È il 1996, l’anno in cui la casa editrice specializzata in romanzi per ragazzi Salani dà alle stampe il racconto, o meglio la favola Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare.
«Proprio le favole […] sono la scelta narrativa utilizzata da Sepúlveda per rivolgersi ai bambini ma anche ai piccini che vivono ancora dentro gli adulti. Perché questa scelta narrativa? Ce lo spiega lo stesso autore quando dice: «Delle mie favole sono sempre protagonisti animali e questo, come accadeva in quelle antiche, ti permette di vedere da lontano il comportamento umano per comprenderlo meglio». E in effetti da molto lontano ci ha sempre permesso di vedere anche questo toccante libro che narra della vicenda della gabbiana Kengah che poco prima di deporre il suo uovo resta invischiata in una pozza di petrolio in un golfo del Mar Nero. Riesce a divincolarsi ma il petrolio non le dà scampo.
Poco prima di spirare riesce a lasciare il suo uovo, ancora da covare, tra le zampe di un animale che tutto farebbe, per natura, tranne che proteggerlo. Invece Kengah, fiduciosa nell’animo altrui, chiede a Zorba, questo il nome del gatto, di prendersi cura della sua gabbianella e anche di insegnarle a volare.
Naturalmente il gatto viene schernito dai suoi amici per il compito che ha deciso di assumersi, ma Fortunata, così chiama la gabbianella, diventa la sua piccola protetta, a cui Zorba darà la cosa più importante di tutte, proprio quella che le permetterà di spiccare il volo, la fiducia in sé stessa:
«Sì, sull’orlo del baratro ha capito la cosa più importante» miagolò Zorba. «Ah sì? E cosa ha capito?» chiese l’umano. «Che vola solo chi osa farlo» miagolò Zorba.
Altra figura centrale del romanzo è un poeta, a cui Zorba, infrangendo le regole dei gatti, che gli vietano di parlare la lingua umana, si rivolgerà per chiedere aiuto.
Molti sono i temi presenti nel libro, dal credere in sé stessi alla fiducia di poter riuscire in quel che si vuole, all’amicizia, alla forza di volontà e al superamento delle barriere.
I legami veri, ci insegna Sepúlveda, arrivano da dove meno te lo aspetti, da uno sconosciuto di un’altra razza o specie che diventa tuo fratello, ma anche dal coraggio di andare oltre il tabù e parlare in un’altra lingua, una lingua proibita che però diventa la lingua del cuore e della fratellanza, per arrivare finalmente a comprendersi e aiutarsi. Come in quasi tutti i libri di Sepúlveda, è, infine, presente la denuncia per lo scempio che l’uomo, con la sua disattenzione per la natura e i suoi abitanti, continua a fare con il disboscamento o con l’inquinamento dei mari. Questo libro ha avuto un tale successo da diventare un film d’animazione nel 1998, con la firma di Enzo D’Alò.
Ma c’è un ultimo aspetto che va doverosamente sottolineato, e che ci testimonia libro dopo libro come Sepúlveda, che ha conosciuto la parte peggiore dell’uomo, riesca sempre a vederne anche l’intima bontà, la fanciullezza, la capacità di tendere la mano a chi è diverso. Un gatto, un essere così lontano da un uccello che, anzi, ne è potenzialmente predatore, diviene figura accudente e referenziale, andando oltre quelle che sono le proprie caratteristiche in vista dei bisogni dell’altro, un altro che, non dimentichiamo, ancora neppure conosce, ma a cui dedica attenzione, amore in virtù del suo solo esistere ed essere stato a propria volta amato.
tratto da Vola solo chi osa farlo. Riflessioni sulla dimensione educativa nelle opere di Sepúlveda e il suo contributo alla letteratura per l’infanzia di Alessandro Barca, tab edizioni