
Come nacque e si sviluppò la filologia nella Grecia pre-ellenistica?
Fu nell’ambito della scuola di Aristotele, il Peripato, che si svilupparono gli interessi per le personalità degli autori, le loro biografie e le loro opere: un interesse che era quello per la paideia ereditata dai secoli precedenti e che costituiva il patrimonio culturale della Grecia. Subito dopo venne il testo poetico-letterario in quanto tale. Di questo patrimonio i grandi testi letterari erano i portatori. Fra Aristotele e l’inizio dell’età ellenistica, probabilmente anche grazie alla grande quantità di volumi raccolti nella biblioteca di Alessandria e facilmente disponibili ai dotti, ci si accorse che un testo antico, tramandato per secoli, aveva subito dei guasti. La cosa risultava chiaramente dal fatto che c’erano a disposizione diverse copie, che però avevano delle differenze fra di loro: ecco dunque l’esigenza di affrontare il problema di ricostituire il testo corretto e di dotarsi degli strumenti per questo compito.
Quale importanza riveste la filologia ellenistica?
Malgrado il fatto che qualcuno tenti di sminuirne il peso e il valore, è una realtà incontrovertibile che la filologia ellenistica fu il momento storico nel quale nacque il fenomeno che oggi chiamiamo “filologia”. In primo luogo dietro l’impulso di Aristotele e del Peripato, ci si pose il problema dei testi fondamentali della propria eredità culturale e che questi testi andavano salvaguardati e interpretati con gli strumenti necessari. Ne nacque una quantità enorme di lavoro variamente erudito, che va dallo studio (prima piuttosto sporadico, poi via via più sistematico) della lingua in tutti i suoi aspetti alle raccolte di materiali eruditi in repertori sempre più complessi e ampi, materiali non solo linguistici ma anche antiquari.
Quale evoluzione ha caratterizzato la filologia greca in età imperiale e tardoantica? Quali caratteri assunse la filologia durante l’Impero Bizantino?
Ho raggruppato queste due domande perché insieme identificano un problema gigantesco, che è meglio trattare unitariamente. Il libro epocale di Rudolf Pfeiffer, uscito nel 1968, è stato il turning point storico negli studi su questo tema. Da allora la filologia è diventata uno degli aspetti essenziali della cultura antica e gli studiosi non hanno più potuto né voluto trascurare questo aspetto: la filologia è diventata un elemento imprescindibile degli studi sul mondo antico. Solo che purtroppo il volume di Pfeiffer arrivava solo fino alla fine dell’età ellenistica, cioè all’età augustea, sostanzialmente a Didimo. Da allora gli studiosi hanno sentito la mancanza di una trattazione aggiornata delle epoche successive: in un primo tempo si pensava e sperava che Pfeiffer stesso proseguisse la sua trattazione almeno per l’età imperiale romana, ma poi magari anche di quella bizantina fino alla caduta di Costantinopoli nel 1453. Come ho anticipato, questo volume copre unitariamente tutto il periodo dalle origini fino alla fine dell’età bizantina: colma dunque quella mancanza lamentata a lungo. Un problema discusso è se i secoli del periodo dopo Costantino siano da considerare come la fine dell’età classica oppure come l’inizio dell’età bizantina: è un problema aperto e oggetto di divergenze.
Detto questo, ho parlato di un problema gigantesco perché è praticamente impossibile descrivere tutti gli enormi sviluppi dell’attività che abbiamo identificato come “filologia”, una volta che abbiamo detto che essa comprende l’interpretazione dei testi e tutti gli strumenti che in vari modi servono a questo scopo, cioè a uno scopo esegetico. Cerchiamo di enucleare alcune linee generali. La prima è lo studio della lingua e della grammatica, che si ramifica in una grande varietà di rivoli di ogni genere. Collegato a questo è la predominanza della retorica, che informa di sé tutta l’attività letteraria e la condiziona. La seconda è la raccolta ordinata di dati di varia erudizione, un arcipelago che va dalla lessicografia dei lessici specialistici (per esempio i lessici atticisti, legati al movimento culturale-retorico dell’Atticismo) e dei lessici sinonimici fino ai grandi Etymologica (tipici dell’età bizantina) che sono una sorta di vocabolari enciclopedici di grandi dimensioni, che mettono a frutto tutta una tradizione lessicografica che va da Aristofane di Bisanzio fino a Esichio e a Suida, per lasciare poi il posto alla grandiosa stagione appunto degli Etymologica. Un capitolo importante è anche quello degli studi di metrica, che conobbero uno sviluppo straordinario.
Rimangono poi due problematiche particolarmente “pesanti” per il periodo imperiale-tardoantico e bizantino: uno è il rapporto che si instaura fra la cultura greca e quella romana, che assorbe anche in questo campo il prodotto del mondo greco e lo adatta alle proprie esigenze; l’altro è l’emergere del Cristianesimo e della cultura cristiana, che anche nel campo della filologia registra conseguenze importanti. Tutti questi aspetti, sui quali non mi posso ulteriormente diffondere qui, sono adeguatamente trattati nelle ultime due parti del volume.