“Storia sociale del cristianesimo primitivo” di Ekkehard W. Stegemann e Wolfgang Stegemann

Storia sociale del cristianesimo primitivo, Ekkehard W. Stegemann, Wolfgang StegemannStoria sociale del cristianesimo primitivo. Gli inizi nel giudaismo e le comunità cristiane nel mondo mediterraneo
di Ekkehard W. Stegemann e Wolfgang Stegemann
EDB

«Questa Storia sociale del cristianesimo primitivo vuole get­tare uno sguardo generale sulle condizioni di vita economiche e sociali di quei gruppi o comunità che nel Nuovo Testamento vengono collegati al Gesù storico o che si richiamano al Cristo risorto. Essa copre quindi un periodo di circa cento anni, all’i­nizio dell’èra cristiana, al tempo in cui sono stati composti i 27 libri del Nuovo Testamento e sono avvenuti i fatti che essi rac­contano. Si tenta di operare una sintesi a partire da una molte­plicità di studi particolari. Si cerca di delineare il quadro glo­bale della storia sociale del cristianesimo primitivo sullo sfondo delle corrispondenti conoscenze relative alle società mediterranee in generale. Non si tratta quindi di una storia po­litica o degli eventi che hanno caratterizzato il cristianesimo primitivo. In questo volume tratteremo solo marginalmente degli avvenimenti storici del tempo preso in considerazione.

Conserviamo l’espressione «cristianesimo primitivo» per ragioni pragmatiche. Dal punto di vista contenutistico, l’e­spressione indica, da una parte, diversi fenomeni relativi al se­guito di Gesù in terra di Israele, quindi il primo movimento di Gesù, la «comunità primitiva di Gerusalemme» e quelle che Paolo chiama «Comunità della Giudea» e le comunità messia­niche in terra di Israele dopo la distruzione del secondo tem­pio (70 d.C.); dall’altra, le comunità cristiane nelle diverse città dell’impero romano (al di fuori della Palestina), specialmente le comunità paoline e quelle riconoscibili anche dopo il 70 d.C. a partire dagli scritti neo-testamentari. In questo senso si po­trebbe parlare anche di una «storia sociale del Nuovo Testa­mento». […]

Il mondo degli uomini di cui parla il Nuovo Testamento è quindi il mondo mediterraneo del I secolo. Dal punto di vista socio-geografico ci troviamo in un ambiente che presenta im­portanti elementi comuni, come hanno mostrato gli studi etno­logici o antropologici (antropologia culturale e sociale) com­parati. […] Si può quindi affermare che le società del mondo romano erano culturalmente collegate da una molteplicità di elementi comuni. Questo vale analogamente anche per i rapporti politici e socio-economici. Infatti, per quanto profondo si voglia ritenere il livello di assi­milazione delle diverse regioni prodotto dalla dominazione ro­mana in seno all’imperium romanum, non vi è alcun dubbio che nell’insieme le strutture economiche e sociali nell’ambito delle città e delle campagne sono state modellate da fattori analoghi. Per lo scopo che qui ci proponiamo possiamo partire dal fatto che – nonostante tutte le particolarità – le condi­zioni economiche e sociali nelle città o nelle campagne del mondo greco-romano, e anche in terra di Israele, erano strut­turalmente simili. È cioè possibile ricondurle globalmente a un comune tipo di società, quello di società agricole sviluppate. Naturalmente, non intendiamo dire che il conglomerato di so­cietà esistenti nel bacino mediterraneo e dominate da Roma costituissero una società unitaria. Qui ci riferiamo anzitutto ai «tratti comuni» della struttura economica e sociale. […]

Una storia sociale del cristianesimo primitivo si inserisce quindi nel quadro della storia sociale delle società mediterranee del I secolo. È in questo quadro più vasto che le affermazioni di­rette e indirette del Nuovo Testamento sugli aspetti economici e sociali acquistano i loro contorni. Al tempo stesso, esse pos­sono essere usate come fonte per la conoscenza delle condi­zioni di vita del tempo. Così una storia sociale del cristianesimo primitivo ha anche il compito di gettare uno sguardo sulle con­dizioni economiche e sociali del mondo mediterraneo del I se­colo. È quello che faremo nella prima parte.

Qui noi operiamo una basilare distinzione fra i seguaci di Gesù in terra di Israele e le comunità dei credenti in Cristo al di fuori di Israele, nelle aree urbane dell’impero romano. Al ri­guardo, decisive sono soprattutto le particolarità regionali atti­nenti alla condizione economica, sociale e religiosa del giudai­smo in Israele, particolarità che hanno influenzato anche i se­guaci di Gesù in terra di Israele. In altri termini, i seguaci di Gesù erano parte della società maggioritaria ebraica della Pa­lestina del tempo, mentre le comunità dei credenti in Cristo al di fuori di Israele vivevano nelle aree urbane di una società maggioritaria pagana. Inoltre, si considera anche la composi­zione etnico-religiosa dei gruppi cui appartenevano i seguaci di Gesù in terra di Israele, a differenza di quella delle comu­nità dei credenti in Cristo al di fuori di Israele. Queste ultime erano costitutivamente modellate proprio dal fatto che in esse i membri della società maggioritaria pagana erano in comu­nione religiosa e sociale con gli ebrei della diaspora, e anzi progressivamente l’appartenenza dei non ebrei divenne domi­nante. Al contrario, i gruppi dei seguaci di Gesù in terra di Israele erano costituiti praticamente di soli ebrei; la presenza dei pagani si fa marginalmente sentire tutt’al più negli ultimi trent’anni del I secolo. Dal punto di vista socio-storico e reli­gioso comprendiamo quindi il seguito di Gesù in terra di Israele come un fenomeno del giudaismo palestinese del I se­colo d.C. Con l’espressione «seguito di Gesù» intendiamo il movimento di Gesù vero e proprio, la cosiddetta comunità pri­mitiva di Gerusalemme e le comunità messianiche in terra di Israele rappresentate, a nostro avviso, dal Vangelo di Matteo e dal Vangelo di Giovanni.

Di tutti questi raggruppamenti tratteremo nella seconda parte, dove ci occuperemo delle condizioni socio-economiche in terra di Israele e della loro importanza per la situazione reli­giosa. Le comunità dei credenti in Cristo al di fuori della terra di Israele, nonostante la loro prossimità alla tradizione reli­giosa ebraica soprattutto per ragioni sociologiche, non sono più un fenomeno del giudaismo. Lo dimostra già semplicemente il fatto che esse sono esistite al di fuori delle sinagoghe della diaspora, quindi indipendentemente dalle strutture so­ciali del giudaismo al di fuori di Israele. Del resto, in base alla concezione che avevano di se stesse, le comunità dei credenti in Cristo si sono distinte sia dal giudaismo (in terra di Israele o nella diaspora) sia dalla società maggioritaria pagana.

Nella terza parte delineeremo la storia sociale di queste co­munità urbane dei credenti in Cristo.

Infine, nella quarta parte descriveremo la particolare con­dizione delle donne nel mondo mediterraneo in generale e nel movimento di Gesù e nelle comunità dei credenti in Cristo, sia dentro che fuori della terra di Israele, in particolare.»

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