“Storia della letteratura della Magna Grecia” di Romualdo Marandino

Storia della letteratura della Magna Grecia, Romualdo MarandinoStoria della letteratura della Magna Grecia
di Romualdo Marandino
LAS – Libreria Ateneo Salesiano

«Il libro di Romualdo Marandino, filologo classico e autore di una serie consistente di saggi e articoli riguardanti la letteratura latina e greca, colma una lacuna rimasta sorprendentemente aperta: un manuale di letteratura magno-greca. Mentre, infatti, sono molto numerosi i volumi di storia della letteratura latina e greca disponibili a studenti e studiosi, mancava un robusto e documentato compendio della civiltà letteraria fiorita nei territori della Magna Grecia. Eppure, come ricorda l’autore nell’esergo del volume, citando Arturo Fratta, proprio dalla Magna Grecia, “si irradiarono in tutto il mondo conosciuto conquiste che oggi sono patrimonio dell’umanità”: la consapevolezza dell’umile forza della ragione, il senso dell’autodeterminazione e della responsabilità morale e politica, la composizione, talvolta sofferta, ma sempre spiritualmente entusiasmante, tra unità e pluralità delle forme del pensiero e dell’arte.

Certamente, gli storici della letteratura greca hanno rinunciato ad una storia specifica della Magna Grecia, in quanto scoraggiati dalle scarsissime testimonianze giunte fino a noi: conosciamo nomi di autori, non ci sono ignoti i titoli di molte opere, ma, concretamente, la produzione letteraria magno-greca si riduce a lacerti e frammenti che, mentre lasciano intravedere l’esistenza di un patrimonio culturale di straordinario valore, suscitano il rimpianto per la sua pressoché totale scomparsa. E sta qui il primo merito di questo libro: la documentazione disponibile per ogni autore magno-greco viene raccolta organicamente ed essenzialmente, integrata dalle opinioni più autorevoli degli studiosi contemporanei, fino a disegnare un profilo sicuro, almeno nei suoi lineamenti essenziali, di quegli antichi scrittori, riservando una particolare attenzione ai generi letterari da essi coltivati, spesso con geniale originalità. Segnalo, a tal proposito, un paragrafo che mostra esemplarmente il metodo assunto dal Marandino per la stesura del libro: “Ippi di Reggio: alle origini della storiografia occidentale”. Nelle note a piè di pagina, oltre alla collezione dei frammenti degli storici greci, opera curata dal Jacoby nel secolo scorso, con l’acribia inconfondibile dei filologi tedeschi, scorrono i nomi di studiosi della letteratura greca del calibro di Gigante, Momigliano, Lesky, accompagnati da quelli di storici della Magna Grecia, come Ciaceri e Musti, le cui opinioni sono rigorosamente valutate per stabilire con precisione lo status quaestionis su Ippi e così giungere a conclusioni equilibrate e argomentate, sempre finalizzate a cogliere l’importanza della produzione letteraria magno-greca. Il paragrafo qui menzionato finisce, infatti, con la seguente affermazione: “Una grande, potentissima e ricchissima civiltà come quella della Magna Grecia non avrebbe potuto assolutamente fare a meno di uno strumento fondamentale come quello della comunicazione storiografica”. Inoltre, grazie a questo metodo di lavoro, figure del tutto trascurate dalla maggior parte degli studiosi della letteratura greca classica, riemergono in modo possente. Mi piace qui riportare un passaggio relativo al poeta ellenistico Leonida di Taranto: “Gennaro Perrotta, illustre grecista di scuola crociana, dedica nella sua Letteratura greca, pochissime note a Leonida. […] Leonida si fa annunciatore di angosciose problematiche esistenziali, che saranno, dopo di lui, al centro di molti movimenti letterari e filosofici soprattutto del ’900. Egli è innanzitutto il poeta dell’esilio interiore oltre che di quello oggettivo, in balia delle spietate leggi della natura e della storia, e tuttavia esalta la libertà di seguire la vita nel suo percorso casuale”.

Quest’opera di ricostruzione viene svolta con un senso di simpatia e di apprezzamento per quell’antica civiltà […]. L’eredità della Magna Grecia, infatti, è stata raccolta e custodita, pur nelle metamorfosi culturali millenarie, in quella porzione dell’Italia meridionale ove essa fiorì […]. Serietà del lavoro scientifico e amore intellettuale si coniugano, dunque, nella stesura di tutte le pagine di questo manuale e spiccano in alcuni capitoletti che lo compongono. Segnalo, solo a titolo esemplificativo, il paragrafo dedicato a Teagene di Reggio di cui comprendiamo l’importanza apprendendo che egli anticipa addirittura la scuola filologico-esegetica alessandrina. È questo già sufficiente per capire quanto sia stata rilevante la cultura letteraria della Magna Grecia. Ancora, scorrendo le pagine che sono dedicate a Senofane, un intellettuale anticonformista, intuiamo la modernità della letteratura magno-greca: con questo autore, infatti, si opera una decisiva “laicizzazione” della religione tradizionale e sembra annunciarsi, proprio nelle terre dell’Italia meridionale ove fiorì la civiltà greca, un orientamento religioso monoteista. E anche se lo storico della filosofia greca Giovanni Reale ha rifiutato questa ipotesi, il nostro Marandino osserva acutamente: “Nella ricerca teologica arcaica, però, è difficile stabilire puntualmente cosa intendere per monoteismo. Senofane ha intuito un problema metafisico e ha cercato di risolverlo come poteva fondandosi sulle risorse teoriche di quel tempo, pertanto l’opinione del Reale non è affatto condivisibile in quanto dettata da una concezione molto più tarda del monoteismo”. Affascinante, direi, la presentazione di Archita di Taranto, il filosofo platonico, per ben sette volte illuminato strategós della sua città, ammirato da Cicerone. In lui sorprende – afferma Romualdo Marandino – “una concezione umanistica della matematica, concezione che costituisce un’assoluta novità in tutto il pensiero antico e anticipa di millenni quello moderno”.

Sono degni di molta attenzione i capitoli iniziale e finale ove l’autore ci offre, rispettivamente, una definizione di “Magna Grecia”, delineandone le coordinate geografiche, storiche e culturali, e segnala che la letteratura in essa fiorita abbia contribuito in modo determinante alla nascita della letteratura latina, attribuendo, non senza fondate ragioni, un ruolo speciale all’insegnamento pitagorico. In tal modo, si inserisce autorevolmente nell’appassionante dibattito, mai definitivamente concluso, sull’originalità della letteratura latina arcaica, sulla sua matrice italica e sulla sua dipendenza dalla letteratura greca.

Questo libro, dunque, mettendo in luce la ricchezza di pensiero e di arte che la civiltà magno-greca seppe copiosamente produrre in Italia meridionale, conferma la necessità da più voci ripetute in questi tempi: quella di custodire fedelmente e promuovere con intelligenza gli Studia Humanitatis per compensare ed integrare il rapidissimo sviluppo tecnologico con un indispensabile e costante richiamo alle radici umanistico-cristiane della nostra civiltà europea.»

Roberto Spataro

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