“Storia delle dottrine politiche” di Gianluca Bonaiuti e Vittore Collina

Storia delle dottrine politiche, Gianluca Bonaiuti, Vittore CollinaStoria delle dottrine politiche
di Gianluca Bonaiuti e Vittore Collina
Le Monnier Università

«La storia delle dottrine politiche è una disciplina accademica che intende contribuire alla conoscenza e alla comprensione della politica. Essa studia la politica da un punto di vista particolare: prende in esame il lungo percorso storico di riflessioni, teorie, argomentazioni e comunicazioni che hanno accompagnato lo sviluppo delle istituzioni e delle organizzazioni politiche, l’affermazione e l’azione dei suoi soggetti, le metamorfosi dei contesti sociali in cui queste hanno trovato espressione, i linguaggi e i media con cui sono state comunicate. Per questa ragione, come ogni disciplina storica, essa si sofferma sulle variazioni e sulle costanti di un percorso storico di lungo periodo, tentando di tracciare una mappa degli elementi più rilevanti del suo sviluppo e delle discontinuità più significative.

L’oggetto di studio della storia delle dottrine politiche è l’insieme delle forme culturali che sono state utilizzate per interpretare la politica: con una definizione più tecnica (e astratta) si può dire che tratta delle forme utilizzate per compiere la selezione dei contenuti di senso che sono sorti nelle società al fine di comprendere quel genere di fenomeni che oggi rubrichiamo sotto il titolo di politica. L’impostazione della sua analisi dipende da come vengono interpretate queste forme. Per questa ragione la storia delle dottrine politiche può pensarsi come «storia delle idee», «storia dei concetti», «storia delle categorie» oppure più tradizionalmente come storia della filosofia politica o del pensiero politico. La scelta di una di queste opzioni comporta anche una scelta di metodo: ciò che è importante sottolineare è che l’uso dell’espressione «dottrine politiche» indica una scelta di campo rispetto al genere di prestazioni intellettuali cui si rivolge il suo studio. La storia delle dottrine politiche, infatti, prende in esame non solo le opere di più spiccata qualità teorica, ma anche i contributi di autori o scuole che, pur non eccellendo dal punto di vista speculativo, hanno però contribuito a modificare la prospettiva di osservazione della politica del proprio tempo (e magari anche delle generazioni successive).

I primi lavori della disciplina risalgono al XIX secolo; ed una così lunga tradizione ha selezionato alcuni macrotemi che si presentano all’analisi come problemi comuni alle varie epoche: la prima di queste riguarda la domanda su cosa sia la politica (una domanda relativa alla sua natura, alle sue definizioni, alla storia del termine e del concetto stesso di «politica»); la seconda è relativa allo studio e alla descrizione delle forme di potere (dunque alla variazione delle categorie con cui lo si è interpretato, rappresentato, descritto); una terza macroarea di ricerca si interroga su uno degli enigmi fondamentali della vita associata degli uomini, quello relativo al tema dell’obbligazione politica, riassumibile nella domanda sul perché alcuni uomini obbediscano ad altri uomini; un quarto macrotema che tende a presentarsi in tutte le epoche è quello relativo alla descrizione dell’ottimo stato o della migliore forma di governo; il quinto ed ultimo, invece, riguarda un problema più astratto, ma altrettanto rilevante, quello di stabilire il tipo di scienza o teoria che sappia meglio rispondere alle domande precedenti (e a molte altre), ovvero il problema di come siano storicamente mutati i criteri con cui si stabilisce la verità di argomenti e affermazioni riguardanti le cose politiche. […]

La storia delle dottrine politiche affronta la problematica di questi temi in modo autonomo, utilizzando gli strumenti che le sono propri. Lo studio di ognuno di essi (non si presentano quasi mai isolatamente, ma più spesso intrecciati tra loro) e di molti altri della storia intellettuale e dei saperi è condotto con la piena consapevolezza del fatto che essi dipendono dal contesto (discorsivo, culturale, sociostrutturale) in cui emergono. È altrettanto consapevole, però, che l’«evoluzione delle idee» (per usare un’espressione tra le molte possibili) è soggetta ad altre condizioni rispetto all’evoluzione sociostrutturale della società. Essa consente, ad esempio, la sopravvivenza di «nomi antichi» anche quando cambia ciò che essi indicano — e questo offre il vantaggio per chi li usa di non dover marcare come tali le discontinuità nei casi in cui è difficile riconoscere con certezza fattispecie di genere nuovo (il caso più semplice che si può portare ad esempio è proprio quello del termine «politica»; considerazioni analoghe possono essere fatte anche per «democrazia»). Se un concetto continua ad essere usato in situazioni mutate, il suo senso ne risulta arricchito fino a diventare quasi indefinibile (cosicché ogni utilizzo teorico che se ne fa deve determinare da sé che cosa si vuole intendere con esso: un problema che, nella storia moderna e contemporanea, diventa evidente col concetto di stato).

D’altra parte vale anche la considerazione inversa: concetti nuovi vengono coniati per descrivere fattispecie altrimenti non osservabili, secondo una logica dell’anticipo, tipicamente moderna, che non deve necessariamente coincidere con la diffusione e l’approvazione generalizzata in un’epoca o in una società (ma che magari verrà riconosciuta nella sua pertinenza da epoche successive). Su questo secondo versante si gioca buona parte della sfida intellettuale che si è imposta a coloro che, generazione dopo generazione, hanno tentato di rendere comprensibile la politica del proprio tempo e quella a venire.

La storia delle dottrine politiche che segue è frutto di una selezione degli elementi analitici (storici, teorici, concettuali) che emergono dallo studio della storia moderna della politica europea. Come tale essa offre una sintesi tra elementi di analisi che non sempre avevano rapporti tra loro: perciò essa compie forzature narrative non sempre aderenti all’oggetto studiato.

La principale di queste forzature è quella di ricondurre la storia delle forme di selezione dei contenuti di senso relativi alla politica ai suoi interpreti umani. Secondo un modello ampiamente in uso nella comunicazione didattica della disciplina, questa storia si presenta anche (ma non solo) come una galleria di ritratti intellettuali, in cui gli autori (secondo una concezione che è solo della cultura europea moderna) giocano un ruolo di primissimo piano. […]

La seconda significativa semplificazione ha a che fare con l’organizzazione della sequenza di autori: essa viene esposta secondo un ordine diacronico (benché non stretta mente cronologico) che non può sempre tenere conto dell’ordine di importanza dei contributi offerti dagli autori, ma li struttura semplicemente secondo una linea del prima e del dopo.»

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