
di Francesco Massa
Franz Steiner Verlag
«L’obiettivo di questa ricerca è la ricostruzione delle dinamiche, delle tipologie e delle ragioni della presenza di rappresentazioni letterarie e iconografiche dionisiache nella produzione cristiana tra II e IV secolo. In questa prospettiva, il titolo Tra la vigna e la croce vuole esprimere, attraverso l’uso di due immagini, la complessità del rapporto tra Dioniso e le fonti cristiane, dalla contrapposizione alla coabitazione, dalla competizione religiosa alla mediazione culturale.
La presenza di molteplici pratiche religiose, di origine diversa, all’interno dei confini dell’Impero ha indotto la critica recente a riflettere sulla natura di quello che appare – per utilizzare una categoria moderna – un «pluralismo religioso»: in questo senso, ha conosciuto una certa fortuna l’espressione «marketplace of religions», di cui John North si è servito per descrivere una realtà all’interno della quale i singoli individui si trovavano dinanzi a un panorama estremamente composito di gruppi cui era possibile aderire e di divinità cui votarsi. La metafora è sicuramente efficace, sebbene occorra mantenere una certa prudenza nell’estendere al mondo antico una categoria contenente al proprio interno un presupposto tipico dell’età moderna, vale a dire il concetto di libera scelta religiosa degli individui, affermatosi soltanto in seguito alle guerre di religione nell’Europa della prima metà del Seicento. A questo si aggiunga che lo scarso numero di fonti documentarie a nostra disposizione rende complesso il tentativo di ricostruzione della percezione di questa realtà da parte dei fedeli dei primi secoli d.C..
Il gran numero di comunità religiose, diffuse nei territori dell’Impero, aveva determinato a sua volta l’amplificazione di due fenomeni principali, strettamente connessi tra loro e già presenti nelle terre che si affacciavano sul Mediterraneo: in primo luogo, i processi di contaminazione e di assimilazione, in secondo luogo, le tendenze alla rivalità e alla competizione che obbligavano i diversi gruppi a rafforzare, e talvolta anche a ripensare, la propria identità e il proprio ruolo nella società. Il secondo fenomeno, in particolare, aveva determinato un consolidamento delle forme cultuali che permettevano ai propri seguaci di sviluppare un forte senso di appartenenza al gruppo, nonostante non si verificasse mai una vera e propria esclusività […].
La ricostruzione di questo contesto, caratterizzato da una serie di numerose dinamiche interne, rappresenta lo sfondo su cui si colloca l’analisi delle testimonianze cristiane, intese come il prodotto di una molteplicità di gruppi diversi che non costituivano una religione unitaria, come ormai numerosi studi hanno messo in evidenza. Una presentazione della «storia del cristianesimo» deve fondare le radici nel quadro storico, sociale e religioso dei primi secoli dell’età imperiale romana. È solo attraverso l’incontro, il contatto e l’interazione con le tradizioni delle religioni greche e romane, da un lato, e con la religione ebraica, dall’altro, che i diversi gruppi cristiani hanno avviato i processi di costruzione della propria identità. I processi cristiani di transcodificazione, di scambio e di assimilazione delle tradizioni precedenti, così come le chiusure, i rifiuti, le stigmatizzazioni di costumi e comportamenti, hanno rappresentato alcune tra le dinamiche più significative per la costruzione di quella che diventerà la «religione cristiana». […]
Nel periodo che va dalla metà del II alla fine del IV secolo, i racconti mitici, le pratiche rituali e le rappresentazioni iconografiche della figura di Dioniso hanno costituito un significativo elemento di confronto per i gruppi cristiani che hanno costruito la propria identità presentandosi come un’alternativa alle religioni del mondo greco-romano che si è soliti definire con il termine «paganesimo», nonostante la problematicità, abbondantemente riconosciuta, insita nell’uso di questa categoria. Su questa base è necessario, da un lato, identificare gli aspetti che hanno permesso la sovrapposizione e la riconfigurazione degli elementi dionisiaci dal punto di vista cristiano, e dall’altro lato, analizzare le modalità e gli strumenti di appropriazione e/o di neutralizzazione delle immagini e del vocabolario dionisiaco.
Gli studi recenti si sono spesso confrontati con il problema delle relazioni tra cristiani ed Ebrei, mettendo in evidenza come questo rapporto sia stato determinante nella costituzione dell’identità cristiana. Il tema di questo lavoro, Dioniso con le sue tradizioni mitiche, iconografiche e rituali, non può certamente essere paragonato – per vastità e profondità – al confronto tra seguaci di Cristo ed Ebrei dei primi secoli. Non si può negare, tuttavia, che anche il culto di Dioniso, così come quello di altre divinità, abbia rappresentato un elemento di discussione per alcuni autori cristiani, o almeno per coloro che vivevano nelle aree geografiche, in cui tale culto aveva conosciuto una diffusione e un’importanza di grande rilievo. Il confronto con Dioniso, e con tutto ciò che questa divinità ha significato per il mondo greco e romano, ha senza dubbio contribuito a definire un tassello dell’identità cristiana. Come si cercherà di mettere in evidenza, l’apporto delle tradizioni dionisiache alla costruzione dell’identità cristiana non è stato uniforme nei tempi e nei luoghi. Il contributo dionisiaco cambia, a seconda dei testi e delle immagini: talvolta è stato un mero strumento di comunicazione, una metafora letteraria o uno schema iconografico, talvolta invece la presenza di parole e immagini dionisiache ha contribuito a creare, a fondare le rappresentazioni cristiane.»