
Come si traduce l’applicazione del principio di sussidiarietà nella società contemporanea?
Daniela Ciaffi: In base alla tradizionale distinzione tra sussidiarietà verticale europea e sussidiarietà orizzontale italiana si sarebbe portati a rispondere che la prima migliorerebbe le politiche “dall’alto” mentre la seconda incentiverebbe quelle “dal basso”. Molte riflessioni contenute in questo libro partono dalla sussidiarietà orizzontale: Gilda Farrell, in base alla sua lunga esperienza nel Consiglio d’Europa, s’interroga se questa possa essere un “principio per la trasformazione sociale”; Maria Cristina Marchetti, da sociologa, ipotizza cambiamenti nel modo in cui vengono prese le decisioni e si organizzano le istituzioni; l’economista Marco Musella argomenta le possibili ricadute in termini di efficienza; Filippo Pizzolato ragiona su quella che definisce “sussidiarietà mite” e costruzione dal basso dell’ordinamento democratico. Ma sia in questi contributi che in altri, la tesi di fondo che emerge è che proprio nell’incrocio tra l’attivismo comunitario e l’azione pubblica hanno più possibilità di realizzarsi cambiamenti sociali sostanziali. Pier Paolo Donati arriva a scrivere che dalla triangolazione tra sussidiarietà, società italiana e beni comuni bisognerebbe ripartire per rifondare lo Stato italiano. Giuseppe Romeo a sua volta si chiede se nell’immaginare una “nuova società globale”, la triade sussidiarietà, governance e sovranità siano paradigmi oppure strumenti. Per me l’applicazione del principio di sussidiarietà alza l’asticella dei processi partecipativi, il cui obiettivo non è più “power to the people” ma, per dirla con Giuseppe Cotturri, il potere sussidiario.
Quale dibattito ha animato la riflessione sulla sussidiarietà nel mondo cattolico italiano?
Filippo Giordano: Il mondo cattolico è una delle sedi naturali di “acclimatazione” dell’idea di sussidiarietà che, con la dignità della persona, il bene comune e la solidarietà, costituisce un pilastro fondamentale della dottrina sociale della Chiesa. Ferdinando Citterio spiega bene la relazione tra questi valori e ricorda che la persona è il punto di inizio e lo scopo ultimo della dottrina: “persona e sussidiarietà: o stanno insieme o cadono insieme”. E questo è lo spirito che ha animato molti cattolici che hanno contribuito alla costruzione della nostra democrazia, come Don Sturzo, di cui Flavio Felice ci riporta il pensiero ancora modernissimo nel segno dello Stato sussidiario. Altrettanto vivo è il dibattito avviato durante la guerra dal Codice di Camaldoli sulla futura democrazia italiana. Luca Barbaini presenta questo documento degli antifascisti cattolici, in cui la sussidiarietà è centrale nella prospettiva di realizzare una società più libera e solidale. Mentre Ilenia Massa Pinto si spinge fino al confronto e al rapporto, incerto e talvolta contrastante, tra sussidiarietà e rappresentanza politica, dimostrando come il dibattito su questo principio non smetta di suscitare interesse e continui a stimolare la riflessione sul modello democratico. Ma la sussidiarietà non è solo appannaggio del mondo cattolico, anzi è nell’universo protestante che trova innumerevoli conferme sia sul piano teorico sia su quello normativo di chiese e di comunità politiche. Sergio Rostagno parla di “diritto del prossimo” per spiegare la funzione della sussidiarietà nella concezione giuridica protestante, in cui la persona umana è l’alfa e l’omega di ogni diritto secondo il dettato evangelico. Qui cattolici e protestanti si ritrovano.
Quale spazio occupa la sussidiarietà nel pensiero politico contemporaneo?
Filippo Giordano e Daniela Ciaffi: Antonio D’Atena aveva rilevato il “peso politico” del principio di sussidiarietà nella “pronunciata tensione tra le due dimensioni in esso presenti”: quella etico-politica e quella giuridico-costituzionale. Ciò ha reso la sussidiarietà “un principio ricchissimo, paragonabile, per la sua forza dirompente, al principio della separazione dei poteri”. È quindi naturale che la sua pregnanza abbia generata una catena quasi ininterrotta di riflessioni politiche e giuridico-istituzionali che dal XVI secolo sono arrivate fino a noi. Francesco Ingravalle descrive questo percorso a partire dal pensiero religioso, politico e giuridico di Johannes Althusius, in cui la sussidiarietà regolava “una società di società” autonome e tra loro differenziate. Fin da tempi remoti, il “regime sussidiario” ha incentivato l’autonomia e la responsabilità, preservando la diversità e l’idea di un bene comune. Questi presupposti, validi ancora oggi, fanno della sussidiarietà un principio politico-normativo di riferimento essenziale per i sistemi politici contemporanei e per la global-governance, come osservano Romeo e Pier Domenico Tortola. Sul piano filosofico-politico, poi, Paolo Savarese rafforza questa idea individuando nella sussidiarietà un modello “geometrico” dalla forza etico-normativa in grado di generare combinazioni interattive, esponenziali e virtuose di forze individuali e sociali autonome nell’interesse comune. Nella prospettiva di una governance sussidiaria, è poi particolarmente interessante la lettura in termini di legalità che propone Fabio Giglioni, professore di diritto amministrativo, a partire da un pensiero politico sussidiario che è anche alla base della visione di Gregorio Arena: la sussidiarietà come libertà solidale e responsabile – sintesi ripresa da noi curatori nella dedica ai nostri figli, Lisa e Aldo, affinché siano cittadini liberi e consapevoli.
Quale funzione svolge la sussidiarietà nel contesto dell’Unione europea?
Filippo Giordano: Come ho cercato di spiegare nel mio saggio, la sussidiarietà appartiene alla tradizione politica europea quando si riferisce a grandi architetture costituzionali ed è alla base della costruzione comunitaria fin dalle origini, per diventare poi con il trattato di Maastricht un principio guida fondamentale e un pilastro del sistema di funzionamento dell’Unione europea. Per dirla con le parole di Cotturri, “fuori d’Europa non c’è concetto o principio di sussidiarietà”. Ed è per questo che Jörg Luther la presenta come “principio del diritto pubblico comune europeo”, descrivendo la sussidiarietà attraverso i nodi giuridici, politici e istituzionali che hanno contrassegnato e continuano a segnare la sua evoluzione nel quadro europeo. Tuttavia nell’Unione persistono “rappresentazioni fuorvianti” o concettualizzazioni contraddittorie e ancora applicazioni parziali della sussidiarietà, che lasciano al di fuori dell’esperienza comunitaria l’applicazione orizzontale del principio. Eppure nel preambolo del trattato si diceva che l’unione “sempre più stretta fra i popoli dell’Europa” dovesse avvantaggiarsi del principio di sussidiarietà per portare il momento della decisione politica “più vicino possibile ai cittadini”. Ad oggi e nonostante i molti progressi compiuti anche in termini di allargamento della partecipazione democratica, come spiega Marchetti, l’Unione ha disatteso questa filosofia che resta per noi europei la sfida più impegnativa e la vera scommessa per il futuro. Tortola infatti invita a riflettere sulle questioni che oggi chiamano in causa la sussidiarietà sia a livello europeo che globale, prolungando così la vita di questo principio che non smette di interrogarci e di sollecitare soluzioni nuove, più adatte a risolvere i problemi complessi che angustiano la civiltà contemporanea.
Quali prospettive per una piena applicazione nazionale ed europea del principio di sussidiarietà?
Daniela Ciaffi e Filippo Giordano: Applicare davvero il principio di sussidiarietà significa anzitutto cambiare delle routine consolidate nel tempo. I contributi di Felice, Barbaini, Citterio, Rostagno, Ingravalle, Massa Pinto, tra gli altri, illustrano alcuni fondamentali passaggi storici del dibattito sulla sussidiarietà, dando a chi legge il libro l’idea di come lo stesso si sia ciclicamente acceso, spostandosi in contesti differenti, maturando in ambiti religiosi diversi. Ed è così che il principio di sussidiarietà arriva al presente, non perché, come a volte si sente dire, per una moda passeggera. Anna Maria Poggi nell’introduzione individua benissimo il cuore della sfida, quando scrive che un sistema che accoglie la sussidiarietà orizzontale è un sistema che si interroga attentamente sulle azioni che l’amministrazione è legittimata a realizzare, che si interroga sul volto intrusivo che l’amministrazione spesso assume in settori in cui, invece, potrebbe limitarsi a coordinare, anziché gestire. Concludendo che “In questo senso la sussidiarietà fonda una diversa forma di Stato che non è più solo la risultante dell’insieme dei diversi livelli di governo territoriali, ma l’insieme dei rapporti Stato-cittadini, singoli e associati. Questo è il superamento del modello Stato-centrico non solo nel perseguimento dell’interesse generale ma, probabilmente, nella sua stessa individuazione”. Come lei stessa affermò nelle conclusioni del convegno da cui questa pubblicazione è nata, la piena applicazione del principio di sussidiarietà (o, per dirla in termini più coloriti, la vera bomba dal punto di vista del diritto) è la definizione dell’interesse generale da parte dello Stato e dei cittadini attivi, alla pari.
Daniela Ciaffi insegna Sociologia urbana al Politecnico di Torino. È vice presidente di Labsus, il laboratorio per la sussidiarietà. Filippo Maria Giordano insegna Sussidiarietà e modelli di governance nell’UE al Dipartimento di Culture, Politica e Società dell’Università degli Studi di Torino. È responsabile della sezione ricerche di Labsus.