“Tra cielo e terra. Economia e finanza nella Bibbia” di Carlo Bellavite Pellegrini

Prof. Carlo Bellavite Pellegrini, Lei è autore del libro Tra cielo e terra. Economia e finanza nella Bibbia pubblicato da Università Bocconi Editore: quale rilevanza assumono, nella Bibbia, i riferimenti economici?
Tra Cielo e Terra. Economia e Finanza nella Bibbia, Carlo Bellavite PellegriniLa Scrittura affronta spesso i temi economici da diversi punti di vista. Si potrebbe affermare che, a un’attenta ricerca, il testo biblico è molto ricco di riferimenti all’economia, alla finanza e, più in generale, a tutti gli aspetti del mondo economico, commerciale e produttivo. A volte si tratta di precetti di carattere giuridico, come ad esempio quello che tratto nella prima parte del libro relativo alla determinazione del valore di un campo, ovvero di un importante asset reale dell’epoca (Levitico 25, 14-16). Si tratta infatti di trovare il prezzo di equilibrio di un campo come elemento di equità e giustizia civile. Altrove il riferimento a vicende di carattere economico nasce dalla narrazione biblica, come nel caso della trattativa fatta da Abramo con uno dei capi degli Ittiti, Efron, per l’acquisto del campo di Macpela destinato alla sepoltura di Sara (Genesi 23, 3-20). In questo caso, ad esempio, Abramo paga un prezzo esorbitante rispetto al valore effettivo del campo. Abramo ne è consapevole, ma ritiene che sia necessario mandare un segnale di credibilità e di forza finanziaria agli Ittiti fra cui è forestiero. Il testo propone anche un’interessante descrizione degli elementi di pubblicità giuridica che corredano il contratto per dimostrarne la validità. Altre volte ancora i riferimenti nascono direttamente dalle parabole di Gesù, come la celebre parabola dei talenti (Matteo 25, 14-30). In questi casi Gesù prende come esempio situazioni correnti della vita facilmente percepibili ed identificabile dai suoi uditori.

Quale funzione svolgono tali riferimenti?
In tutti i brani della Scrittura che analizzo nella mia monografia il testo rimanda a un secondo piano, di carattere apparentemente meta economico, meno immediato da percepire. In questo secondo livello di analisi emergono, a mio giudizio, due considerazioni importanti. In primo luogo, come affermava il Cardinal Martini, la Parola si dimostra essere viva e attuale. Il confronto con il testo biblico indirizza la vita, la capacità di discernimento e le scelte delle persone. Questo secondo livello ha una significativa valenza esistenziale. Come ho avuto modo di affermare altrove la figura di Giuseppe, figlio di Giacobbe e della moglie prediletta Rachele, è per me stata molto importante per indirizzare le mie scelte. Giuseppe può ragionevolmente rappresentare un benchmark per tutti quei giovani e meno giovani che si trovano a studiare e a lavorare all’estero in un contesto sfidante da un punto di vista personale, professionale, linguistico e culturale. In secondo luogo, fra le righe, si percepisce chiaramente che gli “assets” di gran lunga più rilevanti siano costituiti dalla costruzione di relazioni sane con il prossimo e dalla costruzione della relazione con Elohim, ovvero con il Signore, come lo chiamo nel testo. Questa considerazione rimanda a un’evidenza a cui gli economisti hanno attribuito crescente importanza nel corso del tempo, ovvero che il capitale sociale ha rendimenti marginali crescenti. Mi spiego meglio. Mentre tutti i beni fisici hanno rendimenti marginali decrescenti, le diverse forme di capitale sociale, come la fiducia o l’amicizia hanno rendimenti crescenti. Più esiste un contesto di fiducia, più questa risulta essere diffusa. Questa evidenza è di fondamentale importanza per l’attività economica. Pensiamo, ad esempio, a una banca. La materia prima di una banca o di un’attività finanziaria non è il denaro, ma la fiducia. Senza la fiducia una banca non esiste. La Bibbia ha sottolineato che valori come la fiducia o l’amicizia sono gli ingredienti senza i quali l’economia e la finanza non possono esistere.

In che modo la Bibbia può dunque essere letta anche come un manuale di economia?
Certamente la Bibbia non è un manuale di Economia o di Finanza. Non è ovviamente questa la sua prospettiva. Tuttavia gli esempi biblici possono essere molto utili come spunti di riflessione e di analisi anche per i moderni studi di economia e di finanza. Penso, ad esempio, al sogno del Faraone delle sette vacche magre e delle sette vacche grasse, delle sette spighe ricche e delle sette spighe vuote, interpretato da Giuseppe in Genesi 41. Tale esempio modella l’idea che la distribuzione dei rendimenti azionari non segua la normale gaussiana, ma sia caratterizzata da un peso delle code della distribuzione, ovvero che gli eventi estremi siano più probabili di quello che possiamo pensare. Si tratta di quello che, in anni recenti, è stato definito come “cigno nero”. Come è noto il sogno del Faraone suggerisce l’idea che l’andamento dell’attività economica possa essere ottimo per molto tempo o pessimo per molto tempo analogamente. Probabilmente dopo la Global Financial Crisis del 2007/2008 e dopo il Covid, tali concetti ci sono, purtroppo, più familiari.

Quale visione dell’agire economico e quale modo di ragionare sui fatti economici e finanziari emergono dal testo biblico?
Dal testo biblico emerge una visione interessante e positiva dell’agire economico e dei temi economici e finanziari nel loro complesso. A mio parere si sottolinea come l’economia e la finanza sono dei mezzi e come tali sono neutri. È fondamentale infatti capire l’uso che l’uomo fa di tali mezzi. Analoga considerazione vale anche per la ricchezza. Emerge anche un punto di vista interessante a proposito della ricchezza. Questa non preclude una relazione intensa con Elohim. Alla presenza di Elohim stanno uomini molto ricchi, come Abramo, Isacco e Giacobbe, Mosè o anche il profeta Eliseo o molto essenziali come Elia. I patriarchi inoltre sono uomini avveduti, a tratti scaltri. Questa evidenza porta con sé due riflessioni. Da un lato, nel ragionare economico, è necessario procedere con avvedutezza e discernimento. Non saremo risparmiati da tribolazioni economiche anche se siamo uomini di fede. Tuttavia balugina sempre una ulteriore dimensione, quella del centuplo, ovvero che il migliore investimento che può essere fatto è quello nella relazione con Elohim alla cui presenza gli uomini di fede stanno.

In che modo le prospettive storica, ermeneutica, filologica ed esistenziale contribuiscono a rendere attuale il messaggio biblico su economia e finanza?
Come narro nel testo, nell’estate del 2006, nella casa degli esercizi della Compagnia di Gesù di Selva di Valgardena, a latere di un corso di esercizi, ebbi un colloquio con il Cardinal Martini a cui manifestai la mia intenzione di dedicarmi ai temi economici e finanziari presenti nella Bibbia. Il Cardinal Martini mi diede un solo consiglio, ovvero quello di prestare molta attenzione al fatto che tali testi erano stati redatti nel corso di circa un millennio. Le prime versioni di alcuni dei capitoli davano ampio spazio a considerazioni ermeneutiche e soprattutto filologiche. Avevo infatti tradotto direttamente io dall’originale ebraico e greco i testi che andavo analizzando. Solo successivamente, dal confronto con alcuni amici che avevano letto il testo in anteprima e, fra questi, desidero ricordare Giovanni Bazoli, decisi di tralasciare l’impianto filologico ed ermeneutico presente nella prima versione per rendere il testo più leggibile. Tuttavia gli strumenti storici, ermeneutici, filologici e l’approccio esistenziale a cui si fa cenno nella domanda sono fondamentali per una corretta comprensione ed attualizzazione del testo biblico. In modo analogo è stato necessario mettere in dialogo il testo biblico anche con i temi emergenti nel dibattito economico e finanziario.

In che modo grandi figure della Chiesa di oggi, dal Cardinale Martini a Papa Francesco, hanno letto e interpretato il messaggio biblico su economia e finanza?
Fino a qualche tempo in finanza era visione ortodossa e condivisa che la finalità dell’impresa fosse la massimizzazione del valore corrente del capitale economico a beneficio degli azionisti. Questa evidenza enunciata da Milton Friedman (1970) rivelava implicitamente una sorta di predilezione per la risorsa che si era rivelata storicamente più scarsa ovvero il capitale di rischio. Le vicende che si sono dipanate a partire dalla Global Financial Crisis del 2007-2008 e, in modo particolare, i tassi di interesse negativi hanno significativamente rivoluzionato tale prospettiva. In un mondo inondato di liquidità, le risorse più preziose sembrano essere quelle ambientali, quelle legate alla salute pubblica, quelle di carattere reputazionale, per non dimenticarsi del valore della pace. Ci si è resi conto che tali beni hanno un valore e che dobbiamo essere disposti a pagare per questi stakeholder. Da queste premesse si comprende la crescente importanza per i temi della sostenibilità e i ranking ESG (Environmental, Social e Governance). È tuttavia significativo notare che tale prospettiva ha avuto un grande impulso, a partire dalla Laudato Sii (2015) nella quale papa Francesco mette in luce la rilevanza anche economica dell’ambiente e della creazione. Si è trattato di una significativa evoluzione nelle prospettive economiche e aziendali che ha messo sotto esame assunti consolidati da molto tempo.

Carlo Bellavite Pellegrini (1967) è Professore Ordinario di Finanza Aziendale presso la Facoltà di Scienze Bancarie, Finanziarie e Assicurative dell’Università Cattolica di Milano, dove presiede il Comitato Direttivo del Centro studi di Economia Applicata (CSEA). Dottore Commercialista e Revisore Contabile, è il fondatore dello Studio Professionale Bellavite Pellegrini & Associati di Milano. È autore di numerose monografie nazionali ed internazionali e pubblicazioni su riviste nazionali ed internazionali. È membro di Consigli di Amministrazione e Collegi Sindacali di società appartenenti a gruppi quotati e non quotati.

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