“Sull’amicizia” di Eugenio Borgna

Sull'amicizia, Eugenio BorgnaSull’amicizia
di Eugenio Borgna
Raffaello Cortina Editore

«Nel corso di questo mio libro l’amicizia è rivissuta nelle sue molteplici articolazioni psicologiche e umane, letterarie e spirituali, nella speranza che possa essere meglio conosciuta, e meglio riconsiderata, nei suoi aspetti e nelle sue risonanze emozionali. […] Vorrei che da questo mio libro rinascessero le immagini di una amicizia che risplenda nelle notti oscure dell’anima, e ci aiuti (anche) a meglio confrontarci con la cura della sofferenza psichica. Sì, l’amicizia fra chi cura e chi è curato è talora la sola zattera sulla quale possa salire una persona sola e disperata, che anela alla morte volontaria.

Sono molti i libri che si occupano di amicizia, ma non sono molti quelli che guardano alla amicizia come a una possibile dimensione di una psichiatria che non abbia paura di confrontarsi con tematiche lontane da quelle cliniche. […]

Nella cura di una paziente, o di un paziente, siamo capaci di decifrare il senso nascosto delle parole e del silenzio, e di creare relazioni, nutrite di amicizia? In uno dei suoi libri più famosi, nel quale psichiatria e filosofia si intrecciano l’una all’altra, Ludwig Binswanger, uno dei grandi psichiatri del secolo scorso, diceva che l’amicizia è la premessa alla cura dell’angoscia e della depressione, dei deliri e delle allucinazioni, del desiderio della morte volontaria.

Come (anche) non citare un altro psichiatra svizzero, direttore a suo tempo della clinica psichiatrica universitaria di Zurigo, Manfred Bleuler, che diceva di leggere in ogni forma di vita psicotica una disperata richiesta di aiuto: “Accettami, ti prego, per l’amore di Dio, così come sono”. Sono parole, che portano alla luce l’infinito dolore e le laceranti inquietudini del cuore, radicate in una condizione di sofferenza psichica, e la sensibilità e la tenerezza di un grande psichiatra che diceva ancora come, in psichiatria, il più forte, il medico, in un clima di amicizia, dà la mano al più debole, la paziente o il paziente. Sono parole, e sono immagini, nelle quali si rispecchiano le mie esperienze di cura negli anni della mia vita in psichiatria.

L’amicizia come cura può essere una fragile zattera salvatrice quando si sta male e magari si desidera morire. Lo so benissimo, ci sono problemi in questa vicinanza emozionale fra chi è curato e chi cura, ma salvare una vita è il compito della psichiatria, che oscilla continuamente fra la sua astratta dimensione clinica e la sua dimensione relazionale e dialogica. L’amicizia ha molti volti, e uno di questi rinasce improvviso nel momento di un incontro, che riunisca chi cura e chi è curato in una comunione di destino.»

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