“Un sogno chiamato Europa. Storia, economia, politica e istituzioni dell’Unione europea” di Mauro Maggiorani

Prof. Mauro Maggiorani, Lei è autore del libro Un sogno chiamato Europa. Storia, economia, politica e istituzioni dell’Unione europea edito da CLUEB: cosa rende l’Unione europea un progetto politico ed economico unico nel suo genere?
Un sogno chiamato Europa. Storia, economia, politica e istituzioni dell’Unione europea, Mauro MaggioraniGli ideali europeisti nascono all’indomani della seconda guerra mondiale con l’obiettivo di garantire all’Europa (e al mondo) la pace. Non a caso – nella lunga storia dei precursori di un’idea d’Europa – troviamo anche Kant e la sua aspirazione alla pace perpetua tra le nazioni. Dunque la prima e probabilmente più rilevante particolarità del progetto integrativo sta nella volontà di pace. In questo senso, nonostante tutto, possiamo dire che l’obiettivo sia stato raggiunto. Dal 1945 infatti i paesi che si sono uniti al progetto europeo hanno rafforzato i loro vincoli e avvicinato le loro culture. In questo un ruolo davvero importante hanno giocato talune politiche, penso in primo luogo al progetto Erasmus che è stato un veicolo decisivo per l’integrazione dei giovani europei.

In quale contesto storico matura l’idea di un progetto comune europeo?
Come accennavo il contesto è quello della crisi che attraversa l’Europa tra prima e seconda guerra mondiale. L’esperienza della guerra, delle dittature e dei nazionalismi (con tutti i disastri che si portarono dietro) sono lo stimolo per cercare una risposta diversa per il dopoguerra. E non a caso le idee europeiste (che per decenni erano rimaste circoscritte a ristretti gruppi intellettuali) diventano in quel frangente popolari riuscendo a fare breccia pressoché in tutte le formazioni politiche. Durante la stagione costituente, in Italia tanto per fare un esempio, istanze europeiste le si ritrovano dalle formazioni social-comuniste sino al movimento populista di destra dell’Uomo qualunque.

Quali vicende hanno maggiormente segnato il processo di integrazione europea?
Il progetto europeo prende le mosse all’inizio degli anni ’50 grazie all’approccio funzionalista. L’idea risolutiva la si deve a Jean Monnet (consulente francese del ministro Schuman) che propone la costituzione di una Comunità del carbone e dell’acciaio (Ceca). Davanti alla difficoltà di tradurre le istanze europeiste in progetti politici concreti (stante l’avvio della guerra fredda e la divisione dell’Europa tra blocco socialista e blocco capitalista) Monnet si rende conto che l’unica reale e concreta possibilità è agire sulle leve economiche. E il funzionalismo che lui sostiene parte proprio dalla volontà di mettere in comune taluni “funzioni” economiche: nel caso specifico gli apparati minerari di regioni contese tra Germania occidentale e Francia.

A questo primo successo seguiranno altre Comunità (Cee, Euratom) e poi una serie di importanti trattati sia per allargare l’Europa (dai 6 iniziali ai 27 attuali) sia per approfondirne il sistema di governo. Tra i trattati più significativi vanno ricordati sicuramente quello di Maastricht (dei primi anni ’90, che porta alla nascita dell’Unione europea) e un ventennio più tardi quello di Lisbona con cui si disegna l’attuale sistema di governance.

Quali sono i principali ostacoli al processo di integrazione europea?
Da qualche anno a questa parte il riemergere delle spinte nazionaliste, mai sopite ma per lungo tempo sommerse dalla prosperità economica, rappresenta l’elemento più preoccupante. Oggi si parla di “sovranisti” ma le cose non cambiano molto. Si tratta di spinte centrifughe che insidiano la solidità della costruzione europea. L’esempio della Brexit è temporalmente molto vicino. Anche se non credo si tratti di una realtà esportabile sul resto del continente europeo: l’atteggiamento del Regno unito rispetto all’unità europea, infatti, è stato sempre peculiare.

Quale peso geopolitico ha l’Unione europea?
Potenzialmente un peso enorme, praticamente ancora alquanto limitato. Non a caso si è detto, per anni, che l’Unione europea era un gigante economico e un nano politico. Tale limite è anche il prodotto dei sovranismi di cui si discuteva poc’anzi. È peraltro indubbio che i più recenti avvenimenti (dalla sconfitta di Trump alle elezioni presidenziali americane, sino alla solidarietà e unità imposta alla Ue dalla crisi pandemica) sembrano indicare una nuova, e per molti aspetti inedita, capacità dell’Unione di esercitare un proprio ruolo sulla scena mondiale.

Quali sono i limiti dell’architettura istituzionale europea?
L’Unione europea viene descritta come uno “strano ibrido” proprio in ragione del fatto che ha una architettura non paragonabile a nessun’altro stato federato presente al mondo. Ciò per dire che comparazioni non sono possibili e, di conseguenza, non è così facile attribuire pregi e difetti. Certo la mancanza di una Costituzione, carta fondamentale che dovrebbe contenere tale architettura, e il conseguente procedere (come si è fatto in questi decenni) con decisioni spesso dettate dalle stagionalità politiche non aiuta a definire uno schema chiaro e lineare.

I limiti, per questo, sono tanti: dal ruolo non pienamente legislativo del Parlamento, ai limiti messi in capo al Presidente del Consiglio europeo, al ruolo ambiguamente tecnico/politico della Commissione.

Quali motivazioni hanno determinato la scelta di un’unione monetaria europea prima ancora che politica?
Come si diceva in precedenza l’Europa nasce sull’economia e non sulla politica. Nell’ultima pare del Novecento, di fronte a un sistema monetario internazionale messo in crisi dalla fine della convertibilità del dollaro in oro, si pervenne alla decisione che un “mercato comune” potesse funzionare meglio con una “moneta comune”. Decisione, dunque, tutta economica e non certo dettata da volontà politica.

Quali sono oggi le sfide principali per l’Europa?
Guardando all’integrazione politica europea tra le cose che possiamo rilevare con segno positivo in questi ultimi anni vi è la ripresa delle discussioni sul tema della difesa e della sicurezza europea. Spetterà sempre più alla Ue infatti il compito di assumere la responsabilità della propria sicurezza, assecondando peraltro un sentimento diffuso tra la popolazione: secondo un’indagine condotta da Eurobarometro ancora nel 2016, il 51% dei cittadini europei riteneva che quanto realizzato dall’Unione in ambito di sicurezza fosse insufficiente, e il 66% (in Italia il 79%) era dell’opinione che la Ue dovesse intervenire con maggiore determinazione. Altre tematiche su cui l’Unione europea sta facendo segnare un cambio di passo (e che rappresentano senza dubbio grandi sfide) sono l’ambiente, l’economia, il sistema di sicurezza sociale.

Quale futuro, a Suo avviso, per il processo di integrazione europea?
Difficile fare pronostici. A conti fatti l’Europa resta tuttora un sogno in gran parte da realizzare.

Mauro Maggiorani, storico e scrittore, insegna Integrazione politica ed economica dell’Unione europea all’università di Bologna. Ha pubblicato saggi sull’Italia contemporanea e, relativamente alle tematiche europee, studi sulla politica estera della sinistra comunista italiana.

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