
Il Medioevo a cui siamo più abituati è infatti la storia dell’occidente latino-germanico, al quale vengono solitamente aggiunte delle ‘appendici’ tematiche dedicate al mondo bizantino e a quello islamico. Il fatto che si tratti di sezioni a sé, in qualche maniera distinte dall’asse portante del racconto, ha come effetto non solo che gli studenti riservino loro un’attenzione meno accurata, ma anche che quei ‘mondi’ diversi dalla Cristianità occidentale siano sempre percepiti come una storia in qualche maniera accessoria. Ciò comporta che in definitiva nella cultura diffusa l’eredità storica del mondo bizantino, o ancor più l’esperienza dei soggetti politici del Nordafrica o del Medio Oriente islamico, sia praticamente invisibile, nonostante l’esperienza del presente ci dimostri ogni giorno l’importanza di una consapevolezza avvertita proprio a tal riguardo. La nostra convinzione è invece che le vicende dell’Occidente non si possano comprendere a fondo senza inserirle nel quadro delle relazioni a vasto raggio tra quelle tre realtà politiche, sociali e religiose, e che quindi sia necessario seguire la storia del Millennio medievale tenendo sempre in parallelo questi tre ideali ‘capitoli’.
Del resto, se ci si colloca ai nostri giorni, e si volge lo sguardo al passato mediterraneo, non sarà così difficile riconoscere che questo mare, in forme complesse, contraddittorie, travagliate, è stato ed è rimasto spazio storico-politico strategico, fino ai giorni nostri, durante i quali è scenario di una durissima lotta egemonica concretizzatasi nella recente lacerazione della Siria e della Libia, nonché nel rinato espansionismo turco, per non parlare della pluridecennale tragica vicenda israelo-palestinese. Il tutto sullo sfondo attualissimo del fenomeno migratorio, punto dolente e da molti deliberatamente incompreso di un trapasso epocale che rischia di diventare catastrofico se si continuerà a considerare lo spazio mediterraneo secondo la visione riduzionistica degli ultimi due secoli.
In che modo il Mediterraneo è stato al centro della storia dal V al XV secolo?
Questo spostamento di prospettiva comporta, almeno in partenza, una difficoltà supplementare: è relativamente più facile seguire una storia che ha una sola linea di svolgimento con dei contrappunti accessori, mentre invece la capacità di dar conto passo dopo passo di un complesso di interazioni in continua mutazione si presenta come una impresa più faticosa, per chi scrive ma certo anche per chi legge. Il premio di questo sforzo vale però sicuramente la pena. Innanzitutto per la comparazione: i caratteri propri della vita politica e religiosa dell’Occidente latino-germanico appaiono in tutta la loro originalità proprio se messi a confronto con quanto accade parallelamente nell’impero bizantino e in quello califfale. In secondo luogo, lo sguardo dal Mediterraneo consente di dare un ruolo tutto speciale alla storia italiana. L’Italia è un punto d’osservazione decisivo proprio per il suo essere la naturale porta tra l’Europa e il Mediterraneo, e in effetti in tutti i secoli del Medioevo le grandi esperienze di potere politico continentale guardano alla penisola come l’occasione per attingere al capitale politico dell’Italia: basti pensare alla grande avventura normanna, alla figura di Federico II di Svevia, agli Angiò, tutti casi di soggetti storici di ambiente settentrionale che però investono sull’Italia. Ma lo stesso si potrebbe dire di tutta la civiltà urbana dell’Italia meridionale, che è abitualmente messa in ombra dal modello ‘comunale’, e invece ha una vicenda tutta sua da intendere, ad esempio, in parallelo alle città iberiche.
Come accennato, la scelta che abbiamo compiuto è quella di seguire queste tre grandi matrici sempre in parallelo, enfatizzando le interazioni non soltanto nei momenti ‘topici’ tradizionalmente valorizzati dalla manualistica (per esempio lo Scisma d’Oriente, le Crociate eccetera) ma come dato costante. A monte di questo vi è una considerazione ulteriore, che riteniamo fondante per la stessa idea di medioevo. L’Europa latino-germanica, l’Impero bizantino e l’Impero califfale con i suoi eredi più tardi sono tre diversi percorsi che rielaborano l’eredità di Roma. Tutte e tre queste realtà infatti seguono una evoluzione che prende avvio dalla grande tradizione politica, culturale, materiale della romanità. Nel caso dell’impero bizantino questo è particolarmente ovvio, ma merita comunque di essere ricordato perché l’Impero di Costantinopoli non fu certo la stanca ripetizione di modelli romani in decadenza: un millennio di civiltà non si può ragionevolmente rappresentare come decadenza, andando piuttosto compreso nei suoi caratteri di vitalissima rielaborazione. Ma anche il mondo islamico può essere inteso da un certo punto di vista in continuità con Roma: basti pensare a come l’esperienza della prima espansione della penisola arabica porti i fedeli del Profeta a costituire un dominio politico centrato su grandi città romane, come Alessandria o Antiochia, e quindi ad assumere il modello stesso della città come emblema dell’insediamento e dell’organizzazione sociale. Ciò che alla fine del nostro millennio scriveva in proposito un grande pensatore come Ibn Khaldun sul rapporto tra civiltà nomadi e civiltà urbane si intende proprio in questa prospettiva. Da Roma (o se vogliamo da Bisanzio) i califfi prenderanno presto l’eredità dei sistemi di tassazione e di amministrazione dei territori, per non parlare dell’eredità culturale ellenistica che le grandi campagne di traduzione dal greco all’arabo trasferiranno in blocco alla corte dei califfi specie nel IX secolo. Il tema dell’eredità di Roma è cruciale anche in Occidente fino al tardo Medioevo: la stessa ricerca da parte dei sovrani continentali (germanici ma non solo) di una presenza forte in Italia, o almeno di una formale investitura romana, ribadisce quanto Roma per gli uomini del tempo fosse l’emblema stesso dell’autorità pubblica al più alto grado, e questo ancora al tempo di Ludovico il Bavaro e anche oltre. E del resto la cultura giuridica delle università, che è uno dei fattori unificanti più straordinari dell’Europa tardomedievale, è fondamentalmente una cultura romanistica, pur ripensata secondo le esigenze del presente. La conclusione della nostra storia, la caduta di Costantinopoli nel 1453, è secondo noi una conferma straordinaria di questo approccio, perché lo stesso Maometto II assume alcuni dei segni propri dell’autorità imperiale bizantina che aveva conosciuto presso i ‘nemici’. Un millennio intero, dunque, nel quale la romanità non viene pensata (come sarà dall’Umanismo in poi) come un passato ormai lontano da studiare e magari recuperare nei suoi valori, ma piuttosto come una realtà ancora viva e presente, della quale ci si deve appropriare, anche strumentalmente, per metterne a frutto il prestigio.
Nel Medioevo l’Occidente latino-germanico, l’Impero bizantino e l’Oriente islamico hanno conosciuto continue interazioni, conflitti e sovrapposizioni. In che modo le loro identità politiche, sociali e culturali ne sono uscite cambiate?
Le trasformazioni del mondo occidentale nel corso del millennio medievale sono state molto spesso influenzate da ciò che accadeva nell’impero bizantino o nelle terre dell’Islam, e viceversa. Gli esempi sono molti. La cosiddetta Reconquista, cioè il processo di espansione dei regni cristiani nella Penisola iberica, è in buona parte il frutto della decomposizione del califfato omayyade di Cordoba e della creazione di piccoli potentati locali, che consentivano ai regni cristiani del Nord di riprendere il controllo del territorio, e allo stesso tempo richiamavano dal Nordafrica nuove esperienze di dominio islamico di ispirazione religiosa più radicale, che dominarono per secoli la parte più occidentale del Mediterraneo. Ma si può pensare anche allo slancio di espansione economica e politica delle potenze marittime italiane verso i territori dell’Impero bizantino, che era a sua volta l’esito di scelte strategiche degli imperatori al tempo dei Comneni, determinate in larga parte dall’impatto delle migrazioni turche verso l’Anatolia. O ancora, si può pensare a quanto l’espansione ottomana e la sua rappresentazione in Occidente abbia animato per secoli un complesso di iniziative, sogni di crociata, manovre diplomatiche in tutta Europa, che certo non riuscirono a scongiurare le conquiste dei sultani, ma comunque plasmarono le identità occidentali specialmente nell’area dei Balcani. A tutto questo si aggiunge un elemento che abbiamo cercato di valorizzare, per quanto sia possibile in un testo sintetico di storia, cioè il fattore culturale. Le interazioni tra i vari ambienti religiosi sul Mediterraneo, per quanto spesso declinati nella forma della controversia o dell’apologia, non furono mai assenti: per tutto il Medioevo emerge a più riprese una successione di dialoghi a distanza tra Cristianesimo e Islam, particolarmente intensa dal XII secolo in poi.
Lorenzo Tanzini è professore associato di Storia medievale all’Università di Cagliari
Francesco Paolo Tocco è professore associato di Storia medievale all’Università di Messina