
Di quale interesse è il corpus di testi scritti da Bassani negli anni tra il 1935 e il ’51?
I testi presi in esame erano già tutti editi, e perciò noti agli specialisti; tuttavia, non erano stati fatti oggetto di un’attenzione specifica, bensì attraversati dalla critica soprattutto alla ricerca di rispondenze e anticipazioni delle successive e più famose opere. In questo volume, più che per le precise corrispondenze avantestuali, ogni racconto è stato analizzato sincronicamente, ‘smontato’ per evidenziarne immagini, struttura, ascendenze; il tentativo di formulare, per ciascuno di essi, una valutazione “estetica” complessiva non rappresenta, tuttavia, uno sterile esercizio ermeneutico: lo scopo è di ripercorrere, attraverso la progressiva maturazione formale della strumentazione retorica che si accompagna al lento saggiare di temi e di generi diversi, la capacità dello scrittore di conseguire una sempre più profonda aderenza tra forma e contenuto, e di rinvenire, parallela alla messa a punto dell’espressione, la propria voce più profonda e autentica. La marca distintiva dell’intera produzione relativa a questi primi anni di attività è infatti lo sperimentalismo: Bassani si cimenta, di volta in volta, con il poemetto in prosa, la narrazione di evasione fantastica, il racconto tradizionale, dichiaratamente realistico, o ancora di gusto gotico; affronta la descrizione d’ambiente, l’analisi psicologica e di carattere, la condivisione di esperienze personali e autobiografiche: è forte la tentazione di leggere questa carrellata di tentativi, esperiti in un arco cronologico relativamente breve e tutti rivelatori di un’intenzionalità precisa, oltre che dotati di una intrinseca compattezza stilistica e di contenuto, come un vero e proprio «romanzo di formazione».
Come avviene la progressiva maturazione formale della scrittura di Bassani?
Nel già ricordato racconto d’esordio, III classe, Bassani, compie un vero e proprio esperimento sociale: desidera descrivere e analizzare le reciproche interazioni di un certo numero di persone diverse per classe, età, educazione e costrette a una forzata, seppur transitoria, convivenza. Pur mostrando non comuni doti di arguto osservatore, il giovane scrittore rivela la propria immaturità artistica proprio nell’occasionalità dell’argomento trattato, nella scarsa adesione a temi personali, e soprattutto nell’adozione di un punto di vista esterno, in cui, con bonario distacco, si eleva al di sopra della umanità ritratta. Questo netto, esplicitamente rappresentato diaframma tra autore e narratore verrà abbandonato quasi immediatamente, a favore di una narrazione autobiografica, che occupa lo spazio di due brevi testi (Estate, Nuvole e mare), e che indica l’avvio, da parte del narratore, di una fase di indagine interiore: è proprio in questi racconti che ritroviamo, per la prima volta, i traumi tipicamente adolescenziali del tradimento, della delusione d’amore, dello scarto tra la percezione del sé e l’immagine riflessa negli sguardi degli altri, che saranno poi affrontati con maggior consapevolezza nel Giardino dei Finzi-Contini. Allo stesso tempo, l’autore rinuncia progressivamente allo sfoggio retorico, alla forse un po’ abusata, nella prima produzione, ricercatezza formale; e allo stesso tempo rinuncia alla citazione esplicita, che esprimeva troppo scopertamente la ricerca di un patrocinio letterario ‘alto’: al primo si sostituisce una ricercatezza non inferiore, ma meno esibita, inseguita più nella modulazione della frase e nella struttura dei testi che non nell’uso indulgente di figure retoriche e costruite similitudini; le ascendenze letterarie, a loro volta, vengono progressivamente occultate e sublimate dietro accenni vaghi, ma non per questo perdono qualcosa della loro magistrale eredità.
In che modo nella produzione giovanile emergono già alcuni nodi cruciali della poetica bassaniana?
Dopo circa un anno e mezzo di sfrenato sperimentalismo, l’ispirazione di Bassani subisce un ripiegamento, e l’autore scrive due racconti che saranno cruciali per gli sviluppi futuri: si tratta di Nascita dei personaggi e Caduta dell’amicizia. In essi Bassani supera lo spunto autobiografico, ancora presente, per trasfigurarlo; nel primo, che è un racconto metaletterario, rappresenta se stesso nell’atto creativo, descrivendo i processi mentali che guidano il bisogno di narrare dell’autore/ voce narrante/ protagonista; seppure in parte guastato da un eccesso di intellettualismo, il racconto è una vero e proprio manifesto di poetica, e in esso Bassani compie un bilancio di quanto fatto e traccia la strada per il futuro: la propria vena narrativa più profonda non può librarsi nell’immenso spazio della libera invenzione, ma deve rimanere ancorata alle «ombre dei ricordi e delle lontane esperienze»; d’altra parte, il vissuto personale acquisisce rilevanza narrativa soltanto quando ambisce ad abbracciare un sentimento universale, quando si propone di affrontare uno snodo fondamentale della psiche umana. Siamo così arrivati a quel piccolo capolavoro che è Storia di Debora, racconto dalla lunga gestazione, che verrà accolto nel primo volume edito, Una città di pianura; la scelta per Bassani è ormai compiuta: non resta che dedicarsi ad essa con strenua dedizione.
Quale dialettica si sviluppa fra l’identità letteraria dello scrittore ormai maturo e quella rinvenibile nel quadro degli scritti giovanili?
Un aspetto nuovo che emerge dal libro riguarda l’adesione all’attivismo antifascista, la cui spinta inziale è stata rinvenuta non nel trauma delle leggi razziali, bensì nella acuta e precoce percezione delle diseguaglianze sociali; l’unico tema costante che attraversa come una sottile scarica di tensione tutti gli scritti di Bassani tra i venti e i trenta anni è il riconoscimento della distanza di consuetudini di vita tra sé e gli altri, che giungerà in Storia di Debora (ma in tutti i testi di Una città di pianura, 1940) alla polemica esplicita, e che Bassani riverserà anche nella raccolta di poesie Storie dei poveri amanti e altri versi. Si tratta, dapprincipio, di fuggevoli cenni, come in III classe, in cui l’autore sottolinea quasi en passant il suo preferire, alla noia e alla solitudine della I classe, la vivace baldoria della III classe, dove viaggiano quasi tutti i suoi compagni di università. Successivamente, nel trittico di racconti noir I mendicanti, I pazzi, Tugnin dalla Ca’ di Dio, Bassani sonda le potenzialità della rievocazione e della trasfigurazione fantastica della fanciullezza; è a quest’altezza che l’autore colloca una esplicita presa di coscienza della differenza tra sé e la propria immagine diafana, a confronto con l’aspetto rozzo e selvaggio dei bambini che popolano il sottomura: ciò prelude a una riflessione più matura sulle differenze di classe, e sulle conseguenze politiche e sociali di una società profondamente diseguale.
In questi primi racconti Bassani elabora, inoltre, l’idea del carattere primigenio della concezione storica dell’opera d’arte e soprattutto della profonda storicità dei moti dello spirito, i quali vengono innalzati al medesimo livello degli eventi della Grande Storia. Questi ultimi giungono appena a lambire le vite degli uomini, se non in casi del tutto eccezionali: ne deriva la progressiva messa a fuoco del concetto di realismo, che parte dall’esempio manzoniano per superalo e attualizzarlo; il punto d’arrivo risiede nella consapevolezza che i personaggi del romanzo non possono essere più «burattini, teste di legno», ma individui perfettamente autonomi nella loro verosimiglianza.
Dal quadro appena delineato emerge prima di tutto un grande insegnamento morale: Bassani concepì la propria arte come una missione, e il dono ricevuto come un fardello, consistente nell’imperativo di non tradire mai la propria coscienza e la propria idea della letteratura. Questo si tradusse non in un impegno esplicito, sbandierato, ma in un habitus etico di grande coerenza e lealtà nei confronti di se stesso e del proprio pubblico.
Rosy Cupo collabora dal 2012 con la cattedra di Letteratura italiana del Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università di Ferrara. Nel 2016, in occasione del centenario della nascita di Giorgio Bassani, ha curato la mostra fisica e virtuale “I libri di Giorgio Bassani: traduzioni, tradizioni, negoziazioni”, promossa dall’Università di Ferrara con la collaborazione della Fondazione Giorgio Bassani e del Sistema Museale di Ateneo. Ha pubblicato numerosi saggi e articoli sulla filologia d’autore dell’Ottocento e del Novecento; per l’Edizione Nazionale delle Opere di Giovanni Verga ha curato l’edizione critica del dramma Dal tuo al mio e quella del romanzo omonimo.