
di Chiara Valerio
Einaudi
Chiara Valerio ha abbandonato la matematica per un amore, indubbiamente corrisposto, nei confronti della letteratura ma della matematica ha mantenuto la capacità a dispiegarne la storia come un racconto, facendoci viaggiare e sognare, grazie alle sue doti di esperta affabulatrice, anche tra enti geometrici e funzioni, con uno stile diretto, a tratti anche rude, ma sempre schietto.
Attraverso le storie di sei matematici reali, e un settimo in exitu – nel quale è facile riconoscere l’Autrice -, la Valerio ci conduce per i grandi problemi della matematica: le geometrie non euclidee, Pierre-Simon Laplace e la probabilità, resa più umana dalla maledizione del giocatore, per il quale vincere non è «che una dilazione, un allontanamento della rovina, un ritardo della perdita».
Nel libro scorrono la vita e le imprese di Farkas e János Bolyai, padre e figlio matematici, Bernhard Riemann, capace per primo di pensare e descrivere grandezze pluridimensionali, Mauro Picone, eroe di guerra grazie ai suoi studi di balistica, e Lev Landau, uno dei più grandi fisici teorici del Novecento, e i disperati tentativi di rianimarlo in seguito ad un incidente stradale.
Compare anche Norbert Wiener, padre della cibernetica, preoccupato «che i suoi studenti avessero una solida formazione classica, oltre che tecnica, perché pensava che mitologia e letteratura fossero un’esigenza spirituale degli esseri umani, e senza, non c’erano che timore e sgomento.»
È tremendamente umana la matematica, «la più umana delle scienze esatte», un «esercizio d’immaginazione che ci fa e ci fa rimanere umani» e chi ne fugge è solo spaventato dai fantasmi che la popolano.
Ha pagine ispirate la Valerio, ricchissime di suggestioni capaci, come poche altre, di evocare mondi e nelle quali induce in vere e proprie confessioni: «Conoscere, come altre attitudini, come probabilmente la vita in sé, è un processo di morte. Riservando tempo allo studio, sacrificando il tempo collettivo al tempo singolo, si limitano i contatti con gli altri. Gli altri, invece, salvano sempre. Perché dagli altri puoi allontanarti e da te mai. Limitando i contatti con gli altri, che sono la realtà, si perde la realtà per sostituirla con la propria visione.»
I ricordi d’infanzia e i ritratti dei familiari più stretti si assembrano lungo le pagine insieme al florilegio di citazioni e letture che hanno scandito le successive maturazioni dell’Autrice, convinta che «i libri, la letteratura, aumentino la capacità di riconoscere i comportamenti degli altri, e pertanto bisogna leggere molto, per conoscere e anticipare». Ma è solo grazie agli altri che giunge inattesa la salvezza: «Gli altri ci salvano dall’impazzire, gli altri nel loro modo scazonte, manchevole o eccessivo, sono il faticoso modo per non perdere il senso delle proporzioni.»
Una rivelazione, per chi proprio all’incontro con i libri deve la «brusca interruzione» della sua «felice relazione con i numeri». E non manca una riflessione cogente, animata dai dati Istat sull’editoria e la lettura nel nostro Paese: «Il dato che più mi sconforta è la correlazione tra libri posseduti in casa e attitudine a leggere. È un dato che mette in discussione la scuola pubblica, il funzionamento delle biblioteche e impone campagne fisiche di familiarizzazione con l’oggetto libro. In questa fase storica bisognerebbe dunque trasformare tutti gli editori, i giornalisti culturali, gli editor, i consulenti editoriali o letterari, i librai, i bibliotecari e i lettori in fattorini. È necessario portare fisicamente il libri alle persone, parlare dei libri non serve a crescere nuovi lettori.»
Perché, afferma con matematica certezza la Valerio, «i libri salvano la vita perché aiutano a vivere meglio. Vivere meglio significa avere la capacità di raccontare le possibilità, anche i punti di vista svantaggiati. Se hai letto molti libri, questa cosa delle possibilità dal punto di vista svantaggiato ti viene più facile.»