“Uomini e no” di Elio Vittorini: riassunto trama

Uomini e no, Elio Vittorini, riassuntoUomini e no
di Elio Vittorini
 

«Non ha nemmeno un nome, il protagonista di Uomini e no, perché si chiama solo «Enne 2»: è il nome di battaglia del protagonista del libro, un gappista, che fa parte dei gruppi di azione partigiana che combattevano dietro le linee nemiche, cioè nell’Italia occupata, tra il 1943 al 1945. Enne 2 vive a Milano, lavora alle spalle dell’esercito tedesco e delle milizie repubblichine, cercando di colpire, volta per volta, i personaggi più in vista e di eliminare quelli più pericolosi per la lotta partigiana.

Nella storia, che si snoda tra un attentato, un assalto a una caserma e il tentativo di uccidere un seviziatore, trovano spazio anche i rapporti personali che Enne 2 ha con gli altri protagonisti del romanzo. Sono rapporti complessi, dominati dall’angoscia della continua violenza che il partigiano deve operare e dalla difficoltà di giustificarla. Gli uomini si chiedono perché si deve uccidere, e se è giusto uccidere; soprattutto quando ci sono delle rappresaglie, e vengono trucidate dieci persone per ogni tedesco ucciso. È giusto lasciare che vengano sacrificati dieci dei nostri per ogni nemico? Perché così accade dopo alcune azioni dei partigiani. La risposta è sempre una sola: ci siamo chiesti, quando non potevamo colpire, come fare per liberarci di un invasore violento e odioso; oggi, che abbiamo gli strumenti per farlo, dobbiamo farlo perché è il nostro dovere.

Questo il ragionamento di Enne 2 e questo è il modo in cui tutti i partigiani vivono, malgrado abbiano alle spalle una famiglia, degli affetti, una casa, posti dove vorrebbero stare. «Come animali inseguiti», dice Vittorini, «esponevano la loro vita, perché era necessario. Volevano conoscere il perché delle cose. E il perché delle cose è che, quando si lotta contro un nemico profondo che nega la nostra libertà, non si devono avere momenti di compassione.»

Le ragazze che ruotano intorno al protagonista del libro di Vittorini sono quelle che gli permettono di sopravvivere negli interstizi di una vita alla macchia, tra i controlli a tappeto dei fascisti e dei tedeschi. Vivere nascosti vuol dire anche non poter avere affetti. Eppure, malgrado questo, a un certo punto ritorna, dal passato di Enne 2, una donna che dieci anni prima si era sposata con un altro, ma che lui ama ancora. La incontra nella stanzetta dove vive e, per un momento, sembra che la vicenda possa avere una svolta: Enne 2 sogna di fuggire con lei, anche se dentro di sé sa che non può succedere, perché la sua vita è un’altra, perché il suo destino è quello di un perseguitato, perché prima o poi qualcosa che renderà impossibile una fuga accadrà.

E infatti, durante uno degli assalti, alcuni suoi compagni muoiono: il gruppo è ricercato, la fuga è difficile, la liberazione è lontana. Accade che piano piano, dentro Enne 2, nasce la consapevolezza di dover fare qualcosa di talmente terribile che non potrà non strapparlo all’affetto di Berta. La aspetta, per certi versi spera disperatamente che arrivi, che lo costringa a fuggire, ma gli eventi precipitano. Durante un assalto dei gap a una colonna militare, viene arrestato un uomo che non c’entra niente che, per difendersi dai morsi dei cani dei tedeschi, ne uccide uno; per punizione viene portato in caserma, e lì dato in pasto ai cani, che lo sbranano. Questa vendetta, la violenza gratuita e selvaggia, il totale disprezzo per la vita di un uomo, sembra cambiare la prospettiva con cui Enne 2 guarda alla lotta e apre un interrogativo. Quello che Vittorini vuole chiedersi qui è che cosa sono gli uomini. Possibile che ci siano degli uomini che possono far sbranare un uomo dai propri cani?

«Io vorrei vedere gli altri», dice il protagonista, «che si rendessero conto di quello che hanno fatto e si mettessero lì, come un cane, a guaire sotto un letto e a gemere per la paura della punizione che li riguarda. Può darsi che guaiscano, ma in tal caso sono cani. Ma noi vogliamo sapere un’altra cosa: come sia dentro l’uomo quel modo di comportarsi; e se è nell’uomo quello che essi fanno quando lo offendono.»

Che cos’è l’uomo. Nell’uomo c’è la violenza, nell’uomo c’è qualcosa di spaventoso. E se questo è dentro gli uomini, allora quegli uomini vanno combattuti; perché, se non possiamo più essere quello che vogliamo, siamo costretti a diventare quello che sono loro; ma loro operano una violenza gratuita, noi stiamo combattendo. Noi, che li combattiamo, siamo uomini, e loro no.

Fermo nella sua stanzetta, consapevole che verranno a prenderlo, il protagonista sa già che finirà per cadere nelle mani di Cane Nero, il comandante dei repubblichini. Ma sembra che non gli interessi più niente, che improvvisamente tutto gli sia sfuggito dalle mani. Che cominci a pensare che la resistenza possa durare all’infinito, e che non abbia più senso, e forse non si debba più combattere. Resterà fermo sopra la sua branda per l’intera notte, aspettando che accada qualcosa. Alcuni compagni vengono per cercare di convincerlo a scappare attraverso i tetti, perché i fascisti ormai conoscono il suo rifugio. Ma Enne 2 resta fermo, sembra che aspetti che passi il tempo, forse anche sperando di rivedere un’ultima volta Berta; ma in realtà ha deciso. Poiché sarà Cane Nero che verrà ad arrestarlo, quello sarà il momento in cui lui potrà dimostrare che gli altri non sono uomini e lui lo è, che gli altri si sono comportati come cani e lui non è un cane, che gli altri hanno dentro di sé quella dimensione violenta e terribile, naturale quanto irrazionale, per cui bisogna uccidere e che lui invece uccide soltanto perché bisogna farlo. E quando, passata la nottata, Cane Nero entra, convinto che Enne 2 sia pronto a farsi arrestare per salvarsi la pelle, gli sparerà a sangue freddo. Avrà compiuto così il suo destino e la vendetta degli uomini contro chi uomo non è più. E ci lascerà tutti i dubbi che accompagnano ogni atto di guerra: esiste un momento in cui l’uomo può uccidere l’uomo, ha il diritto, o addirittura il dovere di farlo?”»

tratto da I cento libri che rendono più ricca la nostra vita di Piero Dorfles, Garzanti

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