
Gli Agnelli hanno rappresentato una sorta di «famiglia reale», una dinastia borghese che, nel bene o nel male, ha segnato le vicende italiane: quale ruolo hanno avuto nella storia del nostro Paese?
Senz’altro un ruolo importante e non sono io a doverlo dire. Se alla famiglia oggi si accosta persino l’aggettivo “reale” è anche perché ci sono talmente tante narrazioni sui singoli membri e sull’intera dinastia da poter passare anni a leggere, perciò è facile trovare materiale su quello che hanno rappresentato nel mondo. Nel profilo biografico dedicato alla famiglia io mi sono concentrata sul rapporto intercorso tra il fondatore della Fiat, Giovanni Agnelli, e il figlio Edoardo (padre di Gianni); sulla questione generazionale, sempre attuale, da che esistono le famiglie; su come a volte rapporti familiari e affari seguano strade misteriose, tracciate dal caso. Nella famiglia Agnelli ci sono tanti personaggi che hanno fatto la storia, che si sono rimboccati le maniche per scopi personali o più “alti”, ma in fondo quando ci troviamo a indagare sui misteri e sulle relazioni ci accorgiamo che tanta parte ha fatto il destino, la Provvidenza, chiamiamolo come vogliamo. Nessuno è immune al fato. Che diriga la più grande azienda di automobili o società calcistiche internazionali, che sia nei board di amministrazione dei più noti giornali, che contribuisca a creare la fortuna degli sport invernali, che guardi alla vita con mire avveniristiche. Cosa si chiede davvero una persona, povera o ricca, nota o comune, appena prima di morire? Dove vanno i suoi pensieri? Quale garanzia ha di rimanere nella storia, al di là delle narrazioni popolari?
Che personaggio era Michele Ferrero e come ha creato l’omonima multinazionale del cioccolato?
Michele Ferrero era un uomo che amava la sua terra e il cioccolato. Può sembrare banale da dire ma è proprio così. Entrambe le passioni le ereditò dal padre, Pietro, pasticciere piemontese che ebbe l’intuizione di rendere popolari prelibatezze che in precedenza non tutti si potevano permettere. A quei tempi, quando il loro laboratorio artigianale era ancora in via Rattazzi, ad Alba (CN), un chilo di cioccolato poteva arrivare a costare fino a 3000 lire mentre le specialità dei Ferrero venivano solo 600. È un esempio che però rende conto della democratizzazione dei consumi successiva alla seconda guerra mondiale (qui ancora in germe). Come racconto nel ritratto dedicato ai Ferrero, Michele amava così tanto il suo lavoro che una sera a cena con Beppe Fenoglio e altri partigiani durante la Repubblica di Alba, con i tedeschi oltre il fiume, invitò lo scrittore in cantina per mostrargli qualcosa che a suo dire avrebbe rivoluzionato il futuro degli italiani. Il partigiano già si aspettava sotto il telo di trovare un’arma micidiale per contrattaccare definitivamente i fascisti, invece Michele gli mostrò una nuovissima macchina per il cioccolato con la quale, alla fine della guerra, avrebbe fatto felici tante persone. C’è chi sostiene che probabilmente Albe e le Langhe si sarebbero spopolate dopo la guerra diventando territori incolti o che una speculazione edilizia devastante avrebbe potuto montare i suoi ponteggi ovunque, invece Ferrero, di fatto, creò una sorta di welfare locale.
Quali vicende hanno segnato la storia della famiglia Feltrinelli?
La famiglia Feltrinelli oggi è nota soprattutto per la sua attività in ambito editoriale, ma la dinastia non ha messo radici a partire dai libri. Già popolava le sponde del lago di Garda fin dal Seicento, anche se l’attività di famiglia inizia propriamente nel 1854. Subito assunse dimensioni internazionali nel commercio di legname, nella Carinzia, in Austria, e in Transilvania, e fu attiva anche nel settore bancario e delle grandi costruzioni idrauliche e ferroviarie. Giacomo Feltrinelli è il fondatore dell’impresa ma furono i suoi pronipoti, figli della nipote Maria Von Pretz, a portare avanti gli affari. Maria era stata l’occhio e l’esecutore di Giacomo per un’educazione dei ragazzi, tutta improntata sulla famiglia e sul denaro: due centesimi di punizione per chi si mangiava le unghie, venti centesimi in meno per chi si dimenticava la luce accesa, un premio di dieci centesimi se per un giorno intero non venivano rimproverati. E il destino di ognuno era già segnato. Il lavoro in banca sarebbe stata la strada di Carlo; la sorveglianza del commercio, il cotonificio e i fabbricati sarebbero stati la vita di Beppi; al core business del legname e delle ferrovie entrambi avrebbero potuto dar contributo; i due fratelli più piccoli, Pierino e Tonino (utilizzo i soprannomi che si davano in famiglia), invece, sarebbero man mano subentrati in diverse mansioni. Almeno questi erano i piani originari. Se non fosse che alcune tragedie segnarono la strada della famiglia, tra cui il suicidio di Pierino, l’arresto di Carlo e la dipendenza di Beppi (nel capitolo dedicato, parlo soprattutto del rapporto tra Carlo e Beppi e la loro madre e dell’internamento in clinica di Beppi).
Come nasce la fortuna dei fratelli Versace?
La storia dei Versace nella moda parte dall’atelier-sartoria di mamma Franca, a Reggio Calabria. Lei avrebbe voluto diventare medico e continuare a studiare ma quando ebbe compiuto dieci anni le dissero che la scuola era un affare da maschi e che avrebbe dovuto cercarsi un lavoro. Così era andata a bottega dalla “parigina” una sarta molto nota in città, che aveva lavorato a Parigi. Franca fu una buona madre e cercò di rafforzare le propensioni dei figli. A uìn certo punto capì che Gianni Versace aveva una propensione per la moda. Nel 1972, il figlio si trasferì a Milano e si distinse come disegnatore d’abiti. Il fratello Santo lo aiutò da un certo punto in poi con le questioni economiche, la sorella Donatella subentrò solo in seguito nell’azienda di famiglia. Si racconta però che fin da piccola facesse da modella e ispiratrice al fratello. Nel profilo dedicato ai Versace mi sono concentrata sulla morte di Gianni, assassinato a Miami, ma non per farne come in tanti hanno fatto una spettacolarizzazione della morte, quanto piuttosto per capire, retrospettivamente, come una personalità così importante abbia sempre trovato attorno a sé, negli amori, nella famiglia, l’identità ribelle e al tempo stesso radicata nella sua storia, che l’ha reso così grande, fino alla fine, come in una capsula del tempo.
Quali sono oggi le famiglie più influenti del nostro Paese?
Oggi è facile accostare l’influenza all’aspetto economico: pensiamo a Leonardo Del Vecchio, tra gli uomini più ricchi del mondo secondo Forbes, o agli interessi mondiali dei Marzotto. Credo però che sia più complesso di così, che intervengano forze nuove ad affiancarsi o a contrastare i vecchi equilibri costruiti durante il secolo scorso. Oggi ogni singolo individuo, grazie ai social, può avere la sua piccola sfera di influenza, che accostata ad altre è in grado di creare grandi bolle. Gli esiti sono a volte imprevedibili. O forse siamo fin troppo dentro il momento per avere la lucidità per rispondere con cognizione a una simile domanda, non basandosi su meri dati economici o statistici.
Quando ho concluso la scrittura di questo libro, comunque, è cresciuta in me una consapevolezza: avevo delineato a scopo divulgativo e di scoperta la parabola di un’epoca. Dalla costruzione delle città moderne ai primi voli, dai neonati tentativi di progresso industriale alla smaterializzazione dei capitali e delle idee, dalla Terra allo spazio, dai sacrifici allo spreco, dalla malattia alla cura, dalle libertà alle chiusure, andata e ritorno, per arrivare all’ultimo bagliore di un mondo che oggi sta tramontando ancora, non sappiamo bene con quali colori. Risorgerà uguale e diverso, come è sempre stato?
Scoprire l’umanità dei protagonisti di questo libro, raccontando, ad esempio, degli attacchi di panico e della dipendenza dal gioco dei Manzoni, dei problemi di coppia dei Florio, della malattia di Dino Ferrari e, ancora, dell’interesse per l’irrazionale di Olivetti o della fiducia di Laura Fermi per il lavoro di suo marito – raccontare le fragilità e il lato più universale di queste famiglie – è stato un modo per indagare da dove nasce la spinta per il successo e come è possibile gestire il fallimento, come rivolgere lo sguardo a chi siamo stati ieri e costruire la consapevolezza di quel che di noi lasceremo domani alle persone che amiamo e agli sconosciuti. E questo è senz’altro famiglia. Che sia di sangue o d’elezione. Per tutto il resto c’è il caso, che interviene sempre a scompigliare i piani, e che rimane, in fondo, il più eccellente motore per la creazione di storie.
Rossella Monaco, classe 1986, ha fondato lo studio editoriale La Matita Rossa. Scrive e collabora con diverse realtà in qualità di traduttrice e editor. Ha tradotto inediti di Dickens, Thoreau, Verne e Fitzgerald. Tra le sue ultime traduzioni Pandemie di Mark Honigsbaum (Ponte alle Grazie, 2020) e La linea rosa di Mark Gevisser (Rizzoli, 2021). Ha scritto I grandi eroi della montagna (Newton Compton, 2019) e Storie e segreti delle grandi famiglie italiane (Newton Compton, 2021). Legge manoscritti in lingua e in italiano, svolge editing di saggi e romanzi e revisioni di traduzioni; è agente letterario e docente di corsi di scrittura e traduzione.