“The Continuity of Classical Literature Through Fragmentary Traditions” a cura di Francesco Ginelli e Francesco Lupi

Dott. Francesco Ginelli e Francesco Lupi, Voi avete curato l’edizione del libro The Continuity of Classical Literature Through Fragmentary Traditions pubblicato da De Gruyter: quale ruolo svolgono i frammenti negli studi classici?
The Continuity of Classical Literature Through Fragmentary Traditions, Francesco Ginelli, Francesco LupiFrancesco Lupi: I testi frammentari svolgono una funzione di assoluto primo piano: nel grande ‘naufragio’ della letteratura antica – per usare una immagine particolarmente fortunata nel campo degli studi sui frammenti – la ‘frammentazione’ di opere letterarie (ma non solo) è un fenomeno che affligge, in forme, modalità e misure alquanto diverse tra loro, ogni epoca e ogni genere letterario praticato nell’antichità. È virtualmente impossibile, per chi si occupi di letteratura greco-latina, non imbattersi in testi frammentari. E tuttavia il riconoscimento dell’importanza dei testi frammentari va oltre le considerazioni di natura meramente ‘statistica’; i frammenti ci ricordano innanzitutto, e molto opportunamente, che le letterature antiche non equivalgono a ciò che di esse sopravvive in forma ‘integra’. Si pensi, per limitarsi a un solo ambito, alla tragedia greca del V secolo a.C.: il ristretto gruppo di drammi integralmente giunti fino a noi, paragonato alle svariate centinaia di tragedie a cui non è toccata questa sorte, costituisce sì un corpus significativo per fondare la nostra conoscenza e lo studio del genere tragico, ma allo stesso tempo è una frazione di quanto la “macchina teatrale ateniese” – come l’ha definita Guido Avezzù – seppe produrre. Si capisce che considerare la frazione come rappresentativa del tutto contiene delle insidie di natura metodologica. Questo vale ovviamente anche per le opere analizzate singolarmente, per la tendenza a considerare i frammenti di un’opera letteraria rappresentativi di quell’opera nella sua interezza, e a trattarli dunque come partes pro toto, un aspetto lucidamente rilevato da Glenn W. Most nella prefazione a un’importante raccolta di saggi sul tema curata dallo studioso (Collecting Fragments = Fragmente sammeln, Göttingen 1997, p. VI). Sul piano operativo è necessario, per quanto possibile, indagare i frammenti e integrarli a pieno titolo nel dibattito scientifico, e ciò anche in quegli ambiti letterari per i quali si disponga di opere integre.

Quali sfide pongono a lettori e filologi i testi frammentari?
Francesco Lupi: Le sfide poste dai testi frammentari a lettori e studiosi del mondo antico sono molteplici. Mi piace qui isolare, innanzitutto, il peso che rivestono le opzioni metodologiche di volta in volta poste a fondamento di un’indagine avente per oggetto testi frammentari. È molto vivo, ad esempio, il dibattito sui limiti impliciti nell’opera di ricostruzione di un’opera conservata in forma frammentaria: fin dove è ‘lecito’ spingersi nella ricostruzione di ciò che non si possiede più in forma integra? Come sottrarre un testo al rischio di (sovra-)interpretazioni non adeguatamente suffragate dai dati in nostro possesso? E ancora, quale peso accordare, nel caso di frammenti di tradizione indiretta, alle fonti e ai condizionamenti ideologico-culturali sottesi alle medesime? Sono, questi, solo alcuni degli aspetti che gli studiosi di frammenti devono considerare, elaborando strategie di analisi e ponendosi obiettivi di volta in volta differenti a seconda delle specificità del materiale con cui si trovino a lavorare. Quanto ai lettori, la sfida è forse quella di mantenere un atteggiamento criticamente consapevole del fatto che, nel caso di testi frammentari più che in altri, le edizioni e le stesse traduzioni poggiano su presupposti talora altamente ipotetici.

Quali principi di fondo ispirano lo studio dei frammenti testuali?
Francesco Ginelli: La nostra comprensione del mondo greco e romano è inevitabilmente caratterizzata da un senso di perdita: la maggior parte di ciò che l’antica Grecia e Roma hanno prodotto non ci è, infatti, pervenuta. Ne consegue che lo studio dei testi frammentari ricopre un ruolo centrale nel campo della letteratura classica. Il desiderio di ripristinare ciò che è andato perduto diviene, dunque, una sfida stimolante, una sorta di aristotelico “motore primo” (è l’immagine che abbiamo voluto impiegare nella nostra introduzione) per studiosi e lettori. Questo è, con ogni probabilità, il principio di fondo più evidente su cui si basa lo studio dei testi frammentari. Tuttavia, proprio l’esiguità dei materiali in nostro possesso e il talora fragile stato di conservazione dei supporti stessi (si pensi al caso dei papiri) impongono allo studioso una costante riflessione sui principi metodologici da seguire nel ricostruire, riordinare e commentare i testi stessi. Questioni come la distinzione tra tradizione diretta e indiretta, frammento e testimonianza, grado di fedeltà all’originale perduto rappresentano veri e propri principi fondamentali da chiarire nelle fasi preliminari di un lavoro di edizione e da tenere in costante considerazione nel processo di analisi. I saggi raccolti nel nostro volume intendono muoversi in questa direzione. Sebbene ogni elaborato si concentri su argomenti e interessi di volta in volta diversi – da Esiodo ai testi latini su papiro di ambito militare -, tuttavia è possibile rintracciare come principi comuni la volontà di conquistare qualche nuovo “frammento” di conoscenza e di promuovere una costante riflessione su un sapere, quello avente per oggetto il mondo antico, mai statico.

Quali sono le questioni più spinose negli studi frammentologici?
Francesco Ginelli: Può forse sembrare ovvio, ma la scarsità di materiale testuale rappresenta la difficoltà più evidente e più impegnativa per coloro che desiderano condurre ricerche su testi frammentari. Quasi come in un rapporto matematico, minore è la quantità di testo disponibile, maggiore è il rischio che la ricerca porti a risultati distorti. Da ciò nasce, quindi, l’attenzione e la centralità riservata a questioni legate alle metodologie di studio, intese non come presupposti rigidamente immutabili, bensì come fattori in continua evoluzione e innovazione, influenzati tanto da riflessioni interne quanto da elementi legati alle nuove tecniche di indagine e allo stato dei materiali in esame. Tali considerazioni ci hanno spinto a formulare nelle pagine introduttive al volume una checklist di quelli che riteniamo essere alcuni tra gli aspetti preliminari più complessi che uno studioso affronta quando si avvicina allo studio di un testo frammentario. Di primaria importanza è la necessità di distinguere tra frammenti trasmessi in modo diretto e indiretto. Fondamentale è poi chiarire il più possibile i concetti di frammento e testimonianza che si intendono adottare, nonché i diversi strati di mediazione che separano un testo dall’opera di appartenenza. È infatti indispensabile esaminare i frammenti non come entità assolute, ma come parte di una totalità e di una tradizione che sta a noi cercare di ricostruire nei limiti delle possibilità offerte dalle evidenze materiali. Nello svolgere tale indagine è bene, però, tenere sempre a mente che ogni distinzione adottata non andrebbe mai concepita in modo troppo rigido né dovrebbe portare a svalutare alcuni elementi a favore di altri. Da ciò si comprende come una chiara esposizione dei criteri editoriali o di lavoro adottati costituisca un compito essenziale per lo studioso. Altrettanto spinosa è la questione legata ai principi organizzativi del materiale: proporre un ordine dei frammenti e delle testimonianze significa comunicare al lettore una propria visione di insieme dell’opera che si vuole ricostruire. Nel fare ciò è importante prestare attenzione al frammento stesso, senza forzarne l’interpretazione o fornendone letture non supportate dal dato testuale; al tempo stesso è fondamentale progettare un’edizione che possa risultare fruibile e di chiaro accesso a lettori e studiosi, i veri destinatari del lavoro di un frammentologo.

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