
di Paolo Colombo
Laterza
«Non è possibile guardare alla storia italiana che segue il 1848 (quella che in maniera schematica e non indenne da certi richiami retorici si è spesso chiamata storia risorgimentale) senza collocarsi dal punto di vista della storia costituzionale. La concessione dello Statuto da parte di Carlo Alberto nel marzo 1848 è infatti, comunque la si voglia intendere, decisiva.
I Savoia sono l’unica casa regnante in Italia a non revocare la Carta costituzionale ‘conquistata’ dai moti insurrezionali di quell’anno. Sono gli unici a non precipitarsi sulla comoda strada della Restaurazione. Il ‘re magnanimo’ sceglie cioè di non approfittare della forza repressiva della Santa Alleanza messagli a disposizione dall’accordo tra le grandi potenze europee alla definitiva caduta di Napoleone. Anzi. Quando tutti gli altri Stati della penisola hanno fatto frettolosamente marcia indietro dal fronte bellico, si impegna solitario in una guerra senza successo contro l’Austria, massima esponente proprio tra quelle potenze conservatrici. Questi due fatti — la concessione della costituzione e lo sforzo della prima guerra d’indipendenza — trasformano radicalmente il Piemonte sabaudo e la storia italiana, al di là di quanto riuscirà a raccontare l’agiografia risorgimentale. Il regno di Sardegna si trova di colpo rivestito di un ruolo simbolico che lo proietta ben oltre la sua condizione di piccolo Stato regionale e viene a disporre di risorse ideologiche fino a quel momento insospettabili. La storia della penisola si indirizza su una via del tutto originale verso l’unificazione e l’instaurazione di un nuovo regime.
Ma non è solo l’immagine esteriore del Piemonte a trasformarsi. Il suo stesso apparato istituzionale interno, dopo il 4 marzo 1848, non potrà mai più essere quello di prima. Lo Statuto è destinato a restare in vigore per quasi un secolo e a marcare nel bene e nel male l’evoluzione del nostro sistema. La novità più eclatante risiede nel fatto che quella dei Savoia è ormai diventata una monarchia appunto costituzionale, con una evidente anima rappresentativa. Vale a dire che prendono a funzionare due camere legislative: un Senato, i cui membri sono di nomina regia, e una Camera dei deputati, formata da rappresentanti scelti da un corpo elettorale inizialmente molto ristretto ma pian piano allargatosi, fino all’adozione del suffragio universale maschile nel 1913 e alla sua prima applicazione nel 1919.
Il passaggio attraverso la monarchia costituzionale rappresenta una tappa pressoché obbligata all’interno della storia costituzionale europea verso l’affermarsi della forma di governo parlamentare: quella, per intendersi, che, nelle sue molteplici e assai evolute varianti, si presume venga applicata ancor oggi dalle democrazie contemporanee. Molto spesso ci si dimentica che, per arrivare a regimi costituzionali come quelli odierni, si transita (e vi si resta per lungo tempo, almeno per tutto l’Ottocento) in una fase in cui il monarca occupa e svolge un importante ruolo costituzionale. Si finisce così per non comprendere appieno alcuni meccanismi istituzionali che pure si hanno ancora quasi quotidianamente sotto gli occhi, soprattutto per quanto concerne il capo dello Stato.»