“Teatro e società: il caso dello Stabile di Bolzano” di Ilaria Riccioni

Prof.ssa Ilaria Riccioni, Lei è autrice del libro Teatro e società: il caso dello Stabile di Bolzano edito da Carocci: quale funzione sociale svolge il teatro?
Teatro e società: il caso dello Stabile di Bolzano, Ilaria RiccioniIl teatro è un’istituzione culturale e un luogo di aggregazione che ci rimanda le condizioni della nostra vita sociale, politica, culturale. Ma soprattutto ci chiede coinvolgimento, presenza, e capacità di stupirci. Il teatro nella società può avere diversi ruoli, che si accomodano nelle pieghe delle consuetudini sociali, si pensi alle diverse funzioni del teatro Elisabettiano del ‘600 inglese con Shakespeare e quello dei primi anni del ‘900 in Francia, con Ionesco e Beckett. Il teatro è tangente alla società e ne rimanda le ombre in termini inversi: ciò che la società vorrebbe nascondere trova ribalta nelle rappresentazioni o esperienze teatrali, come avrebbe detto Artaud. Il teatro oggi ha un ruolo ulteriormente fondamentale in quanto ribadisce l’importanza della presenza, dell’esperienza condivisa, che la società tecnologica tende ad adombrare, confondere, appiattendo l’esperienza sull’attimo senza profondità. Il teatro, invece, richiama l’imperfezione umana, con i suoi tempi contemporanei, la relazione e la sua complessità, la drammaticità della scelta e dell’azione del momento presente, che in nessun modo potrà essere o tornare uguale. Neanche con un copione ben memorizzato. Il teatro recupera il valore dell’illusione come scintilla del cambiamento o tensione verso un miglioramento, ma è fortemente radicato nel vissuto, nel corpo, nell’esperienza.

Il teatro, scrive Jean Duvignaud, è “incastrato nella vita” e ne sono prova gli innumerevoli legami che questo tipo di arte rappresentativa ha con le diverse forme di conoscenza ma anche con le diverse forme di azione pubblica. La riflessione sul teatro è una riflessione che si intreccia con la filosofia, con l’antropologia, con la sociologia, ma anche con la politica, con la quotidianità, con l’immaginario e l’utopia, definendosi in diversi modi e con vari approcci.

Che nesso esiste tra teatro e politica?
Il teatro condivide con la politica l’evenemenzialità: l’esperienza collettiva sintetizzata in un qui ed ora in cui si gioca il tutto per tutto attraverso la relazione. Gli elementi comuni tra politica e teatro sono le pratiche pubbliche: il rapporto con gli spettatori o elettori, la pratica intesa come azione, in termini attoriali per il teatro, in termini legislativi ed esecutivi per quanto riguarda la politica. Anche la politica è relazione, non esisterebbe senza un pubblico, senza gli elettori. Oltre la relazione, per quanto indiretta o mediata, anche la politica, come il teatro, non esiste più. Il teatro inteso come spazio pubblico ha un implicito rapporto con la politica intesa come arte dell’organizzazione della realtà pubblica. La condizione stessa di realizzazione di entrambi consiste in una pratica pubblica. Questi due modi di operare nella realtà sociale sono distinti ma anche storicamente intrecciati, basti pensare ai primi anni del Novecento e agli “abbracci mortali” che le arti, sia plastiche che dinamiche, hanno scambiato. Si pensi alle avanguardie e all’ambiguo rapporto che svilupparono con la politica, primo fra tutti il Futurismo di F. T. Marinetti, che attraverso la “serata futurista” mette in atto delle prove di partecipazione pubblica con un pubblico ignaro; al Dadaismo del cabaret Voltaire che dichiarando apertamente il rifiuto della guerra e della politica opera un gesto radicalmente politico; al Surrealismo di Bréton che stringe alleanza con la Terza Internazionale Trotzkista a costo di perdere il senso stesso dell’arte che aveva contribuito a fondare. In questo senso, la politica si realizza nella presenza, come il teatro. Secondo Alain Badiou il teatro è “un affare di Stato” che al tempo stesso rivela “lo stato della società”, ovvero i suoi intrecci significativi, i suoi ondivaghi e ambigui cambiamenti di significati e priorità sociali ai quali gli individui assistono con ricadute a volte drammatiche nel loro stesso vissuto. “Il teatro come la politica hanno una dimensione pubblica che in entrambi i casi coinvolge “l’altro collettivo” con l’impatto di un fatto creativo radicato nella pratica; fatto che collega in un’esperienza “unificatrice” la realtà collettiva, l’ambiente sociale specifico di azione e la pratica messa in atto per la realizzazione (sia di una scena che di una decisione politica). Sia la politica che il teatro non esistono senza una collettività che la rendono compiuta, che ne rimandano l’importanza rappresentativa.” (Riccioni, 2020: 47)

Quali peculiarità caratterizzano il rapporto tra teatro e spazio pubblico e teatro e spettatori?
Il teatro e la comunità godono di un rapporto simbiotico e dialettico al tempo stesso, a seconda dei periodi storici e delle condizioni: il teatro sin dalla sua concezione più antica è il luogo di formazione dell’individuo, sia civile oltre che culturale, della presa di coscienza dell’altro attraverso la presenza, ma anche attraverso la reciprocità, lo sguardo sull’altro e lo sguardo della scena sullo spettatore. Queste sono le relazioni principali che costruiscono il rapporto all’alterità in termini non soggettivi, bensì collettivi. (Riccioni, 2020: 55)

La comunità differentemente dalla società, dunque, è un campo di interdipendenza sociale tra gli individui dove la loro sopravvivenza è legata alle sorti del gruppo, sia in termini economici che relazionali. Ed è per questo che il teatro come arte di movimento, di presenza e dunque di relazione, ha il potenziale per entrare in rapporto con il senso del gruppo e dell’appartenenza, con il percorso di formazione e disgregazione delle identità di un popolo, con la capacità consequenziale di creare autoconsapevolezza, auto-osservazione, motivazione, solidarietà.

Società, comunità, teatro, dunque come combinazione di elementi che contribuiscono alla formazione del senso del vivere comune. Al tempo stesso, però, il testo teatrale e la sua messa in scena attraversano le diverse società per mezzo della fondazione del mito. Il teatro di Eschilo, Antigone, Medea, Edipo, sono figure che ancora oggi interrogano il nostro sistema sociale, le relazioni sociali contemporanee, dunque la costruzione di un mito radicato nell’immaginario collettivo non è solo eredità di un popolo ma di una civiltà. (Riccioni, 2020: 56) Il teatro come strumento di coscienza è in dialogo con la società, utilizza il suo linguaggio nascosto per portare alla luce ciò che è celato. Il teatro occidentale, infatti, frutto di una società “razionale” si modella soprattutto sulla parola e sul testo. Esistono diverse forme del teatro e diversi modi di concepirne la funzionalità sociale, che riguardano esattamente la collocazione “geografica” o urbana del teatro stesso. (Riccioni, 2020: 57)

Come si è svolta e cosa ha indagato la Vostra ricerca sul Teatro Stabile di Bolzano?
La ricerca si è svolta in circa due anni ed è una indagine sia teorica che empirica quanti-qualitativa che ha come focus di ricerca l’istituzione teatro e le sue possibili declinazioni di funzione nella collettività, nonché la funzione di aggregazione culturale sul territorio. Nel caso dello Stabile di Bolzano siamo in presenza di una specificità che implica la rilevanza della ricerca stessa: TSB è un’istituzione culturale di tipo pubblico e nazionale su un territorio di convivenza tra minoranze linguistiche, con la peculiarità che una minoranza linguistica, quella di dialetto tedesco, costituisce la maggioranza della popolazione nella Provincia autonoma di Bolzano, mentre le minoranze sono costituite dalla cultura italiana, maggioranza sul territorio nazionale, e ladina. Quindi in questo senso la ricerca ha dovuto tenere conto di diversi equilibri, si è sviluppata su piani molteplici e tra di loro trasversalmente dipendenti che vengono definiti nel dettaglio nel libro. La parte empirica ha sviluppato 105 interviste in profondità secondo la metodologia della ricerca sociale qualitativa.

Cosa rivela l’analisi e interpretazione dei dati raccolti?
Innanzitutto, questo libro e questa ricerca evidenziano quanto la ricerca sociale sia ad oggi fondamentale strumento di conoscenza e di autoriflessione per le istituzioni, il territorio e la conoscenza delle esigenze e richieste della cittadinanza. In questo senso, la ricerca sociale fornisce interpretazioni di realtà con strumenti di approfondimento a cui né la dimensione giornalistica né la frenesia digitalizzata possono sostituirsi. Attraverso l’interpretazione delle dinamiche sociali nel processo storico la ricerca sociale offre riflessioni spesso indite e in dialettica con la cultura di un contesto. Per i risultati della ricerca, non essendo una ricerca di tipo esclusivamente quantitativo e di misurazione di un evento, si rimanda alla lettura del libro e al processo di interpretazione dei dati in esso contenuta, non riassumibile in poche righe. Sicuramente si può affermare che dai dati sia ha la conferma che la consuetudine di una società alla frequentazione di eventi collettivi risiede proprio nel tipo di “emozioni” di appartenenza che tale eventi richiamano. In questo senso, è la ricchezza stessa del momento collettivo offerto dal teatro, che viene confermato sia dalle interviste che dai dati rilevati dai questionari, a fare da centro di aggregazione imprescindibile di una comunità. Si evidenzia che Il processo di consolidamento del Teatro Stabile di Bolzano è, infatti, strettamente vincolato alla storia del territorio, alle difficoltà e alle opportunità incontrate negli anni che segnano e rimandano alla costruzione di identità di una Provincia che non ha ereditato un’identità, ma l’ha dovuta costruire negli anni attraversando conflitti, contraddizioni e momenti bui. E nel processo di costruzione di questa identità il TSB è stato un riferimento potente e creativo diventando risorsa della comunità. Ha a sua volta rispecchiato e attraversato la complessità delle dinamiche territoriali diventando “necessario” per il territorio in cui opera, a conferma che l’arte necessaria non ha confini.

Ilaria Riccioni è professoressa aggregata e ricercatrice di sociologia generale alla Libera Università di Bolzano, dove insegna sociologia generale, metodi qualitativi della ricerca sociale e sociologia della cultura. Si occupa di teoria e ricerca sociale su tematiche di convivenza, partecipazione sociale e integrazione con attenzione ai fenomeni artistici come forme di resistenza sociale. Nell’interpretare i fenomeni sociali coniuga le teorie classiche della sociologia con le forme sociali emergenti e innovative in dialettica con i processi storici di mutamento. Tra le sue recenti pubblicazioni: Futurism, anticipating Postmodernism. A Sociological Essay on Avantgarde Art and Society, Mimesis International, 2019; Elites e partecipazione politica. Saggio su Vilfredo Pareto, Carocci, 2012; Bolzano, città di Frontiera. Bilinguismo, appartenenza, cittadinanza, Carocci, 2012.

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