
Che rilevanza assume la religione nelle Costituzioni irlandesi?
Nella Costituzione del 1922 l’art. 8 era dedicato alla libertà di coscienza e alla libera professione e pratica della religione. In esso si stabiliva di non finanziare alcun culto e di non fare discriminazioni basate sulle convinzioni religiose. Questo includeva anche il diritto degli alunni di non seguire l’insegnamento della religione nelle scuole finanziate dallo Stato, che erano nella quasi totalità scuole confessionali, cattoliche e protestanti. Nella Costituzione del 1937 vi erano molti più riferimenti diretti e indiretti alla religione. Venne ampliato il preambolo, che iniziava “Nel nome della SS. Trinità” e ringrazia il “Divino Signore, Gesù Cristo” per il sostegno dato ai padri durante i secoli di prova. La pubblicazione di opere o l’espressione o parole blasfeme costituiva un reato. L’art. 44 riprendeva il tema della libertà di coscienza e religione dell’art. 8 del 1922, ma con l’aggiunta significativa di una prima sezione in cui lo Stato riconosceva “che a Dio Onnipotente è dovuto l’omaggio del pubblico culto. Sarà riverito il suo nome e rispettata ed onorato la religione”. Si riconosceva la “posizione speciale” della Chiesa cattolica come “custode della Fede professata dalla grande maggioranza dei cittadini”. Peraltro, venivano riconosciute anche le principali Chiese protestanti, le comunità israelitiche e le altre confessioni religiose presenti in Irlanda. Altri articoli erano fortemente influenzati dalla dottrina sociale della Chiesa cattolica. Così, ad esempio, l’art. 41 sulla famiglia, descritta come una comunità naturale anteriore a ogni legge positiva, riservava una particolare attenzione a che “le necessità economiche non costringano le madri di famiglia a lavori che possano far trascurare loro i doveri domestici”, e vietava il divorzio. Anche l’art. 42 sull’educazione e l’art. 43 sulla proprietà privata avevano un wording in cui si scorgevano chiari riferimenti al diritto naturale e ad una società giusta come compresi in particolare nelle encicliche di Leone XIII e Pio XI.
Quali sono stati i principali snodi politici e giuridici nei rapporti tra Stato e Chiesa in Irlanda?
Il governo pro-Trattato di Cosgrave (1922-1932) operò per tradurre nella legislazione ordinaria il codice morale cattolico (censura della letteratura e dei film, divieto all’introduzione del divorzio, allontanamento delle donne dal mondo del lavoro), pur all’interno di una Costituzione, come quella del 1922, non caratterizzata da una esplicita adesione alla dottrina sociale cattolica. In effetti, anche se molti di questi provvedimenti possono essere riscontrati anche in altri paesi europei nel medesimo periodo, per l’Irlanda essi sono stati fortemente influenzati dalla dottrina sociale cattolica. Questa influenza divenne più evidente nella Costituzione del 1937. A partire degli anni ’80 del XX secolo, lo strumento referendario fu utilizzato, con alterne vicende, da coalizioni politiche e movimenti sociali spesso contrapposti che si proponevano di introdurre novità in materie che avevano una spiccata rilevanza etica e su cui la Chiesa cattolica rivendicava un ruolo di custode. Gli uni volevano aprire al divorzio, all’aborto, alla depenalizzazione dell’omosessualità e ai matrimoni tra persone dello stesso sesso, gli altri invece volevano intervenire in maniera preventiva, “blindando” la legislazione esistente per paura di quello che la giurisprudenza interna o della Corte europea dei diritti dell’uomo avrebbe potuto stabilire in quelle materie. A partire dagli anni 2000 una serie di commissioni d’inchiesta hanno svelato una storia di abusi da parte del clero e delle congregazioni religiose, particolarmente grave per l’Irlanda, dove interi settori del welfare erano gestiti da istituzioni ecclesiastiche, sottoposte alla supervisione dello Stato. Questo periodo è stato caratterizzato anche da rapporti tesi tra il governo irlandese e il Vaticano, culminati nella chiusura degli uffici dell’ambasciata irlandese presso la Santa Sede alla fine del 2011.
Come si sono sviluppati i rapporti tra Chiesa e Stato in Irlanda a partire dalla Home Rule del 1914 fino alle soglie del nuovo millennio?
Il periodo di maggior consonanza tra Stato e Chiesa in Irlanda va dal primo governo dell’Irish Free State (1922) sino agli inizi degli anni ’60. In quegli anni, la classe dirigente irlandese e i principali partiti politici ritennero, sia per convinzione personale dei loro leader che per realismo politico, che non fosse opportuno discostarsi dai desiderata della gerarchia, particolarmente in materie su cui il magistero si era espresso chiaramente. L’insularità del paese, l’arretratezza dell’economia e del sistema educativo, fecero sì che l’Irlanda rimanesse al di fuori di un più generale movimento europeo che aveva tra le sue componenti quella della secolarizzazione della società e delle istituzioni. Quando Giovanni Paolo II visitò l’Irlanda nel 1979 il paese poteva ancora vantare numeri riguardanti la pratica religiosa e le vocazioni ineguagliati in Occidente. Altre forze però iniziarono ad operare, tra cui l’ingresso nel processo comunitario europeo e l’influenza dei mezzi di comunicazione di massa, che mostrarono agli irlandesi che altri stili di vita erano possibili. Furono propri i mass media che a partire dagli anni ’80 portarono alla ribalta situazioni diffuse di abusi nelle istituzioni ecclesiastiche a cui lo Stato aveva affidato settori importanti dei servizi sociali. Questo ha indebolito molto l’autorità della gerarchia ecclesiastica irlandese, che non ha potuto opporsi ai cambiamenti sociali e legislativi che hanno caratterizzato gli ultimi decenni della storia irlandese con la stessa forza e credibilità del passato.
Qual è lo stato attuale delle relazioni tra Stato e Chiesa in Irlanda?
Nell’incontro tra papa Francesco e il premier Varadkar del 2018 a Dublino quest’ultimo ha spiegato il suo punto di vista sul futuro di queste relazioni. La Chiesa ha una storia di impegno a favore dell’Irlanda che non può essere cancellato, anche se questo non la esime dal rendere conto dei casi di abusi che sono stati portati alla luce negli ultimi decenni e che coinvolgono tutta la società irlandese. Essendo il volto dell’Irlanda cambiato, sia per una maggiore consapevolezza della sua storia, sia per effetto di fenomeni come secolarizzazione, globalizzazione e immigrazione, si può pensare ad un futuro nel quale “la religione non è più al centro della nostra società, ma in cui ha ancora un posto importante”.
Quali sono le sfide del futuro delle relazioni tra Stato e Chiesa in Irlanda?
La ridefinizione del ruolo della Chiesa cattolica in Irlanda ha due ambiti particolarmente sensibili nella scuola e nella sanità. Infatti, il clero e le congregazioni religiose hanno svolto un ruolo fondamentale sin dalla creazione dell’Irish Free State nel 1922, quando il sistema scolastico e del welfare era ancora tutto da costruire. Questo ha determinato, in controtendenza a molti paesi europei, che la Chiesa ha ancora nelle mani la quasi totalità della gestione delle scuole elementari e circa il 50% delle scuole superiori, nonché una quota ancora considerevole delle strutture sanitarie, in entrambi i casi finanziate con fondi pubblici, che quindi dovrebbero rendere un servizio a tutti i cittadini in maniera rispettosa dei loro orientamenti religiosi ed etici. L’aumentata richiesta da parte dei cittadini di avere istituzioni più laiche, non caratterizzate religiosamente, mette in crisi questo assetto e non è facile capire come e in che misura lo Stato e la Chiesa potranno e vorranno assecondare queste istanze.
Tiziano Rimoldi, PhD, è professore ordinario di Diritto ecclesiastico e Diritto comparato delle religioni nella Facoltà avventista di teologia, Firenze, e professore a contratto di Diritto e religioni presso l’Università degli Studi di Firenze. È autore di lavori scientifici, tra cui, tra i più recenti: «Italian Seventh-day Adventists, Military Service and Conscientious Objection (1946-1986)», in Contours of European Adventism (2020); «Globalizzazione, protestantesimo storico e movimento ecumenico», in Quaderni di diritto e politica ecclesiastica, 1/2021.