“Una faccia una razza? Grecia antica e moderna nell’immaginario italiano di età fascista” di Alessandra Coppola

Una faccia una razza? Grecia antica e moderna nell’immaginario italiano di età fascista, Alessandra CoppolaUna faccia una razza? Grecia antica e moderna nell’immaginario italiano di età fascista
di Alessandra Coppola
Carocci editore

«Una faccia una razza? Il noto motto che accomuna immediatamente greci e italiani evocando identità di aspetto e di cultura non ha nessuna implicazione di carattere veramente razziale. Eppure proprio il tema dell’appartenenza a una stirpe ha caratterizzato per un certo periodo l’approccio italiano alla Grecia, al tempo della dittatura fascista. Già prima il problema della reale configurazione dei greci in Europa era stato oggetto di dotte disquisizioni, inizialmente solo sul piano politico e culturale e poi, gradatamente, anche su quello biologico. La cultura europea sentiva il debito con la Grecia antica ma non apprezzava quella presente; la cultura italiana, in più, non poteva dimenticarsi di Roma, che usciva vincente dal confronto. E così la Grecia moderna, che faticosamente aveva ritrovato se stessa con le lotte contro il Turco, stentava a ricevere un’immagine appropriata tra antichità ed era moderna, schiacciata da una percezione culturale semplicemente nostalgica o condizionata banalmente dalle sirene politiche contemporanee.

Il rapporto e il confronto fra Italia e Grecia si sviluppano nell’Ottocento e coinvolgono sia il passato sia il presente. Oltre all’organizzazione degli studi classici, il fervore delle lotte comuni per l’indipendenza produceva grande curiosità nei confronti del mondo ellenico moderno. Ma a lungo, negli studi o anche nella testimonianza dei viaggiatori, l’impressione della Grecia oscillò fra delusione e illusione. La visione italiana risentiva degli studi di antichistica, spesso viziati dall’irrinunciabile superiorità romana ma anche da un’accettazione di stereotipi eroici o estetici; e così la reale contemporaneità greca sfuggiva alla percezione o non reggeva al confronto con l’antico. Concorrevano a ciò, oltre alla lente deformante della storia antica e alla difficile situazione politica greca, anche le più moderne teorie europee sulle migrazioni e sull’evoluzione biologica della specie. In un crescendo pericoloso di analisi storica ed evolutiva dei popoli, all’approssimarsi della Seconda guerra mondiale il confronto propagandistico poteva avvicinare i greci ai popoli percepiti come inferiori.

Anche nella crisi di oggi, da qualche anno, il repertorio anti-ellenico è riesumato di tanto in tanto dalla stampa internazionale: nomi di autori del passato tornano a rievocare un antico quanto superficiale disprezzo. E d’altro canto il ricordo di Leonida e dei trecento morti eroicamente alle Termopili compare ancora con naturalezza sui manifesti di protesta in Grecia. Vale dunque la pena provare a capire da quale humus provenga tutto questo, con uno sguardo alternativo alla storia degli studi sulla Grecia antica e ai rapporti con la Grecia moderna, nella sua irrisolta dialettica fra classicità e modernità, fra continuità e rinascita. Mentre la Grecia cerca la sua immagine nei marmi Elgin o nell’Acropoli classica (o classicista), può essere utile valutare l’approdo, in Italia, di ellenismi e filellenismi nostrani, nazionalismi blandi o esasperati che hanno nutrito in sé le più radicali involuzioni razziste: un’occasione in più per fare i conti con i molteplici significati della classicità.»

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