“Storia dello zucchero” di Sidney W. Mintz

Storia dello zucchero, Sidney W. MintzStoria dello zucchero. Tra politica e cultura
di Sidney W. Mintz
Einaudi

«Il primo capitolo cerca di introdurre il soggetto di un’antropologia del cibo e dell’alimentazione nei termini di un’antropologia della vita moderna. Questo mi porta a discutere il concetto di dolcezza in relazione a sostanze dolci. Il dolce è un gusto – ciò che Hobbes chiamò una «qualità» – e gli zuccheri, tra cui il saccarosio (ottenuto principalmente dalla canna da zucchero e dalla barbabietola), sono sostanze che stimolano la sensazione di dolcezza. Visto che apparentemente ogni essere umano sano è in grado di avere la sensazione del dolce e visto che tutte le società che conosciamo riconoscono e classificano questo gusto, ci deve essere qualcosa riguardo alla dolcezza che è legato al nostro essere come specie. Eppure il desiderio di cose dolci ha una variabilità estrema. Di conseguenza la spiegazione del perché certi popoli mangino enormi quantità di cose dolci e altri quasi non ne mangino non può fondarsi unicamente sull’idea di un carattere universale della nostra specie. In che modo, dunque, un popolo particolare si trova a non poter fare a meno di una fornitura massiccia, costante e sicura di cose dolci? Nonostante frutti e miele siano stati le più comuni fonti di dolcezza per gli inglesi prima del 1650, essi non sembrano aver giocato un ruolo fondamentale nella dieta di quel popolo. Minime quantità di zucchero ottenuto dal succo della canna sembra abbiano raggiunto l’Inghilterra fin da circa il 1100 d.C.; nei cinque secoli che seguirono lo zucchero di canna ottenibile in quel paese aumentò senza dubbio sebbene con lentezza e irregolarità.

Nel secondo capitolo mi occupo della produzione saccarifera in un periodo in cui l’Occidente incominciò a consumare quantità sempre crescenti di questo prodotto. Dal 1650 in poi, in molte nazioni, tra cui l’Inghilterra, lo zucchero si trasformò da bene raro e di lusso in una sostanza comune e in una necessità fondamentale. Con poche eccezioni significative, l’aumento del consumo di zucchero fu legato dopo il 1650 allo «sviluppo» dell’Occidente. Lo zucchero fu, io credo, il secondo (o addirittura il primo se non teniamo conto del tabacco) bene di lusso a trasformarsi in questo modo esemplificando così la vocazione produttiva e gli intenti del capitalismo mondiale incentrato nei Paesi Bassi e in Inghilterra. In questo capitolo dunque mi occupo anche dei possedimenti d’oltremare che fornirono al Regno Unito zucchero, melassa e rum; del sistema produttivo della piantagione e delle forme di sfruttamento del lavoro che resero disponibile questo prodotto. Spero di riuscire a dimostrare la rilevanza di un prodotto coloniale come lo zucchero per lo sviluppo del capitalismo su scala mondiale.

Nel terzo capitolo, quindi, discuterò problemi connessi con il consumo dello zucchero. Il mio progetto è in primo luogo quello di mostrare come la produzione e il consumo fossero così strettamente interconnessi da poter dire che almeno parzialmente essi si determinarono reciprocamente. In secondo luogo intendo far vedere come il consumo debba essere spiegato e compreso nei termini di ciò che la gente pensava e faceva: lo zucchero penetrò la vita sociale e acquistando nuove forme di utilizzazione e nuovo valore simbolico si trasformò da curiosità e rarità in una necessità della vita di tutti i giorni. Le relazioni tra produzione e consumo hanno il loro punto di raffronto nelle relazioni tra uso e significato. Non credo infatti che il significato che diamo a cose e sostanze sia un elemento naturale e inevitabile che si sprigiona da esse. Credo piuttosto che il significato derivi dall’uso, dal modo in cui la gente utilizza queste cose e sostanze nelle sue relazioni interpersonali. Spesso sono forze esterne quelle che determinano ciò che è disponibile come oggetto simbolico. Se da un lato i fruitori stessi hanno raramente il potere di determinare ciò che è disponibile all’uso, essi hanno anche poche possibilità di influenzare intenzionalmente il processo simbolico. Cosa ci dice questo fatto per ciò che concerne il processo simbolico? A che punto il potere di dare un significato passa dal consumatore al venditore? O al contrario potrebbe essere che il potere di dare un significato accompagni sempre il potere di determinare ciò che è disponibile? Che rilevanza hanno queste domande – e le loro risposte – per la nostra conoscenza della prassi nella società moderna e per la nostra comprensione di individualismo e libertà?

Nel quarto capitolo cerco di dire qualcosa a riguardo del perché le cose si svolsero in un certo modo e cerco di riflettere su circostanze, congiunture e cause.

Nel quinto capitolo, infine, offro alcuni suggerimenti riguardo agli sviluppi della posizione dello zucchero nella società contemporanea e cerco di delineare una direzione per lo studio di questa sostanza nel mondo odierno. Ho suggerito precedentemente che l’antropologia mostra alcune incertezze riguardo al suo futuro. Un’antropologia della vita moderna e dell’alimentazione non può ignorare la ricerca sul campo né fare a meno di essa. La mia speranza è quella di aver identificato alcune problematiche concernenti questo tipo di attività di ricerca che possano in ultima istanza portare a dei risultati sia a livello teorico che a livello politico.»

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