
Certamente, anche se sarebbe più corretto parlare di cultura delle destre perché non esiste una singola destra ma tante destre. In ogni caso il contributo che il mondo culturale delle destre ha dato all’Italia è enorme. Cito solo tre esempi: un autore come Giovannino Guareschi, noto per Don Camillo e Peppone, che è l’autore italiano più venduto al mondo; il romanzo di stampo conservatore “Il Gattopardo” di Tomasi di Lampedusa e “Il Signore degli anelli” di Tolkien pubblicato in Italia per la prima volta negli anni Settanta dalla casa editrice conservatrice Rusconi sotto la direzione di Alfredo Cattabiani.
Quali sono i riferimenti più alti della cultura di destra italiana?
Oltre agli autori già citati, alcuni dei più importanti intellettuali, giornalisti, scrittori del Novecento italiano appartengono alla storia della cultura di destra. Da Indro Montanelli nel giornalismo a Leo Longanesi nell’editoria, da Ennio Flaiano a Augusto Del Noce, da Giuseppe Prezzolini a Giovanni Volpe, da Giovanni Ansaldo a Giovanni Papini, da artisti geniali come Sigfrido Bartolini ad Ardengo Soffici ma l’elenco sarebbe ancora lungo, quasi sterminato.
Pur con le rispettive differenze, la destra ha raccolto alcune delle voci più autorevoli della cultura italiana: da Leo Longanesi a Giuseppe Prezzolini, da Indro Montanelli a Giovanni Volpe. Qual è stato il loro contributo alla cultura nazionale?
Un contributo di primo piano in vari ambiti, dalla letteratura al giornalismo, dall’arte all’editoria, il solo Longanesi meriterebbe un discorso a parte, qualche anno fa ho scritto una biografia dedicata alla sua figura intitolata Leo Longanesi. Il Borghese conservatore. Indro Montanelli è riconosciuto come il più grande giornalista italiano mentre un editore illuminato come Giovanni Volpe, figlio dello storico Gioacchino, non viene sufficientemente ricordato, eppure si deve a lui la pubblicazione per la prima volta in Italia dei più importanti scrittori conservatori del Novecento. Stesso destino per Giuseppe Prezzolini di cui consiglio la lettura delle biografie scritte da Gennaro Sangiuliano, oggi direttore del Tg2, e Luigi Iannone.
Il Suo saggio colma una lacuna editoriale: ad oggi non esisteva infatti uno studio divulgativo che organicizzasse pensatori, scrittori, giornalisti e intellettuali italiani dal dopoguerra ai nostri giorni ascrivibili a quest’area di pensiero. Quali a Suo avviso le cause?
Le cause sono semplici quanto preoccupanti, purtroppo ancora oggi c’è timore nel mondo della cultura italiana a definirsi di destra, anche chi lo è preferisce non esporsi, rimanere nell’ombra per non subire boicottaggi, ritorsioni o stroncature da parte dell’apparato culturale che è ancora in mano alla sinistra. Ci sono decine di scrittori, editori, addetti ai lavori che in questi anni, conoscendo il mio pensiero, mi hanno confessato di riconoscersi nei valori della destra ma per non incorrere in problemi professionali hanno preferito celare la loro appartenenza politica e culturale. Una sproporzione rispetto all’esito delle elezioni negli ultimi anni, d’altro canto nel segreto dell’urna Dio ti vede, Stalin no.
Per fortuna ci sono autori come Marcello Veneziani, Marcello De Angelis, Gianfranco De Turris, Gennaro Malgieri che in questi anni hanno diffuso con il loro lavoro quest’area di pensiero. Anche nel giornalismo contemporaneo c’è chi quotidianamente dà voce al pensiero di autori non conformi, penso alle pagine culturali de “Il Giornale” curate da due giornalisti di spessore come Alessandro Gnocchi e Luigi Mascheroni. C’è poi il mondo del web con siti come Barbadillo di Michele De Feudis, Destra.it di Marco Valle, le fondazioni tra cui la Fondazione Spirito De Felice e la Fondazione Tatarella e le case editrici come Idrovolante di Daniele Dell’Orco ed Eclettica di Alessandro Amorese.
La destra italiana si caratterizza per l’eterogeneità delle Sue voci, tanto che sarebbe più corretto parlare di “cultura delle destre”: quali ne sono i principali filoni di pensiero?
Non esiste una sola destra ma tante destre talvolta paradossalmente in contraddizione tra loro, specie sui temi economici. C’è una destra conservatrice e una destra sociale, una destra cattolica e una spirituale, una destra liberale e una conservatrice. Ciò che accomuna tutte le destre è la salvaguardia e la difesa dei valori permanenti che non significa rifiuto dell’innovazione ma conservazione della tradizione.
La Sua opera si sofferma anche sulle critiche, i tentativi di boicottaggio e addirittura di negazione di quest’area di pensiero: come si è articolata questa “conventio ad excludendum”?
La destra deve senza dubbio fare autocritica per un’errata gestione del potere quando è stata al governo che ha portato a considerare la cultura come un aspetto secondario e per un ingiustificato complesso di inferiorità verso la sinistra ma se gli autori non conformi e vicini a un pensiero conservatore non hanno potuto avere la stessa visibilità degli scrittori progressisti, è a causa di un “cordone sanitario” che è stato creato verso la cultura di destra. Sintesi perfetta di questa visione è il concetto di egemonia culturale teorizzato da Gramsci nei suoi Diari che si è concretizzato nel corso degli anni in un predominio della sinistra nella cultura, dai giornali alle case editrici, dall’università alle radio. Oggi viviamo una nuova egemonia forse ancor più pericolosa che è quella del politicamente corretto.