“USA-Cina. Una guerra che dobbiamo evitare” di Kevin Rudd

USA-Cina. Una guerra che dobbiamo evitare, Kevin RuddUsa-Cina. Una guerra che dobbiamo evitare
di Kevin Rudd
traduzione di Daniela Pezzella e Monica Pezzella
Rizzoli

«Lo stato attuale delle relazioni USA-Cina è il prodotto di una storia lunga, complessa e contestata. Negli ultimi centocinquant’anni ambo le parti hanno contribuito ad aggravarne la complessità incolpandosi a vicenda per i fallimenti del loro rapporto. Ciò che emerge attraverso i secoli è il filo rosso dell’incomprensione reciproca e di un profondo sospetto, cui hanno spesso fatto seguito periodi di speranze e aspettative esagerate, crollate di volta in volta di fronte a imperativi politici e strategici fondamentalmente diversi.

Andando al succo, le relazioni moderne tra Cina e Stati Uniti si sono basate su interessi economici comuni. In alcuni casi, a determinare i loro rapporti è stata la necessità di collaborare strategicamente contro un nemico comune, prima l’Unione Sovietica e, dopo l’11 settembre, in misura molto più limitata, l’islamismo militante. Più di recente si è innalzato un ulteriore pilastro a unire le due forze, ossia la preoccupazione, condivisa da americani e cinesi, per la stabilità finanziaria globale e l’impatto dei mutamenti climatici. I diritti umani sono invece sempre stati un punto di attrito nelle fondamenta del rapporto tra i due Paesi, assumendo o perdendo importanza nell’ultimo mezzo secolo di impegno diplomatico. […] Da un punto di vista complessivo, nel corso della storia moderna di ambo i Paesi questi vari pilastri (economico, geostrategico e multilaterale), se presi insieme, hanno sostenuto la loro relazione in maniera relativamente robusta. Ma a uno a uno, nell’ultimo decennio, ciascun pilastro si è incrinato […].

La maggior parte degli americani, anche chi appartiene alle élite più acculturate, fatica a capire la natura della politica interna e dei processi decisionali politici della Repubblica popolare cinese. Il che è comprensibile data la divergenza linguistica, culturale e filosofica tra i due Paesi. Ciò conduce alla più basilare percezione che l’America ha della Cina, ovvero un profondo senso di differenza, mistero e confusione su ciò che la Cina è, ciò che sta diventando e ciò che questo potrebbe significare per gli interessi americani, i valori e il futuro della leadership globale degli Stati Uniti. […]

Riguardo alla Cina in particolare, la mancanza di familiarità da parte dell’America con il canone culturale cinese, il suo sistema logografico, i suoi antichi concetti etici e la sua leadership comunista contemporanea rischiano di indurre gli statunitensi a sentirsi incerti e diffidenti nei confronti di questo rivale appena emerso nella sfera della leadership globale.

Un tale abisso di crescente sfiducia non si è certo sviluppato da un giorno all’altro. È cresciuto per molti anni, alimentato da una vasta gamma di percezioni politiche e strategiche accumulatesi nel tempo. Nelle capitali di entrambi i Paesi c’è l’intima convinzione che gli approcci diplomatici adottati da ciascuna parte nei confronti dell’altra non siano più credibili, che siano una finzione diplomatica, appunto, divergente dalla realtà strategica dei fatti […]. Washington non crede più nell’autoproclamata «ascesa pacifica» della Cina. […]

Se in passato uno dei principali fattori che hanno dissuaso la Cina dall’impegnarsi militarmente contro gli Stati Uniti è stata la convinzione cinese di essere ancora troppo debole per intraprendere una simile impresa, tale esitazione oggi sta svanendo grazie alla rapida modernizzazione dell’EPL. La precaria evoluzione degli equilibri di potere USA-Cina è ciò che Graham Allison di Harvard […] ha definito come un’emergente «dinamica tucididea». Nella Storia della guerra del Peloponneso di Tucidide, l’antico storico giunge infatti alla conclusione che «furono l’ascesa di Atene e la paura che questa instillò a Sparta a rendere la guerra inevitabile». Allison asserisce che la Trappola di Tucidide è «il naturale, inevitabile scombussolamento che si verifica quando una potenza in ascesa minaccia di spodestare una potenza dominante». Nella logica tucididea, la minaccia di tale destabilizzazione provoca uno stress strutturale nel rapporto tra le due potenze, il che trasforma uno scontro violento nella regola anziché nell’eccezione. […]

Nell’attuale fase delle dinamiche del rapporto USA-Cina, è piuttosto facile immaginare un flusso di eventi che sfoci in una sorta di Guerra fredda 2.0 che, a sua volta, rischierebbe di scatenarne una calda. A questo punto e di questi tempi, le prime fasi di tale conflitto potrebbero essere di natura interamente cibernetica. […] Non si esclude la possibilità che un eventuale conflitto coinvolga anche preesistenti cooperazioni militari. L’America ha alleati asiatici che ha giurato di proteggere; le ambizioni della Cina cozzano con queste alleanze. Da Taiwan al mar Cinese meridionale, dalle Filippine al mar Cinese orientale fino al Giappone, la Cina sta mettendo sempre più a dura prova l’impegno di difesa dell’America.

Mentre l’obiettivo principale di Pechino per la modernizzazione e l’espansione delle proprie forze armate è quello di prepararsi per le future contingenze di Taiwan, le crescenti capacità militari, navali, aeree e dell’intelligence cinese rappresentano, nell’ottica americana, una sfida fin troppo ambiziosa al predominio militare degli Stati Uniti nella più ampia regione indopacifica e oltre. A preoccupare gli Stati Uniti sono soprattutto la rapida espansione e modernizzazione della Marina cinese, con le sue risorse sottomarine in costante incremento, e il perfezionamento, per la prima volta nella storia della Cina, di una flotta d’altura con una capacità di proiezione oltre le sue acque costiere. […] Si aggiunga a ciò il più ampio modello di collaborazione militare e navale con la Russia […]. Tutti elementi che hanno indotto gli strateghi militari americani a concludere che i colleghi cinesi ambiscano a molto più del solo stretto di Taiwan. I progressi tecnologici cinesi nello spazio, nel cyberspazio e nell’intelligenza artificiale hanno inoltre portato taluni a Washington a ipotizzare che, qualunque sia la politica dichiarata dalla Cina, le ambizioni strategiche di quest’ultima si estendano sia a livello globale sia regionale. […] Da più punti di vista, quindi, molti degli elementi della Trappola di Tucidide sono già presenti nelle odierne relazioni USA-Cina. […]

Non sono così ingenuo da credere che un quadro congiunto, concordato e organizzato su un’ipotesi di concorrenza strategica gestita impedirebbe alla Cina e agli Stati Uniti di continuare a escogitare strategie volte l’una contro l’altra, attingendo a piene mani dalle proprie risorse e dalla comprovata esperienza di governo per mantenere (o ottenere) un primato a lungo termine. Ma gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica, in seguito all’esperienza quasi fatale della crisi dei missili di Cuba, alla fine concordarono un quadro politico e strategico per gestire le proprie, tesissime relazioni senza sconfinare nell’annientamento reciproco. È senza dubbio possibile che America e Cina facciano altrettanto nelle circostanze geopolitiche di oggi, persino meno complesse di quelle di allora. È da questa speranza che nasce l’idea di una competizione strategica gestita.»

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