
Dopo molte stesure, trasformazioni, rimaneggiamenti e grazie alla preziosa amicizia e ai consigli indispensabili di Francesca Masera (agente letteraria appassionata), pochi mesi fa il libro ha trovato la sua forma ideale, il titolo giusto (sono passato attraverso quattro titoli diversi) e l’editore che ci crede, Castelvecchi. Il seme di tutto questo c’era già – ma l’ho scoperto solo a libro pubblicato – in un appunto preso dopo la mia prima intervista, quella a Grossman: “creare sintonie tra scrittori che non si conoscono. Per il loro ‘gusto’ e piacere (e non solo per quello del pubblico), jam session. Incontrare altre anime e scoprire le parti sconosciute della propria.” E poco più sotto: ‘I libri sono più reali della realtà. L’accettano così com’è, la manifestano, non la temono’.
Al contrario che nelle interviste televisive, dove la mia scelta era di restare “di quinta”, pressoché invisibile, per lasciare tutto lo spazio agli scrittori, ho dovuto mettermi in campo e farmi narratore, non solo per proporre al lettore le parole degli scrittori, ma anche per rispondere alla domanda che spesso mi sentivo rivolgere da persone vicine e amici cari al ritorno dai miei incontri-interviste: “Ma lui (o lei) com’è da vicino?”. Ogni lettore vorrebbe conoscere di persona lo scrittore e capire, fra l’altro, se ciò che scrive corrisponde a ciò che è. Ho provato a condividere queste mie esperienze e raccontarle in un libro che è sul confine fra narrativa e saggistica, non facilmente catalogabile.
Per scelta questo non è un libro “multimediale”, non rimanda con il tempo che è trascorso è servito a trasformare voce e immagini in scrittura. Ma in fondo al volume ho messo un “avviso ai naviganti”: chi vuole vedere e ascoltare i protagonisti del libro, indico dove e come trovare i filmati messi insieme in nove anni di Incontri. Ma consiglio di farlo solo dopo la lettura del libro e non col sistema del multitasking, che non amo particolarmente. Però, per darne un’idea anche visiva ai vostri lettori, mi piace darla attraverso questo booktrailer.
Come ha selezionato gli autori presenti nel libro?
Non sono e non mi sono mai considerato un “critico letterario” e non saprei davvero, con oltre 60.000 titoli pubblicati ogni anno nel nostro Paese, come scegliere autori e libri da leggere. Dunque mi sono servito, negli anni, della straordinaria opera di mediazione culturale fatta ai massimi livelli, in particolare dagli organizzatori del Festivaletteratura di Mantova (venti dei trentadue autori li ho intervistati lì), della giuria internazionale del Premio Nonino e di poche altre manifestazioni. Ne leggevo i programmi, sceglievo con cura gli scrittori il cui sguardo sul mondo (e non solo i singoli libri) ritenevo particolarmente interessante per il pubblico del nostro canale televisivo e non solo e mi immergevo nella lettura delle loro opere. Questo valeva per la trasmissione Incontri, che ho curato per nove anni. Quando si è trattato di selezionare ulteriormente scrittrici e scrittori per questo libro, ho scelto, con non poca difficoltà e sacrifici, quelli che mi sembravano i più adatti a creare un racconto il più unitario possibile, un vero e proprio “filo di voci” capace di interessare e accompagnare il lettore su un percorso del tutto originale. Nel libro propongo, insieme a scrittori universalmente noti (da Tiziano Terzani ad Amos Oz, da Alda Merini a José Saramago a Zygmunt Bauman) altri che ritengo utile che tutti i lettori scoprano e conoscano e che invece in Italia sono sempre rimasti “di nicchia”: penso a Eduardo Galeano (noto quasi solo per Le vene aperte dell’America Latina), ai Premi Nobel Nadine Gordimer o Wole Soyinka, al poeta e monaco buddhista Thic Nhat Hanh e tanti altri.
E ora sono particolarmente lieto, e le sono grato, di essere stato a mia volta selezionato per i lettori del vostro sito, che cercano con curiosità e interesse suggerimenti di letture. Mi auguro che trovino in Un filo di voci una sorta di “navigatore letterario” che li aiuti a orientarsi nel labirinto infinito dei libri.
Molte di queste voci, purtroppo, non si possono più ascoltare dal vivo, ma nei loro libri: in che modo la letteratura trascende la pura e semplice attualità?
Il potere della grande letteratura è proprio questo che lei dice: trascendere la pura e semplice attualità. La narrativa e la poesia di ogni epoca hanno radici profonde nell’ambiente sociale e politico in cui nascono, ma al tempo stesso la loro grandezza sta nel cogliere temi e modi di sentire e pensare universali, che possono arrivare a tutti e ovunque, nello spazio e nel tempo. Basti pensare alla grande letteratura russa o francese del diciannovesimo secolo o del primo Novecento, che ci raccontano molto di più delle situazioni di attualità da cui hanno origine o degli ambienti in cui sono nate, ai Don Chisciotte, ai Moby Dick, Alice o Pinocchio. Qualche esempio fra gli scrittori di cui racconto e la cui voce non possiamo più ascoltare, ma che resta alta nelle loro opere: Cecità di Saramago ci fa comprendere (almeno quanto La peste di Camus) tutto quello che abbiamo vissuto noi tutti in questo periodo di pandemia. Le voci di Dario Fo, Toni Morrison, Tiziano Terzani e molte altre ci parlano ancora al presente del nostro presente, quando li si legge e li si ascolta non si ha assolutamente la percezione di essere davanti a qualcosa di superato. E in un periodo in cui ogni notizia “di attualità” viene considerata superata in pochi minuti, la letteratura rappresenta un bel porto in cui rifugiarsi, al riparo dalle illusioni del mainstream.
Quali suggestioni emergono dalla combinazione di voci diverse, anche di autori che non si sono mai incontrati fra loro?
Torno a quell’appunto scritto per me nel lontano 2000 e che considero l’idea-seme che ha portato al frutto di questo libro: il tentativo, la ricerca, di ricreare jam session immaginarie intorno ai temi più rilevanti della letteratura. Un filo di voci è organizzato in capitoli che toccano temi attuali e insieme costantemente presenti nella letteratura. Qualche esempio: la pace fuori e dentro di noi, gli stereotipi e il razzismo, le arti di osservare e immaginare, l’amore, la libertà, la dissidenza e l’esilio, e altro ancora. Ho scelto di introdurre ogni capitolo mettendo in evidenza, prima di dare la parola a ciascuno di loro, il dialogo possibile a distanza tra i vari autori, quasi una polifonia in cui ogni strumento fa sentire la sua voce ma si combina bene con gli altri. È come quando accostiamo un autore all’altro nella nostra biblioteca di casa: non ci chiediamo se hanno dialogato fra loro, ma ne cogliamo le affinità e in qualche modo dialogano dentro di noi. Ho scoperto, parlando con loro, che molti scrittori e scrittrici hanno una base e una conoscenza comune dei classici della letteratura ma spesso non si perdono nel selezionare e leggere i loro contemporanei, anche per la difficoltà di scegliere, o non hanno mai avuto occasione di incontrarli personalmente. Eppure a volte sono in straordinaria sintonia fra loro: penso a Tiziano Terzani e Ryszard Kapuscinski, inviati speciali e scrittori che hanno avuto solo una corrispondenza scritta, di cui non sappiamo nulla, ma non si sono mai incontrati. O alle affinità fra David Grossman e Thich Nhat Hanh, fra Dario Fo e Gao Xingjian. Le suggestioni di dialoghi a distanza che vengono da questi incontri sulle pagine di un libro sono quelle che potranno scoprire gli stessi lettori, molto al di là di quelle che possono derivare dai miei accostamenti.
Posso dire però di essere lieto di offrire, insieme, unità di narrazione e molteplicità di voci. Prendo volentieri in prestito ciò che ha scritto Erri De Luca nella sua prefazione: “Nella composizione dell’insieme Luciano Minerva ha profittato della sua competenza televisiva, incastrando, col metodo del montaggio, tra loro e a loro insaputa le voci suscitate dai suoi punti interrogativi. Da Eduardo Galeano in poi ci si avvicina a dei singoli che hanno voluto essere molteplici attraverso le loro scritture“.
Quali, tra gli incontri narrati nel libro, l’hanno colpita e segnata di più?
È una domanda a cui mi è difficile rispondere, perché in ciascuno degli scrittori che ho scelto di raccontare c’è qualcosa che mi ha colpito e segnato. Però…non posso tirarmi indietro, dunque ci provo. Certamente il primo è Eduardo Galeano, che conobbi in modo assolutamente casuale, quattro anni prima di iniziare la mia rubrica, quando ero ancora un giornalista sportivo (per chi si sorprenda del passaggio da sport a letteratura la risposta è nel libro) e mi mandarono a Montevideo per intervistare l’allenatore Oscar Washington Tabarez. Da un ostacolo (l’indisponibilità improvvisa di Tabarez) nacque un’occasione straordinaria: entrai in libreria, lessi un libro (sullo saport) di Galeano e mi fiondai a casa sua, senza avere idea di quale mito letterario fosse per tutta l’America Latina. L’intervista, per la prima volta in vita mia, finì con un abbraccio e restammo amici per sempre. Lo stesso accadde con Tiziano Terzani, su cui poi realizzai un documentario per la Rai con Paolo Aleotti, ascoltando per sei mesi, quando già non era di questo mondo, la sua voce nel dialogo con il figlio. Ancora, mi ha segnato l’incontro con Thich Nhat Hanh, per cui mi posero, come condizione per intervistarlo, la partecipazione a un ritiro di cinque giorni in cui sperimentai “il nobile silenzio” e appresi sulla mia pelle una forma di ascolto del tutto diversa da quelle che conoscevo. E Alberto Manguel, che da giovane per quattro anni lesse libri ad alta voce per Borges: è autore, fra l’altro di Una storia della lettura, e di Vivere con i libri, libri che considero indispensabili per ogni lettore (per non tacere di Storia naturale della curiosità).
C’è poi un incontro che precede tutti questi di oltre trent’anni e che considero determinante: quello al liceo Carducci, a Milano, ogni giorno per tre anni, con Salvatore Guglielmino, prima ancora che scrivesse le antologie adottate per molti anni in gran parte dei Licei italiani. Era un grandissimo esempio di come affrontare i testi, leggendoli al meglio, e di come selezionare ciò che valeva di più. Se ho saputo prepararmi a quest’incontri ed essere riconosciuto, da scrittori e scrittrici, quel tipo di lettore attento e curioso con cui ognuno di loro ama parlare, è stato grazie a quel fortunato imprinting liceale, cui sono sempre grato.
Luciano Minerva, allievo, a Milano, di Salvatore Guglielmino, vive a Roma. Alla Rai dal 1987 al 2009, per RaiNews24 ha incontrato 170 scrittori di 60 Paesi e, con Paolo Aleotti, ha realizzato un documentario su Tiziano Terzani. Autore, negli anni ottanta, di saggi su sport e televisione, ha pubblicato il romanzo Una vita non basta. Memorie da una metamorfosi (Robin, 2013). Ha fondato La città di Isaura. Associazione per la gioia della lettura. Nel 2020 ha ideato e curato, con Ilaria Drago, il volume Il senso del respiro (Castelvecchi).