamentale per caratterizzare il libro come agente nella storia. Gli scrittori e i lettori hanno il loro posto, ma è l’attività di mediazione degli editori a essere particolarmente rilevante (nei primi secoli, il ruolo di mediatore che spetta all’editore apparteneva ai cartolai, ai librai o ad altri attori della produzione o della distribuzione). La loro importanza è stata descritta da Chartier:
L’attività editoriale che sceglie o ordina i testi, controlla le operazioni con le quali i testi diventano libri, e ne assicura la distribuzione tra i compratori, è certamente il processo fondamentale nel quale si manifesta l’interconnessione tra la storia delle tecniche e la storia della produzione, tra la sociologia dell’attività libraria e la sociologia della lettura, tra lo studio fisico dei libri e lo studio culturale dei testi.»

«L’attività libraria è intrinsecamente commerciale. È quindi comprensibile che la sua storia rifletta il passaggio dal sistema precapitalistico a quello capitalistico, e che in alcuni luoghi sia legata all’esperienza comunista o ad altre ideologie. L’idea che l’editoria sia culturale e commerciale, e che il libro sia una merce e nello stesso tempo un’opera d’arte letteraria, ha puntellato il giudizio degli studiosi per molti anni. […] Un modo per riconoscere la natura commerciale dell’attività libraria è riflettere […] sull’eccezionalità che al lettore arrivi gratuitamente del materiale a stampa.»

«Alcune pietre miliari della letteratura, come la nascita del romanzo», poi «sono in relazione diretta con la remunerazione economica riconosciuta agli autori e ai loro eredi.»

Insomma, «Il libro è il «manufatto comune» di D.F. McKenzie, presente in molte culture. Le vicissitudini della sua esistenza si svolgono nel «silenzioso bazar» di Benedict Anderson dove convergono esigenze commerciali e istanze culturali.»

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