
Chi era Padre Clemente Benedettucci e che rapporti intrattenne con la famiglia Leopardi?
Clemente Benedettucci, nativo di Montelupone, dopo aver iniziato l’attività forense, la abbandonò all’età di 27 anni per farsi sacerdote, entrando nella Congregazione dei padri filippini dell’Oratorio di Recanati. Uomo di singolari doti intellettuali, in breve tempo divenne una personalità di rilievo del cattolicesimo locale e della Congregazione filippina, assommando su di sé importanti incarichi di responsabilità nell’ambito prima regionale e via via più esteso. Padre Clemente Benedettucci durante la sua lunga vita (1850-1949) raccolse meticolosamente migliaia di documenti tra ritagli di giornale, manifesti, volantini, lettere di invito, cartoline e calendari, solo per citare gli esempi più cospicui e conservò altrettanto meticolosamente tutta la corrispondenza che egli intratteneva con le persone del tempo, tra cui importanti studiosi, critici, editori. Ricopiò inoltre, di sua mano, documenti ormai perduti come prolusioni, omelie, diari, annotazioni, lettere e testamenti delle personalità più disparate. Con la famiglia Leopardi era in rapporto diretto e di grande collaborazione e amicizia.
Quale lavoro sviluppò sull’opera leopardiana?
La domanda qui è più complessa, unicamente per il fatto che la dimensione e la profondità dei suoi lavori leopardiani non sono ancora ben definite. Come ricordavo all’inizio, il corpus manoscritto di Padre Clemente è al momento in gran parte ancora sparpagliato in grandi sacchi di juta, ove fu sostanzialmente trasferito quando vennero sgomberati i locali della curia ove viveva al tempo della sua scomparsa. Quello che è emerso finora, anche per dare un’idea generale del metodo e degli interessi, è un grande lavoro critico di commento delle principali opere leopardiane e anche di raccolta e annotazione di lavori pubblicati da altri intorno all’opera leopardiana (articoli di giornale, saggi, edizioni critiche). Come dicevo poc’anzi, padre Clemente fu un fine critico dell’opera di Giacomo Leopardi e intrattenne sempre rapporti diretti con la famiglia del poeta. Questo gli permise di consultare i manoscritti originali e di parlare con i familiari più prossimi, frequentando assiduamente Casa Leopardi. Da qui iniziò un lungo lavoro di trascrizione e analisi dell’opera del Poeta, giungendo a preparare diverse edizioni critiche dei suoi scritti. Ebbe numerosi scambi con altri studiosi di Leopardi del tempo, del calibro di Francesco Moroncini.
Quale profilo di Leopardi emerge dai testi di Padre Clemente?
Non emerge un vero e proprio profilo dell’uomo o del poeta dall’opera di Padre Clemente, perché egli si concentra sui testi, con un atteggiamento filologico assolutamente moderno per quei tempi, addirittura precursore dello stesso Francesco Moroncini. Padre Clemente fu un testimone attivo, questo sì, e quindi si può ricostruire con profitto l’atmosfera del tempo e anche la stessa realtà storica: ne sono testimonianza le numerose cartoline, i biglietti dei treni, gli elenchi delle pietanze dei pasti, le note degli acquisti e così via. Padre Clemente ci restituisce, perlopiù indirettamente, uno spaccato della vita e della società di Recanati altrimenti irrecuperabile. Naturalmente per apprezzare questo aspetto si deve considerare il materiale di Benedettucci nella sua interezza e complessità, ricostruendo al tempo stesso la lunga e complessa vita dell’ecclesiastico.
Daniele Silvi è ricercatore in Critica letteraria e Letterature comparate. Insegna Teoria della Letteratura e Digital Humanities presso l’Università di Roma “Tor Vergata”. Tra le sue pubblicazioni: Leopardi satirico (Roma 2017); I Canti di Giacomo Leopardi nella cultura letteraria spagnola (1855-1920). Traduzioni e ricezione (Lecce 2018); Letteratura transmediale. Teoria e pratica della cultura digitale (Roma 2018); Lezioni di Informatica umanistica (Roma 2021).