“Un giorno questo dolore ti sarà utile” di Peter Cameron

Un giorno questo dolore ti sarà utile, Peter Cameron

Come inizia – Incipit

«Giovedì 24 luglio 2003.
Gillian, mia sorella, ha deciso di pronunciare il suo nome con la g dura lo stesso giorno in cui mia madre è tornata dalla luna di miele in anticipo e da sola. Le due cose non mi hanno stupito.»

Cosa succede – Trama

Un giorno questo dolore ti sarà utile è la storia di James Sveck, un ragazzo di diciotto anni che vive a New York. È fine luglio, e James lavora alla galleria d’arte di sua madre. Lei, la madre, ha lasciato il terzo marito dopo appena qualche giorno dalle nozze. Cerca di darsi un tono da cultrice d’arte, ma nella sua galleria non entra quasi nessuno, specialmente in estate. Il padre di James è un colletto bianco, lavora in un grattacielo e sembra interessato solo alle ragazze più giovani e alla chirurgia estetica. La sorella di James non perde occasione per prenderlo in giro per il suo essere diverso, e intanto frequenta un professore dell’università molto più vecchio di lei che l’ha convinta a cambiare il modo in cui pronuncia il suo stesso nome. L’unica persona a cui James si sente legato è Nanette, la nonna che vive fuori città.

James dovrebbe prepararsi al college, così gli dicono tutti, ma invece cerca case in vendita nel Midwest, dove trasferirsi per leggere e stare da solo. Gli dicono che è un disadattato, che si dovrebbe comportare come i suoi coetanei, ma a James i suoi coetanei stanno antipatici. Gli sta invece simpatico John, il suo collega alla galleria d’arte, che cerca l’anima gemella su un sito d’incontri per soli uomini. Un giorno James, per ingannare il tempo, decide di creare un account sul sito frequentato da John.

Nell’arco narrativo del romanzo James dovrà confrontarsi con il suo passato, accettare l’aiuto di una psicologa (che ovviamente odia) e cominciare a ricostruire gli eventi che lo hanno portato a distaccarsi così tanto da tutto e da tutti. Solo a quel punto James sarà in grado di farsi carico delle scelte che ha di fronte: dovrà prendere delle decisioni sul suo futuro, affrontare gli altri e soprattutto se stesso.

Cos’altro c’è dentro – Recensione

James ha diciotto anni e ha il diritto di cercare di capire cosa vuole fare della sua vita. Peccato che il mondo intorno a lui voglia costantemente ricordargli quello che si aspettano lui faccia, che è quello che fanno tutti: andare all’università, condividere una stanza in un dormitorio, andare alle feste e divertirsi. James però non ci sta, vuole mettere in dubbio quello che fanno i ragazzi della sua età, anche perché gli stanno tutti antipatici. A James piace leggere, stare da solo e passare il tempo con la nonna. James vuole avere il diritto di fare le sue scelte, di sbagliare magari, ma di farlo a modo suo. Nessuno sa cosa vuole dalla sua vita, specialmente a diciotto anni, eppure la famiglia, gli amici, gli psicologi sembrano tutti avere ben chiaro quello che James debba fare, nonostante la palese miseria delle loro vite. Se nessuno sembra vedere chi è davvero James, se nessuno sembra volerlo supportare nella sua crescita, allora sarà lui a prendere le sue decisioni, sbagliando e standoci male, ferendo e venendo ferito. La storia di James è la storia di tanti ragazzi, che gli adulti raggruppano tutti sotto la categoria di adolescenti, teenagers, dimenticandosi che sono tutti diversi e che alcuni sono più diversi di altri.

La New York di Cameron è un esempio di decadenza moderna. Una città più realistica di quelle di Palahniuk e meno meccanica di quelle di De Lillo, ma altrettanto alienante. È una società che ha fatto, letteralmente, dei bidoni dell’immondizia delle opere d’arte uniche e di grande valore, che sente il bisogno di rimuovere le rughe sotto gli occhi col bisturi, invece che accettare l’invecchiamento. James è allora, in questo orizzonte, un ribelle, senza essere un eroe. È fragile, timido, introverso, e proprio per questo è intimamente umano; il lettore lo riconosce, si riconosce. James si ribella facendo scelte sbagliate, fallendo e subendone le conseguenze, dovendo fare i conti con le proprie emozioni e quelle degli altri.

Il dolore allora sarà utile proprio in virtù del suo essere una tappa fondamentale nel percorso di crescita di James e di tanti disadattati come lui. È grazie al dolore che James comincia a provare empatia, che abbassa la sua barriera protettiva nei confronti del mondo. Questo succede nel momento in cui James affronta John, dopo averlo ferito e ingannato, avendo fatto finta di essere qualcun altro. È qui che James ammette la sua insicurezza e il desiderio di esser diverso: «Forse sono io che non mi piaccio. Vorrei tanto essere quella persona.»

La risposta di John è impietosa quanto onesta: «E allora diventalo. […] Ma non prendere per il culo gli altri.»

Crescere, in quest’ottica, significa entrare in relazione con l’altro, rendendosi conto dell’umanità e delle fragilità altrui, mettendo da parte le proprie, almeno per un momento.

Il romanzo è scritto in prima persona dal punto di vista di James, e questo fa calare il lettore da subito nei panni del ragazzo. La scrittura di Cameron è accogliente, quotidiana e intima, permette una lettura del mondo, interiore ed esteriore, con pochi filtri, senza abbellimenti. Le descrizioni nel romanzo sono ridotte all’osso, quasi scomparse, eppure non se ne sente la mancanza. New York, il padre in giacca e cravatta, la madre vamp che ascolta dischi di self-help: tutto è così immediato che il lettore non ha bisogno di sapere molto altro riguardo luoghi e personaggi. D’altronde, non potrebbe essere altrimenti: il punto di vista di James è quello di una persona che vuole andare oltre l’apparenza, qualcuno che cerca l’essenza delle cose e che non vuole assuefarsi alla logica del così fan tutti.

Perché leggerlo

Perché nessuno ha le risposte giuste, soprattutto a diciotto anni. E quindi è sacrosanto girovagare, fare cose stupide, sognare, odiare e cercare di conoscersi meglio.

Perché non leggerlo

Perché non dà conferme né soluzioni, non dà una risposta alla crisi. Se ci si sente in gabbia questa storia non è la chiave della serratura.

Una frase

«E le persone si comportano in modo stupido quando c’è di mezzo l’amore. Io senz’altro l’ho fatto.»

Simone Lollini

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