
Pur non essendo tra i pontefici più conosciuti, Leone IX ha senza dubbio contribuito in modo decisivo allo sviluppo del Papato quale suprema autorità della Chiesa latina. Non a caso, il grande storico tedesco Rudolf Schieffer ha attribuito al pontificato leoniano un ruolo fondante nella cosiddetta papstgeschichtliche Wende, vale a dire la svolta epocale che il Papato e l’intera Chiesa latina conobbero nella seconda metà dell’XI secolo. Se nel primo millennio la Chiesa di Roma aveva esercitato il proprio primato in modo sostanzialmente reattivo, rispondendo alle sollecitazioni che le giungevano dalle chiese locali, a partire dal pontificato di Leone IX la Sede Apostolica riuscì con sempre maggior successo ad assumere l’iniziativa nel governo della Chiesa latina. I due principali strumenti di cui si servì il pontefice nella sua azione di governo colpiscono per le loro sorprendenti consonanze con i pontificati a noi più vicini. In primis, infatti, il pontificato leoniano fu caratterizzato da un’attività sinodale di straordinaria intensità. Le numerose assemblee ecclesiali presiedute personalmente dal pontefice videro da un lato il coinvolgimento di numerosi vescovi delle chiese periferiche, che Leone IX onorò sempre quali autentici “confratelli” (confratres), dall’altro la decisa affermazione dell’autorità petrina e delle istanze papali di riforma morale della cristianità, a partire dalla lotta contro la simonia. Leone IX fu inoltre un vero “papa viaggiatore”, che nei cinque anni del suo ministero petrino trascorse poco più di nove mesi nell’Urbe, operando nelle periferie ecclesiali con frequenza ed incisività prive di precedenti.
Senza dubbio, il nome di Leone IX è legato nella memoria collettiva ad uno degli eventi di maggior portata nella Storia della Chiesa: il cosiddetto Scisma d’Oriente (1054), sancito dalla reciproca scomunica fra i legati papali e il patriarca di Costantinopoli Michele Cerulario e mai più sanato. Tuttavia, esso non deve essere inteso quale evento improvviso, di natura traumatica, quanto piuttosto come l’esito di un plurisecolare processo di reciproco estraniamento fra la cristianità latina e quella greca, che nemmeno di fronte al comune pericolo normanno poté essere composto. Proprio le lettere ecumeniche di Leone IX, dirette a destinatari orientali, ci restituiscono la misura della grande lontananza sacramentale ed ecclesiologica, fino all’incomunicabilità, e allo stesso tempo costituiscono le prime significative testimonianze programmatiche del Papato riformatore. Particolarmente rilevante è in tali scritti la trattazione del rapporto fra potere papale ed imperiale: pur propugnando una cooperazione armonica tra i due poteri universali, le formulazioni leoniane relative al “sacerdozio regale” della Sede Apostolica posero basi importanti per l’affermazione della supremazia papale anche in ambito temporale.
Si può affermare, dunque, che il pontificato di Leone IX abbia inciso come pochi altri tanto sulla coscienza primaziale della Chiesa di Roma quanto sulle dinamiche istituzionali interne alla cristianità latina, con un’accresciuta polarizzazione fra centro romano e periferie ecclesiali.
Quali dinamiche caratterizzarono l’interazione fra la Chiesa di Roma e la Reichskirche, così come fra pontefice e imperatore?
La fase iniziale della papstgeschichtliche Wende vide la parte imperiale prendere con grande decisione l’iniziativa nei confronti della Chiesa di Roma, dominata dalle pratiche simoniache e agitata dalla lotta fra fazioni cittadine. Fu infatti la discesa in Italia del sovrano salico Enrico III a porre fine alla secolare egemonia della nobiltà romana sulla cattedra di Pietro, inaugurando la serie dei cosiddetti “papi imperiali”. Se i primi due papi, per via dei loro brevi pontificati, non incisero in modo determinante sulle relazioni della Sede Apostolica con il potere imperiale e la Reichskirche, Leone IX portò tali interazioni ad un nuovo livello, come evidenziano in particolare i contributi di Matthias Schrör e di Timo Bollen. Già durante il suo episcopato a Toul, Brunone/Leone IX si era affermato, anche in virtù della parentela con i sovrani salici, quale figura di rilievo della Reichskirche, venendo successivamente elevato al soglio pontificio nel contesto di una dieta imperiale in territorio tedesco, a Worms (1048). Soprattutto la prima fase del suo pontificato leoniano vide una stretta cooperazione con il potere imperiale, culminata nel sinodo di Magonza (1049), presieduto dal pontefice congiuntamente con l’imperatore e caratterizzato dalla partecipazione compatta dell’episcopato tedesco. Tali strette relazioni non vanno però lette nel senso di una subalternità della Sede apostolica rispetto al potere imperiale. Non solo, infatti, Leone IX maturò una sempre maggiore autonomia nella sua azione di riforma, ma andò anche ad influire in modo decisivo sulle gerarchie interne all’episcopato imperiale, come rivelano in particolare le relazioni con i metropoliti di Treviri e Colonia, cui furono concessi importanti privilegi di natura simbolico-rituale sul modello romano. Particolarmente significativa è l’istituzione della carica di arcicancelliere della Chiesa di Roma, assegnata all’arcivescovo Ermanno II di Colonia, già arcicancelliere dell’Impero per l’Italia. Il pontificato di Leone IX vide dunque una complessa ed assai feconda interazione fra Sede Apostolica e Impero, che portò non soltanto ad un significativo rafforzamento del prestigio e dell’influenza romana in territorio imperiale, ma anche ad una crescente “imperializzazione” del Papato sotto il profilo simbolico ed organizzativo, delineata con grande chiarezza nel contributo del Prof. Nicolangelo D’Acunto.
Quale fioritura di studi ha conosciuto negli ultimi due decenni il pontificato di Leone IX?
Il 2002, millesimo anniversario della nascita di Leone IX, ha segnato senza dubbio una svolta negli studi sulla figura del pontefice riformatore, soprattutto nella sua patria d’origine, l’Alsazia. Se in alcuni casi la celebrazione di stampo patriottico e la dimensione confessionale hanno limitato la portata del contributo scientifico, così non è stato per il grande convegno internazionale intitola Léon IX et son temps, svoltosi nel giugno 2002 a Strasburgo ed Eguisheim, luogo natio del pontefice. Ad esso hanno infatti partecipato grandi storici come Joachim Dahlhaus, Jörg Oberste, Bernard de Vrégille e Michel Parisse, ai quali si deve in particolare l’approfondimento dell’influenza del milieu riformatore borgognone-lorenese sulla formazione di Leone IX e sulla costituzione di un autentico network di riformatori, attivi sia a Roma che Oltralpe. Molto rilevante è stato anche il contributo di Dominque Iogna-Prat, che ha evidenziato l’importanza delle consacrazioni compiute personalmente dal pontefice sia sul piano ecclesiologico che nella prassi di governo ecclesiale. Sempre in terra alsaziana, Charles Munier ha prodotto una biografia di Leone IX di grande utilità nella sua dettagliata ricostruzione evenemenziale; tuttavia, essa risente ancora in modo evidente di una lettura ex post del pontificato leoniano quale momento di preparazione al pieno compimento della Riforma della Chiesa sotto Gregorio VII, secondo un’impostazioni che trae le sue origini dalla monumentale monografia di Augustin Fliche sulla Réforme grégorienne. Proprio la decostruzione di questa lettura quasi finalistica, di segno marcatamente “gregoriano”, rientra tra i principali meriti del convegno La reliquia del sangue di Cristo: Mantova, l’Italia e l’Europa al tempo di Leone IX, tenutosi a Mantova nel 2011. Soprattutto le relazioni di Glauco Maria Cantarella, Nicolangelo D’Acunto e Umberto Longo hanno contribuito in modo decisivo ad una rilettura pontificato di Leone IX alla luce dei più recenti indirizzi storiografici sulla Riforma, incentrati in particolare sulla dialettica tra riforma e restaurazione e sulla pluralità delle elaborazioni ecclesiologiche e delle pratiche riformatici in età “pregregoriana”. Ciò permette di capire il grande peso storiografico degli articoli del Prof. D’Acunto e del Prof. Longo presenti nel volume da me curato.
Leone IX è stato inoltre oggetto di singoli contributi che non possono essere trattati in modo esaustivo in questa sede. Una menzione speciale merita in ogni caso lo studio di Jochen Johrendt sui viaggi dei primi papi riformatore (2001), nel quale i viaggi di Leone IX sono interpretati in modo assai convincente nel senso di un’estensione su scala universale del modello della visita pastorale diocesana. Di grande impatto è stato inoltre un articolo di Felicitas Schmieder sulla politica di Leone IX nell’area transalpino (2005), nel quale viene evidenziato il significativo contributo del pontefice alsaziano alla ridefinizione del rapporto tra centro e periferia nella Cristianità latina, con uno decisivo spostamento del baricentro dal Mediterraneo all’Europa continentale.
Quali nuove prospettive interpretative del pontificato leoniano offre il volume?
In primis, vi è il tentativo di delineare i caratteri fondamentali di una vera e propria “riforma leoniana”, tanto nei suoi fondamenti ideali e quanto nella prassi di governo, evidenziandone l’intima coerenza nonché lo specifico contributo alla papstgeschichtliche Wende. Solo in tal modo è infatti possibile rendere pienamente giustizia all’importanza storica del pontificato di Leone IX, liberandolo definitivamente dal ruolo di mero “precursore” dell’azione riformatrice di Gregorio VII.
Altre prospettive originali riguardano il rapporto fra Leone IX e la Lotaringia, regione limitanea di grande importanza strategica per l’Impero. Mentre i contributi di Pieter Byttebier e Ian McDole, incentrati sugli anni dell’episcopato a Toul, indagano le peculiarità, i modelli e gli effetti sul movimento riformatore di una leadership episcopale specificamente ‘lotaringia’, Hannes Engl mostra la sostanziale continuità dell’azione di Leone IX nella regione rispetto al suo precedente governo episcopale. Del tutto nuova è inoltre la connessione individuata da Corrado Zedda fra un privilegio papale per l’abbazia di Nonantola e un testo relativo al secondo ritrovamento (inventio) del Prezioso sangue di Cristo a Mantova, la quale getta una nuova luce sul ruolo di Leone IX nelle strategie di legittimazione dei Canossa.
Per quanto concerne le formulazioni ecclesiologiche, le ricerche di Sabrina Blank sull’ingiudicabilità papale hanno evidenziato con nuova chiarezza il grande debito di Leone IX rispetto ai pontefici della seconda metà del IX secolo. Infine, l’articolo dello storico bizantinista Valerio Polidori offre un insolito sguardo “orientale” sul pontificato di Leone IX, attraverso la figura di uno dei più importanti mediatori nella controversia greco-latina, il patriarca Pietro III di Antiochia.
Francesco Massetti ha conseguito la laurea magistrale in Storia medievale presso la “Sapienza” – Università di Roma. Durante il suo dottorato di ricerca, svolto in regime di cotutela tra la Bergische Università Wuppertal e la “Sapienza”, ha scritto una tesi intitolata “Leo IX. und die papstgeschichtliche Wende” (in corso di pubblicazione). Attualmente collabora con la cattedra di Storia medievale della Bergische Universität Wuppertal nel contesto di un progetto di ricerca post-doc sugli “sconfitti della Riforma” nella curia e nella città di Roma al tempo del Papato riformatore.