“Storia della cartografia in Italia dall’Unità a oggi. Tra scienza, società e progetti di potere” di Edoardo Boria

Prof. Edoardo Boria, Lei è autore del libro Storia della cartografia in Italia dall’Unità a oggi. Tra scienza, società e progetti di potere pubblicato da UTET Università. Quando pensiamo alle carte geografiche, pensiamo a qualcosa di immutabile, inalterabile nel tempo; in realtà non è così.
Storia della cartografia in Italia dall'Unità a oggi. Tra scienza, società e progetti di potere, Edoardo BoriaÈ esattamente il contrario! L’incessante mutazione è una cifra distintiva della cartografia. Ed è una mutazione che non si esaurirà mai a causa di tre processi paralleli. Primo: il miglioramento delle conoscenze sui dati di base. Ci sbagliamo se pensiamo che dopo qualche secolo di esplorazioni geografiche sia ormai già tutto noto. La conoscenza della terra non è terminata con la definitiva misurazione dell’altitudine delle vette più alte (e ricordiamoci che la conquista dell’Everest risale solo al 1953!). Dopo aver scoperto che l’Amazzonia è attraversata dal Rio delle Amazzoni lo si disegna approssimativamente; poi in modo sempre più preciso fino a ritrarre il suo corso ansa per ansa, metro per metro, centimetro per centimetro, millimetro per millimetro. I satelliti che abbiamo oggi sono precisissimi ma domani ne verranno altri ancora più precisi. E la nostra fame di dati non si sazierà mai.

Secondo processo: la diversificazione delle cose da mostrare. Il mondo è un catalogo illimitato di oggetti di cui ogni epoca e ogni società ne ritraggono solo alcuni. Ad esempio, la cartografia rinascimentale si concentrava sui dati naturali al fine di riportare quanto più precisamente le fattezze morfologiche: oltre a mari, monti e fiumi su quelle carte c’era poco altro; le città e le strade erano tra i pochi altri oggetti geografici presenti. Con il tempo queste categorie aumentarono. Si sentì il bisogno di disporre di informazioni sulla distribuzione delle attività dell’uomo: industrie, utilizzo del suolo, addetti per settore, consumi e altro. E poi sui flussi: di merci, di persone, di capitali. La risposta della cartografia fu il tematismo: dalle prime carte settecentesche dedicate esclusivamente a fenomeni naturali (il magnetismo terrestre, i venti, le correnti, le temperature, il tipo di copertura vegetale, la geologia del terreno) lo sguardo si estese alla distribuzione spaziale di fenomeni sociali ed economici (reddito, scolarizzazione, condizioni sanitarie, istruzione, criminalità, ecc.). Temi e oggetti sono evidentemente infiniti, e la cartografia non si stancherà mai di adattare il proprio sguardo alle mutevoli necessità di conoscenza della società. Per fare un esempio che ci è più vicino, prendiamo le strade delle nostre città. Anche sulle piante più dettagliate troviamo solo le carreggiate quando in realtà quello spazio comprende anche molto altro: i marciapiedi, le strisce pedonali e tutta la segnaletica orizzontale, le aiuole, i semafori, le fermate degli autobus, le statue in mezzo alle piazze e tante altre cose. Dell’infinita gamma di oggetti che potrebbero essere rappresentati, la nostra cartografia ne ritrarre un sottoinsieme veramente minimo. Ma ciò che consideriamo rilevante oggi non lo sarà domani e, al contrario, altre necessità subentreranno. Le esigenze della società sono costantemente mutevoli e così dunque anche la sua cartografia.

Infine, il terzo fattore che rende l’impresa cartografica mai ultimata: l’oggetto da ritrarre, cioè il mondo, muta. Non solo per l’incessante opera dell’uomo che ne cambia le sembianze scavando tunnel sotto le montagne, costruendo ponti, estendendo le città. Cambiano anche gli elementi naturali: i ghiacciai si sciolgono, la vegetazione si adatta ai mutamenti climatici, i fiumi deviano i loro corsi a causa di fenomeni naturali (ad esempio una frana) o antropici (una diga).

Questi tre processi ci dicono dunque che la cartografia non avrà mai il suo punto d’arrivo, cioè che nessuna produzione sarà mai l’ultima, quella della completezza assoluta, dell’esaustività totale. E che, dunque, l’avventura della cartografia non avrà mai fine.

Come è cambiata, dall’Unità d’Italia a oggi, la cartografia italiana?
Questo periodo è stato caratterizzato da un’incessante evoluzione, sia nella sua dimensione tecnico-scientifica che in quella socio-culturale. Della prima si possono ricordare, a titolo esemplificativo, le nuove tecniche di rilevamento a distanza, prima da palloni aerostatici, poi dagli aerei e infine da satelliti in orbita a centinaia di kilometri dalla Terra. Della dimensione sociale basti far riferimento all’avvento della società di massa, che ha gradualmente introdotto nelle carte il sentire del grande pubblico e i suoi bisogni.

Tuttavia, questo libro cerca di tenere unite queste due dimensioni perché i loro condizionamenti reciproci sono stati inevitabili e molto forti. Da qui nasce il sottotitolo che tiene assieme la scienza e la società. Ad esempio, le carte delle reti ferroviarie fiorite nella seconda metà dell’Ottocento si devono ovviamente a un’invenzione tecnica, il treno, ma soddisfacendo a una nuova esigenza pubblica possiedono relazioni anche con il generale processo di trasformazione della mobilità collettiva.

In questo secolo e mezzo la cartografia italiana ha attraversato molte fasi, con alti e bassi, punte di eccellenza e cadute in disgrazia. La fase attuale non è felicissima. La produzione pubblica ha perso diffusione e prestigio. Quanto ai grandi stabilimenti privati specializzati in cartografia, già protagonisti del settore e fucine di generazioni di nuove leve che apprendevano il mestiere sul campo, essi sono addirittura spariti dalla scena, assorbiti da grandi gruppi della comunicazione attivi in una miriade di settori. È successo non solo in Italia ma ovunque.

In che modo la politica, in ispecie il fascismo, e le sue proiezioni geografiche hanno influenzato la storia della cartografia italiana?
In molti modi e con intensità diverse da periodo a periodo. Ad esempio, quando negli anni che precedettero la prima guerra mondiale l’Italia visse una fase di vivace contrapposizione politica tra interventisti e neutralisti, la cartografia accompagnò il dibattito pubblico proliferando su giornali e riviste. E anche dopo quella guerra, quando il paese attraversò una fase di instabilità politica e disordine sociale, la cartografia rimase molto presente nella grande comunicazione.

Non deve stupire che tra il clima politico e la cartografia ci sia un nesso. È una conseguenza insita nelle sue stesse funzioni, che non si limitano a funzioni pratiche quali orientarsi, facilitare lo sfruttamento delle risorse del territorio, la sua amministrazione, l’organizzazione dei servizi pubblici e il potenziamento delle infrastrutture, la difesa militare e la preparazione di battaglie, il tracciamento dei confini, la delimitazione delle proprietà (che possiede il non irrilevante merito agli occhi dello Stato di permettere l’ordinata riscossione delle imposte).

Oltre a queste funzioni la cartografia ne svolge anche altre più sfuggenti e innegabilmente politiche che nel corso del libro sono state via via evidenziate: rafforzare l’identità nazionale marcando le divisioni del territorio dello Stato rispetto all’esterno e valorizzandone in questo modo la compattezza interna, celebrare il potere visualizzando nuovi territori conquistati, mobilitare a favore di un progetto espansionistico come nel caso dell’irredentismo, educare all’amore verso la patria inculcando nell’immaginario il suo profilo territoriale, imprimere i segni del potere sancendo nuovi toponimi che lo richiamano. Insomma, funzioni palesemente interne a discorsi di potere. Trattare solo delle prime corrisponde a una visione riduttiva del linguaggio cartografico perché esso non è solo un fatto tecnico.

Dunque, contrariamente alla visione tradizionale che occulta la matrice ideologica della cartografia presentandola come una scienza neutrale e obiettiva, si deve invece convenire che essa risulta intimamente sensibile al clima politico, non solo nel senso che il mondo della cartografia viene influenzato dalla situazione politica ma anche nel senso che esso entra attivamente nella contesa politicizzandosi.

Però non si deve pensare che il rapporto della cartografia con il potere debba essere inevitabilmente di sudditanza. È invece molto più complesso e alcune specifiche vicende descritte nel libro lo dimostrano. Ad esempio quella della rappresentazione dei confini dell’Etiopia prima dell’invasione italiana, che vengono progressivamente eliminati dalle carte geografiche ben prima della conquista italiana e in assenza di specifiche indicazioni governative.

Dunque la cartografia subisce il potere ma lo esercita anche. Il libro mostra infatti empiricamente e in più occasioni la spiccata autonomia del discorso cartografico, e persino l’autoritarismo fascista ha dovuto fare i conti con l’inerzia degli schemi mentali radicati presso la popolazione. Questa osservazione non smentisce l’ipotesi di una stretta relazione tra cartografia e potere politico. Piuttosto, invita a guardare a quel rapporto in tutta la sua complessità, con le tecniche di governo che si impongono ma allo stesso tempo si adattano alle tecniche di comunicazione del territorio.

In un mondo sempre più digitale, quale futuro per la cartografia?
Cominciamo con il dire che il mondo della comunicazione è diventato più intensamente visuale. In altre parole, la nostra epoca ha dato vita a un ambiente mediatico in cui prevalgono le forme comunicative di tipo iconografico e visivo. Di questo fenomeno ha beneficiato anche la carta geografica in quanto mezzo visivo che ha così potuto sperimentare una benefica convergenza con altri linguaggi. Oggi l’audio e l’animazione applicati alle carte danno vita a prodotti mediatici non solo più informativi ma anche più attraenti.

La discordanza tra la natura eternamente mutevole della realtà e il carattere statico della carta ha finora sempre condizionato il suo impiego. Infatti, a causa di questo limite – forse il principale – nel riprodurre l’evoluzione delle situazioni nel corso del tempo, la carta ha sempre privilegiato oggetti e fenomeni tendenzialmente stabili. Ma oggi le innovazioni dell’informatica prospettano carte dove l’animazione è sempre più facile da riprodurre.

Inoltre, la rivoluzione digitale e internet hanno accelerato i tempi della produzione e della diffusione delle carte rendendo meno frustrante il problema della loro obsolescenza. Quindi ci si può dedicare più serenamente anche a fenomeni volatili, e la diffusione di carte del traffico o del meteo ne sono la prova.

Tutti questi processi stanno stravolgendo la cartografia, e persino il vocabolario di base ne è stato sconvolto perché la “carta geografica” è sempre meno di carta e sempre più digitale. Su un personal computer, un tablet o uno smartphone, per documentarsi sulla strada da prendere o sul meteo di domani, il formato più comune della cartografia dei nostri tempi è quello digitale. La carta geografica, nonostante il nome, non è più solo di carta.

Ne è derivata una continua richiesta di ritrarre nuovi oggetti geografici che ha spinto verso la diversificazione dei prodotti cartografici, con una crescente pubblicazione di carte e atlanti in forme inedite che a loro volta alimenta nuovi interessi nel pubblico. Oltre ad ampliarsi la gamma dei bisogni soddisfatti ricorrendo alla cartografia (si pensi alle mappe di comunità, alle carte dei rischi naturali, alla cartografia partecipativa) anche quelli tradizionali hanno dato vita a pratiche nuove. I gesti cartografici previsti nel trovare una strada o lanciare un missile non sono più quelli d’un tempo perché viaggiatori e militari, che pure ricorrevano alla cartografia anche in passato, oggi li eseguono con maggiore facilità e dimestichezza. Il nuovo contesto della comunicazione, moltiplicando le occasioni di incontro tra la cartografia e gli altri mezzi, favorisce dunque una cultura della rappresentazione spaziale e i processi di familiarizzazione con essa.

In conseguenza della diffusione di cartografia digitale di facile e rapido utilizzo, gli individui interagiscono con le carte più di prima: un bambino che nell’abitacolo dell’automobile dei genitori convive con lo schermo di un navigatore satellitare acquisisce automaticamente familiarità con quel linguaggio; la facilità con cui possiamo oggi individuare un indirizzo e raggiungerlo dal nostro smartphone costituisce un altro allenamento cartografico che molti di noi praticano quotidianamente; la preparazione di cartogrammi su un computer non costituisce più un ostacolo per moltissimi studenti impegnati in una ricerca, anche giovanissimi.

Non è solo una questione di aumento dei temi da cartografare. Vengono coinvolte anche le forme estetiche delle carte. Ecco perché si sta ampliando il ventaglio delle figure professionali coinvolte nel settore. Ad esempio, molte delle carte in uso nel mondo della comunicazione – tanto nei vecchi quanto nei nuovi media – non sono opera di cartografi professionisti quanto di illustratori con formazione artistica. Lo stesso nel settore del turismo e delle attività ricreative all’aperto che si rivolge a cicloamatori, escursionisti, sciatori, podisti, campeggiatori e tante altre categorie di praticanti. Anche qui la produzione di carte, solitarie o inserite in pubblicazioni di varia natura, solitamente a basso costo o addirittura gratuita per fini promozionali, si è sbizzarrita.

La cartografia sta vivendo un momento di enorme trasformazione. Come sempre, queste fasi comportano effetti contraddittori, e gli storici operatori del settore tendono a non viverle bene. Ma dal punto di vista dello studioso siamo di fronte a un panorama di grande fascinazione intellettuale, con tutti i presupposti perché la popolarizzazione della cartografia possa costituire un autentico processo di ‘democratizzazione della conoscenza’.

Edoardo Boria insegna materie geografiche presso il Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università di Roma “La Sapienza”. Il suo principale interesse di ricerca riguarda la storia del pensiero geografico, sia nei suoi aspetti rappresentativi della cartografia che in quelli applicativi della geopolitica. Per il primo ambito è curatore da molti anni di rubriche a tema cartografico sulle riviste Limes e J-Reading. Per il secondo ha ideato e realizzato il documentario Cos’è Geopolitica (https://www.youtube.com/playlist?list=PLky0cf08j8OMXiwFfrg5B8GuuLOkehgph )

ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER
Non perderti le novità!
Mi iscrivo
Niente spam, promesso! Potrai comunque cancellarti in qualsiasi momento.
close-link