“Studi classici a Torino nel Novecento. Filologia e letteratura greco-latina nell’ateneo torinese” di Sonia Francisetti Brolin

Dott.ssa Sonia Francisetti Brolin, Lei è autrice del libro Studi classici a Torino nel Novecento. Filologia e letteratura greco-latina nell’ateneo torinese, pubblicato dalle Edizioni dell’Orso: che ruolo ha avuto nel Novecento, l’ateneo torinese, negli studi classici a livello nazionale?
Studi classici a Torino nel Novecento. Filologia e letteratura greco-latina nell'ateneo torinese, Sonia Francisetti BrolinL’ateneo torinese ha un ruolo fondamentale a livello nazionale già nel secondo Ottocento, quando viene chiamato sulla cattedra di Letteratura greca il moravo Joseph Müller, che denuncia la situazione critica della cultura italiana rispetto alla filologia germanica. Così, proprio a Torino, dalla collaborazione di Müller con l’indologo Giovanni Flechia e il comparatista Domenico Pezzi, nasce nel 1872 il primo periodico italiano dal taglio filologico: la “Rivista di Filologia e di Istruzione Classica”. Dall’università sabauda inizia, dunque, un tentativo di svecchiare l’arretratezza dell’antichistica italiana, con un graduale avvicinamento alle nuove metodologie anche nell’insegnamento del latino, grazie alla figura di Ettore Stampini, docente dal 1897 al 1930, che si impegna costantemente nella ricerca di una sintesi tra l’antico umanesimo e la critica del testo. Tuttavia, per quanto concerne il greco avviene un cambio di orientamento, poiché scoppia una dura querelle contro il metodo introdotto dalla grande filologia germanica della prima metà dell’Ottocento. Nel 1895, infatti, alla morte di Müller, la cattedra di Letteratura greca è affidata a Giuseppe Fraccaroli, diffidente verso qualsiasi lettura dei testi eccessivamente formalistica. Il professore, in particolare, entra in collisione con la scuola fiorentina di Girolamo Vitelli, paladino del metodo filologico in Italia. Così, quando nel 1903 dà alle stampe, con grande successo editoriale, L’irrazionale nella letteratura, inizia un’accesa discussione al di là dei confini piemontesi. Il libro, infatti, rifiuta i tentativi di applicare modelli tecnici alla letteratura, come se fosse una scienza, con evidenti accostamenti con il neoidealismo di Benedetto Croce, che ha appena pubblicato Estetica come scienza dell’espressione e linguistica generale (1902). Intanto, mentre Fraccaroli, per motivi personali, lascia l’insegnamento, la querelle antifilologica viene associata, a livello nazionale, a idee nazionaliste antigermaniche. Portavoce di tale avversione è Ettore Romagnoli con il celebre Minerva e lo scimmione (1917), ove il filologismo germanico viene accostato all’antipatriottismo. Mentre Vitelli preferisce tacere, il suo allievo Giorgio Pasquali scrive il manifesto italiano della filologia classica: Filologia e storia (1920). L’opera insiste sulla necessità di un metodo preciso nell’esame dei testi, evidenziando l’importanza di una nuova prospettiva, che, mettendo da parte le esasperazioni della scuola tedesca, possa fornire una risposta efficace alle critiche sorte proprio a Torino a partire dalle posizioni di Fraccaroli. Anche da queste premesse, nell’evoluzione degli studi classici torinesi, nasce nell’ateneo sabaudo la nuova filologia di Augusto Rostagni, allievo di Angelo Taccone, figura umbratile formatasi sotto la guida di Fraccaroli.

Come si sono evoluti gli studi classici a Torino nel corso del Novecento?
Come si è accennato poc’anzi, per Torino è importante la figura di Augusto Rostagni, ordinario di Letteratura latina dal 1930 fino alla morte nel 1961. Lo studioso, infatti, in un’oscillazione tra letteratura e storia, che deriva dai suoi Maestri, ossia Taccone e De Sanctis, trae dalla filosofia crociana uno spirito nuovo. Così, rifiutando qualsiasi separazione tra la cultura greca e quella latina, il professore dà vita a una nuova immagine, eclettica, del filologo classico, aperto al mondo antico in funzione della contemporaneità, senza alcun gusto per l’erudizione. Viene dunque superata la visione classicista della letteratura antica quale bellezza statica e ideale da emulare, per abbracciare, invece, una concezione storica, ben evidente nelle storie letterarie, nelle quali, progressivamente, si adotta un nuovo modello di periodizzazione, in modo da presentare i singoli autori senza mettere in secondo piano il loro contesto culturale.

Rostagni ha un ruolo fondamentale nell’antichistica torinese anche per il suo impegno nel migliorare la qualità dell’insegnamento universitario sabaudo, giacché sollecita la chiamata a Torino di Michele Pellegrino e di Antonio Maddalena.

Per quanto concerne il primo, l’importanza di tale personaggio nell’evoluzione degli studi classici a Torino, si correla alla nascita nel 1948 della prima cattedra di Letteratura cristiana antica in un ateneo statale. Se già Rostagni si sofferma sulle opere cristiane senza presentarle in antitesi con la produzione pagana, Pellegrino riconosce una profonda continuità tra le due culture, per poi stabilire le novità nella letteratura cristiana come efficace sintesi dei modelli precedenti.

Quanto a Maddalena, trasferito a Torino sulla cattedra di Letteratura greca nel 1952, nel vivo ambiente torinese, stimolato dallo stesso Rostagni, si evidenziano importanti ricerche sui tragici e sui filosofi, letti, secondo la linea esegetica del suo Maestro, il piemontese Aldo Ferrabino, alla luce di una comune linea di ricerca sulle concezioni etiche religiose dell’uomo di fronte al dolore, il che determina successivamente un avvicinamento al Nuovo Testamento.

Dalle linee di studio di Rostagni, Pellegrino e Maddalena, a Torino nel secondo Novecento sono nate tre scuole, nelle quali, attraverso celebri allievi di tali Maestri, sono stati sviluppati e potenziati i medesimi indirizzi di ricerca, pur nella diversità di argomenti e di toni.

Quali sono stati i più insigni latinisti e grecisti dell’ateneo torinese nel XX secolo e come si sono articolati la loro produzione scientifica e i rispettivi filoni di ricerca?
I più insigni latinisti e grecisti dell’ateneo torinese nel XX secolo, oltre agli studiosi già menzionati, sono proprio gli allievi di Rostagni, Pellegrino e Maddalena.

Nella scuola del primo, in particolare, emerge Italo Lana, che evidenzia la necessità di una maggiore sinergia tra attività di ricerca e didattica, con particolare attenzione alla visione unitaria di storia e letteratura nel mondo antico, da cui scaturisce nel 1998 la Storia della civiltà letteraria greca e latina, curata insieme a Enrico Valdo Maltese. Ne deriva una concezione di ricerca non del singolo, bensì di lavoro in gruppo, unito nel motto Et si omnes, ego non. Inoltre, è doveroso riconoscere l’importanza di Lana anche per il ruolo propositivo rispetto a nuovi insegnamenti, come Storia della lingua latina, Storia della retorica classica o Didattica delle lingue classiche, che hanno reso l’ateneo torinese negli anni Ottanta aperto e innovativo. Infatti, in questo periodo si segnalano le figure di Michelangelo Giusta, fine filologo classico, le cui ricerche sono state alla base del concetto di “parola segnale”, elaborato dalla sua allieva Giuseppina Magnaldi, di Vincenzo Ciaffi, celebre interprete del Satyricon, di Luciano Perelli, noto per le letture sul pessimismo lucreziano, di Nino Marinone, primo studioso interessato alle metodologie computazionali, alla base della nascita dell’informatica umanistica, e di Giovanna Garbarino, la cui letteratura a uso scolastico (1991) è stata oggetto di numerose ristampe e riedizioni. Tra l’altro, alcuni di tali studiosi hanno svolto il loro insegnamento non solo presso la Facoltà di Lettere e Filosofia, ma anche al Magistero, a cui ho scelto di dare spazio in una specifica appendice, dove ho tratteggiato figure come Domenico Bo, Francesco Giancotti, Felicita Portalupi e Terenzio Alimonti, importanti per comprendere totalmente il contesto culturale dell’ateneo sabaudo.

Tornando alla domanda, tra i grecisti più insigni ricordo gli allievi di Antonio Maddalena, cioè Giacomo Bona, uno dei primi ad aver compreso l’importanza delle nuove scoperte papirologiche per rinnovare la nostra visione della letteratura greca, Luciana Quaglia, molto attiva a livello didattico, Sandra Novo, fine studiosa della storia della lingua, e Pierpaolo Fornaro, eclettico nella progressiva apertura alla comparatistica.

In tale elenco di classicisti illustri, non possono mancare gli allievi di Michele Pellegrino, tra cui spicca Germano Proverbio, che, chiamato a Torino nel 1974-1975 per il corso di Didattica delle lingue classiche, mostra la necessità di studiare il latino in modo vivo, a partire dai testi e non da elenchi di regole grammaticali, bensì seguendo il modello strutturalista di Lucien Tesnière. Eredi degli studi di Pellegrino nell’ambito della cristianistica sono, invece, Franco Bolgiani, fondatore della “Rivista di Storia e Letteratura Religiosa” (1965), ed Eugenio Corsini, che, nell’ottica dell’interdisciplinarietà, nel 1980, anno della pubblicazione di Apocalisse prima e dopo, ottiene il trasferimento dalla cattedra di Letteratura cristiana antica a quella di Letteratura greca.

In che modo Torino continua a porsi come centro propulsore di sviluppo delle discipline umanistiche?
Pur nell’inevitabile riduzione del numero dei corsi impartiti nell’ambito del Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università di Torino, il plesso delle discipline classiche continua a far sentire la sua voce nel contesto nazionale per quanto concerne lingua e letteratura sia latina sia greca, le due filologie, nonché la letteratura cristiana antica, nel solco degli insegnamenti nati nel Novecento, con l’apporto di forze nuove, provenienti da altri atenei. In tal senso, non mancano progetti di collaborazione a livello nazionale e internazionale (lessicografia, storia del teatro e repertori digitali per esempio), anche grazie a figure particolarmente attive nell’ambito del dottorato di ricerca.

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